Reti di prossimità e telemedicina. Intervista al neurochirurgo Trignani

Le nuove frontiere solidali della sanità nella testimonianza a Interris.it del direttore del reparto di neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Ancona

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Immagine generica di Pixabay

La telemedicina nella “Missione salute” del Pnrr. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede la realizzazione delle reti di prossimità, delle strutture e dell’impiego della telemedicina per l’assistenza territoriale. Il professor Roberto Trignani ha effettuato una settantina di interventi in sei anni in modalità awake con il paziente sveglio e impegnato in altre attività. “Una metodica che ci consente di monitorare il paziente, mentre interveniamo sulle funzioni cerebrali. E di calibrare la nostra azione”, spiega a Interris.it. Si tratta di attività svolte dai pazienti e scelte in funzione dell’area del cervello da operare. Ma anche delle abitudini individuali. C’è chi ha suonato la tromba e il violino. O cucinato le olive all’ascolana. Ad Ancona una paziente è stata operata all’area che sovrintende alla vista mentre guardava cartoni animati.  telemedicina

Innovazione

Un bambino di 10 anni all’ospedale Salesi di Ancona sulle note di un pianoforte acustico intonato a 432 hertz, ritenuta una frequenza “naturale”. L’intervento innovativo ha asportato un duplice tumore del midollo spinale. Ad eseguirlo è stato proprio il neurochirurgico Trignani con una equipe multidisciplinare da lui guidata. Il professor Trignani è il responsabile del reparto di Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Ancona. E ha effettuato interventi straordinari in awake surgery di cui si è parlato in tutto il mondo. Il luminare della neurochirurgia propone di rafforzare la telemedicina per evitare il sovraffollamento degli ospedali. A partire dalla sua ricchissima esperienza sul campo. La telemedicina come parte fondamentale della rivoluzione clinica e tecnologica che, sulla spinta della pandemia, consentirà sempre più ai malati cronici di essere seguiti a domicilio. E agli ospedali di dover provvedere al ricovero solo dei pazienti acuti.  telemedicina

La frontiera della telemedicina

La pandemia sta radicalmente mutando il modo di assistere i malati. Per decongestionare gli ospedali, infatti, la tele-medicina prevede che una o due volte a settimana gli infermieri vadano al domicilio dei malati cronici. Che si collegano da casa con i medici ospedalieri per i video-consulti. In questo modo ad essere ricoverati in ospedale sono solo i pazienti acuti e ciò permette di  diminuire il pericolo che i reparti tornino ad affollarsi se arriva una nuova ondata di contagi. “La telemedicina può essere declinata in varie modalità- sottolinea il direttore del reparto di  neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Ancona-. Si tratta di una tipologia di rapporto che prevede una distanza tra il paziente e chi lo cura. E consente, per esempio, di garantire una visita specialistica laddove non sia possibile effettuarla in ambulatorio. Il medico attraverso un supporto audio o video ha disposizione un contenuto di informazioni fornito dal paziente”. Allo stesso modo, aggiunge il professor Trignani, lo specialista ha la possibilità di accedere in remoto al computer del malato e prendere visione delle immagini radiologiche in mano al paziente”. 

Potenziamento

Prosegue il professor Trignani: “I video-consulti o teleconsulenze permettono verificare le condizioni di un malato cronico a domicilio. Per il momento in Italia la legge non consente di prescrivere a distanza le terapie. Sulla spinta della pandemia, è auspicabile un’evoluzione che favorisca un potenziamento dei monitoraggi da remoto delle condizioni di salute. Attraverso una strumentazione fornita a domicilio al paziente. Un cardiologo, per esempio, può così controllare il tracciato di un elettrocardiogramma attraverso strumenti dati in dotazione al paziente e verificati dallo specialista nella propria postazione”. Racconta Trignani: “Faccio molti videoconsulti. E i nostri direttori sanitari sono sensibilizzati ad attrezzarci sempre meglio con tecnologie e software che consentono  la domiciliazione precoce dei pazienti ospedalieri appena siano escluse complicazioni. Sono persone ancora non domiciliabili in condizioni ordinarie. Ma che attraverso la telemedicina possono essere seguite presso la loro abitazione. Nell’evoluzione del loro quadro clinico. Anche con il supporto della medicina di territorio. In questo modo il paziente resta in contatto con il medico ospedaliero e ha un riferimento costante attraverso i videoconsulti”. 

Acceleratore

Poi, puntualizza il professor Trignani, “una o due volte a settimana un infermiere del territorio può essere attivato e recarsi a casa del paziente per assicurarsi delle sue condizioni. E verificare il corretto funzionamento delle apparecchiature della telemedicina che collegano lo specialista con il paziente stesso. Questa è la nuova frontiera. E la pandemia ne è un acceleratore. Ma anche in situazioni normali ciò abbassa il consumo di risorse. E rende l’ospedale una struttura per malati acuti. Decongestionandolo dai pazienti cronici che attraverso la tecnologia possono essere assistiti sempre più a domicilio”. Un’efficiente gestione delle risorse richiede che “i pazienti cronici vengano seguiti attraverso una sinergia di telemedicina e personale sanitario di base”, puntualizza il direttore del reparto di  neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Ancona. La telemedicina, infatti, nasce dall’unione delle nuove tecnologie di comunicazione con le tradizionali modalità di visita medica personale. Configurando così un nuovo servizio che apre innumerevoli opportunità. E benefici per l’individuo e per la società in genere.