La Catalogna sciopera, guerriglia a Barcellona

E'contri, arresti, barricate, lanci di oggetti e mezzo milione di manifestanti in strada: è stata una notte difficile quella vissuta a Barcellona, dove lo sciopero generale indetto come protesta contro le condanne inflitte dal tribunale di Madird a Oriol Junqueras e agli altri leader separatisti è via via sfociata in guerriglia urbana. La situazione è esplosa nei pressi del locale comando della Polizia nazionale, i cui dintorni sono stati presi d'assalto da dimostranti incappucciati che hanno lanciato oggetti di ogni tipo contro gli agenti, i quali hanno replicato con fumogeni e lacrimogeni. Il tutto mentre, seppur ancora paralizzata, la manifestazione principale si stava svolgendo pacificamente nel centro di Barcellona, invasa dai cortei degli indipendentisti catalani in protesta. Uno sciopero imponente, il secondo di questa portata ma il quinto come dimostrazione di massa: dalla Sagrada Familia (chiusa) all'aeroporto, il capoluogo catalano è stato letteralmente invaso dai manifestanti alcuni dei quali, nella notte, si sono resi protagonisti di alcuni scontri con le Forze dell'ordine, lanciando oggetti contro i poliziotti e dando fuoco ai cassonetti, disposti a mò di barricata. Come riferito da El Pais, almeno 19 persone sono state arrestate, mentre 18 avrebbero riportato delle ferite. Un clima di tensione tangibile tanto che, per evitare problemi, la Federcalcio spagnola ha deciso di rinviare addirittura El Clasico fra Barça e Real Madrid, previsto il prossimo 26 ottobre, vista anche la ferma opposizione dei blaugrana sull'inversione di campo.

La scelta di Puigdemont

Nel frattempo, preso atto delle condanne inflitte ai suoi compagni, l'ex presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont, ha deciso di consegnarsi alle autorità del Belgio, dove si trova già dalle settimane successive all'invalidamento del referendum del 2017. Una decisione che lo stesso Puigdemont ha indicato come volontaria, presa a seguito del nuovo mandato di arresto internazionale emesso contro di lui e in opposizione a qualsiasi ordine di arresto, oltre che di “ogni tentativo” di riportarlo in Spagna (dove scatterebbe automaticamente il fermo per le stesse ragioni che hanno portato alla condanna di Junqueras, Sanchez, Cuixart e gli altri leader indipendentisti. Puigdemont, con l'appoggio del Parlament di cui era presidente, indisse il voto referendario l'1 ottobre 2017, ottenendo quasi un plebiscito di pareri favorevoli ma fermato da Madrid che non aveva approvato la consultazione popolare, dichiarandola successivamente illegale. Il leader di PdeCat aveva quindi riparato in Belgio, mentre il suo vice Junqueras e altri membri di spicco della Generalitat restarono per affrontare la giustizia spagnola.

Torra punta al voto

Nel frattempo, con le vibranti proteste catalane ancora in atto si torna a parlare di una nuova possibile consultazione, con l'attuale presidente, Quim Torra, che ha annunciato l'intenzione di convocare un nuovo voto referendario per regolare l'autodeterminazione della regione e, quindi, centrare l'obiettivo che Puigdemont aveva mancato da un punto di vista legale. Torra si è sbilanciato affermando che, “se tutti i partiti e i gruppi lavorano per renderlo possibile, chiuderemo questa legislatura con l'indipendenza”. Una tacita sfida a Madrid che, per ora, mantiene posizioni di condanna.