I diplomatici espulsi lasciano l'ambasciata russa

I 23 diplomatici russi espulsi dal Regno Unito come ritorsione per il caso Skripal (l'ex spia del Kgb avvelenata in territorio britannico) hanno lasciato l'ambasciata londinese a bordo di tre pulmini grigi con targa diplomatica. Lo staff rimasto ha salutato i partenti, accompagnati dalle loro famiglie e dagli animali domestici. 

L'esperto

Sulla spy story che ha logorato i rapporti fra Russia e Gran Bretagna è intervenuto Leonid Rink, scienziato russo che sostiene di aver lavorato insieme ad altri esperti sul gas nervino Novichok. Tuttavia, ha aggiunto, Mosca non c'entra niente con l'attentato a Skripal. “Sono tutti vivi – ha sottolineato nel corso di un'intervista a Ria Novosti– ciò significa che non si è trattato del sistema Novichok o che è stato mal assemblato e applicato senza cura. Oppure, subito dopo l'uso, i britannici hanno utilizzato un antidoto, e per farlo avrebbero dovuto sapere esattamente che tipo di veleno era”.

“Mosca non c'entra”

Per Rink, “la Russia non aveva nessun motivo” per avvelenare Skripal: primo, l'agente aveva fatto il doppio gioco, dando le informazioni sia alla Gran Bretagna che all'Urss, “non c'era quindi interesse di Mosca. Secondo, il momento per la Russia non era assolutamente redditizio, un paio di giorni prima delle elezioni e in vista dei Mondiali di calcio”, ha sottolineato. “Inoltre, dal momento che sono tutti vivi, è difficile pensare che i russi siano coinvolti”, ha proseguito definendo “ridicola e inaccettabile” questa ipotesi. “E cosa più importante, nessun sabotatore russo analfabeta userebbe una sostanza di origine russa con un nome russo”.
Lo scienziato ha poi avanzato l'ipotesi che i responsabili siano stati “gli stessi britannici” che possono accedere al gas nervino Novichok, “per i professionisti, è pubblico. Per qualunque Paese abbia armi di distruzione di massa, Regno Unito, Usa, Cina e tutti i Paesi sviluppati e un po' di chimica, creare una simile arma non è un problema”.