Lo Stabile di Catania: il cuore oltre l’ostacolo e un sogno da condividere

Il direttore Laura Sicignano racconta il cartellone del dopo-lockdown: "C'è bisogno di recuperare il rapporto con il territorio"

La forza di una comunità emerge nei momenti peggiori. Questo è sempre stato chiaro ma è altrettanto chiaro che teoria e pratica sono su due livelli ben diversi. E’ stato forse questo l’esame più complesso del periodo di lockdown, nel quale le città italiane hanno fatto quadrato per cercare di esorcizzare la paura della pandemia attraverso il sostegno reciproco. Pur nella distanza. Ecco perché anche la ripartenza deve avvenire attraverso il comune senso di appartenenza, specie se in gioco c’è un patrimonio culturale che fa da calce per un territorio ricco di storia e di voglia di ricominciare. E’ in quest’ottica che, il 16 luglio, il Teatro Stabile di Catania ha affidato le chiavi del cartellone estivo allo spettacolo Lu cori non ‘nvecchia.

Una perla natia, antologia di Nino Martoglio rappresentata dal duo di registi Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che ha segnato il ritorno alle scene in un contesto d’eccezione. Tutto rigoroso, nel rispetto delle norme di sicurezza ma, soprattutto, con l’obiettivo di ripristinare il filo diretto con il proprio pubblico, interrotto dal coronavirus. Il pubblico della propria terra.

“C’è bisogno di recuperare il rapporto con il territorio – ha spiegato a Interris.it Laura Sicignano, direttore dello Stabile e regista di una acclamata rappresentazione dell’Antigone -. Questo sarà il nostro obiettivo”.

Direttore, la stagione del Teatro Stabile è stata interrotta sul più bello dall’emergenza coronavirus. Il 16 luglio, però, si è ripartiti con una vera perla…
“Abbiamo debuttato con uno spettacolo molto coraggioso, con nove attori in scena. Avrebbe dovuto chiudere la stagione 19-20, che non volevo né cancellare né ridimensionare per rispetto verso gli artisti coinvolti e che non avremmo potuto fare l’anno prossimo. Quindi l’abbiamo programmato in questi giorni, all’aperto, in uno spazio bellissimo del Comune di Catania, il Palazzo della Cultura. Un cortile molto grande, che ci consente di ospitare 200 spettatori e un palco molto ampio. Il debutto è stato un trionfo, perché la gente aveva davvero il desiderio di rincontrarsi, di ritrovare lo spettacolo dal vivo. Questo in particolare, molto poetico, è una regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che hanno attinto a questo autore catanese, molto amato a livello locale, che avrà grande attenzione nazionale. Un autore prolifico, interessante, eclettico e che dipinge molto l’identità di questo territorio. Attraverso lo sguardo innovatore e contemporaneo ha davvero assunto una dimensione decisamente universale. Nove attori per uno spettacolo poetico, corale ed emozionante, accolto con commozione”.

Come proseguirà il rush finale della stagione?
“Avevamo poi tre produzioni in estate. Valorizzare i luoghi belli attraverso il teatro è sempre una combinazione vincente. E queste tre rassegne, che non potremo realizzare negli spazi originali, abbiamo deciso di trasferirle in una forma di studio. Abbiamo chiesto agli artisti di lavorare una decina di giorni in uno studio preliminare che avrà poi una restituzione in digitale, propedeutico alla produzione degli spettacoli che slitta alla programmazione 2020-2021. A settembre, poi, sperimenteremo uno spettacolo totalmente pensato per il digitale, con 17 attrici del panorama nazionale fruibile su Zoom. E’ un piccolo esperimento”.

In gioco, una strategia che vede per lo Stabile un filo diretto con la propria terra…
“Un’idea di ripensare la Sicilia con uno sguardo contemporaneo. Non in un’ottica folkloristica, oleografica o da museo delle cere ma moderna. Questo perché abbiamo coinvolto artisti più giovani, innovativi, alcuni alle loro prime regie. Nel mio disegno c’è proprio la valorizzazione della creatività dei talenti siciliani, sia che siano rimasti qui che siano andati via. La Sicilia è una terra fertilissima dal punto di vista creativo e abbiamo pensato di valorizzare questa caratteristica”.

In vista della prossima stagione si cercherà anche di riequilibrare ciò che gli spettatori hanno perso…
“Questa è la prima tappa, che si intitola ‘Il cuore oltre l’ostacolo’. L’obiettivo, Covid permettendo, è rientrare in teatro da ottobre, offrendo al pubblico piccoli spettacoli per non rischiare troppo. Ricordiamo che gli abbonati hanno perso gli spettacoli e devono recuperare tagliandi. La parte ottobre-dicembre è anche mirata a consentir loro di recuperare quanto perso. Immaginiamo che fino alla fine dell’anno il pubblico sarà contingentato, la capienza ridotta e quindi dovremo, giocoforza, fare attività con un numero molto limitato di persone in sala”.

Altri progetti in campo?
“Vorremmo fare anche attività con, per e nelle scuole. Sempre cose piccole, con distanziamento e numero ridotto. Nel frattempo stiamo cercando di ristrutturare la sala, abbiamo vinto un bando regionale. Rinnovando la forma è un segnale forte per dire che stiamo rinnovando anche i contenuti. Ci auguriamo di riuscire a farlo, anche se questo, come il resto, subisce i rallentamenti del Covid e della burocrazia relativa. Siamo fiduciosi che da gennaio le cose possano tornare alla normalità. E la programmazione è ricchissima di iniziative, produzioni e coproduzioni, fra classico e contemporaneo. Forse è un azzardo ma ci auguriamo di riuscire a farcela, anche nella valorizzazione delle compagnie più giovani”.

Il lockdown ha provocato una forte battuta d’arresto. Ma la ripresa con uno spettacolo figlio della vostra terra rappresenta simbolicamente quel desiderio di tornare a fare comunità che ci ha tenuto uniti in questi mesi. In questo senso, teatro e territorio diventano un tutt’uno…
“Non dimentichiamo che questo teatro ha avuto una battuta d’arresto drammatica in precedenza, arrivando sull’orlo del fallimento. Ha perso il rapporto col territorio. Il commissario ha iniziato a mettere a posto le cose, il nuovo Cda ha indicato le macrolinee, a cominciare dalla chiusura della scuola di recitazione, che pesava troppo sul bilancio, e la ristrutturazione del debito, ridotto da 13 a 7 milioni. Li stiamo pagando in 30 anni e questo limita alcune possibilità produttive. Cerchiamo di fare del nostro meglio con la cautela continua di non ricadere nella grave situazione precedente. Dobbiamo recuperare il rapporto di fiducia col suo territorio. Devo dire che la stagione interrotta dal Covid stava andando strepitosamente bene, una quota di abbonati che quasi non riuscivamo a sbigliettare. Una risposta straordinaria di scuole e università, con le quali abbiamo creato una miriade di iniziative”.

Questo a fronte di un 2020 iniziato sulla scia di un lavoro di grande successo…
“Il 2020 si era aperto positivamente, avevamo fatto anche una bella tournée con il mio Antigone. Usciremo da questa battuta d’arresto se non ci saranno altri incidenti di percorso, insistendo proprio su questa relazione col pubblico. Non proponendo prodotti triti o commerciali, ma trovando un terreno comune. Ad esempio, con un teatro di innovazione apprezzato anche dagli spettatori più agées. Noi vogliamo coccolarli perché hanno visto decenni di teatro ma devo dire che apprezzano innovazioni di qualità. Anche perché non possiamo rinunciare a un ricambio generazionale. Ora siamo in questo limbo, e speriamo che con l’anno prossimo si possa riprendere con quegli obiettivi che stavamo raggiungendo”.