Caso Sea Watch, ora lo stallo diventa europeo

Francia, Finlandia, Germania, Lussemburgo e Portogallo: sono i Paesi, in rigoroso ordine alfabetico, che si sono fatti avanti per prendere parte al piano di ripartizione dei 42 migranti imbarcati sulla Sea Watch 3, arrivati a Lampedusa dopo la forzatura del blocco navale operato dal capitano Carola Rackete, che ha deciso di oltrepassare lo sbarramento per porre fine all'attesa (durata 17 giorni) in mare del suo equipaggio e del gruppo di persone salvate nel Sar libico a inizio mese. Ora, però, il rischio è che si crei una nuova situazione di stallo: come previsto a norma di legge, il mancato rispetto dell'alt imposto dalla Guardia di Finanza alla sua imbarcazione è costato l'arresto alla comandante (ora è ai domiciliari, iscritta nel registro degli indagati, tra l'altro, anche per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina) per la quale, ora, si attendono le decisioni dei giudici. La questione però si presenta ben più spinosa e rischia di isolare ulteriormente l'Italia dal momento che, da mezza Europa, piovono gli appelli affinché si riconosca che il comportamento di Rackete è stato finalizzato al salvataggio di vite umane, circostanza che, dicono un po' tutti, non costituisce reato.

Il nodo

Un nodo piuttosto ingarbugliato, perlomeno ragionando tenendo in considerazione tutti gli elementi: la violazione del blocco navale è avvenuta e la stessa Carola Rackete l'ha ammessa in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, affermando di aver commesso un errore ma di non voler “certo colpire la motovedetta della Guardia di Finanza. Non era mia intenzione mettere in pericolo nessuno. Per questo ho già chiesto scusa e lo rifaccio: sono molto addolorata che sia andata in questo modo”. Nel corso della stessa intervista, però, la comandante ha sottolineato come la situazione a bordo fosse esasperata e come alcuni dei migranti avessero iniziato a mostrare tendenze autolesioniste, facendo temere che volessero gettarsi in mare: “Facevamo i turni, anche di notte, per paura che qualcuno si potesse gettare in mare. E per loro, che non sanno nuotare, significa suicidio”. Dalla stessa comandante, inoltre, arriva la conferma di non aver ricevuto ulteriori indicazioni se non quella di riportare i migranti in Libia, soluzione di fatto proibita dalle leggi e, in qualche modo, sostenuta anche dall'Italia, dal momento che il ministro degli Esteri, Moavero Milanesi, aveva definito il Paese nordafricano “un porto non sicuro”.

Parigi

Lo stallo, in sostanza, sembra attestarsi proprio su questi punti: dall'Europa, infatti, arriva una certa solidarietà nei confronti dell'Italia, dicendosi in parte disponibile ad accogliere i migranti della Sea Watch ma, quasi ognuna delle parti in causa (ancora non chiare le posizioni di Portogallo e Finlandia) fa appello affinché Carola Rackete venga rilasciata. Dalla Francia, in particolare, si pongono dei paletti ben precisi sostenendo, con il ministro dell'Interno Christophe Castener a sostenere che il suo Paese è disposto ad accogliere chi in possesso dello status di rifugiato (non lo sono ancora quelli della Sea Watch) ma dichiarando al contempo che è “sbagliato affermare che l’Ue non ha dimostrato solidarietà con l’Italia. E il governo italiano, con la chiusura dei suoi porti in violazione del diritto internazionale del mare, sta assumendo soluzioni non concertate”. Parole che non sono piaciute al ministro dell'Interno Matteo Salvini: “Non prendiamo lezioni dalla Francia. Parigi ha chiuso Schengen, era in prima fila per bombardare la Libia, abbandonava immigrati nei boschi italiani”.

Berlino, Lussemburgo, Vaticano

Eppure, anche da Berlino e Lussemburgo arrivano dichiarazioni dai toni simili: “Salvare le vite umane è un dovere umanitario – ha affermato il ministro dell'Interno tedesco Heiko Mass -. Soccorrere vite umane in mare non può essere criminalizzato. Tocca alla giustizia italiana ora chiarire le accuse”. Il ministro degli esteri lussemburghese, Jean Asselborn, si rivolge invece direttamente al collego Moavero: “Vorrei sollecitare il tuo aiuto perché Carola Rackete, che era in obbligo di far sbarcare 40 migranti a Lampedusa, sia rimessa in libertà… Salvare vite umane è un dovere e non potrà mai essere un delitto o un reato; non salvarle, al contrario, lo è”. Parole che hanno ricevuto comunque una risposta che rimanda all'imparzialità della magistratura: “Nei confronti della Comandante della Sea-Watch 3, Carola Rackete, è stata aperta un’inchiesta e adottate misure da parte della magistratura italiana. In base alla nostra Costituzione, i giudici hanno piena indipendenza dal Governo. Con rispetto e fiducia ne attendiamo, dunque, le decisioni”. Una presa di posizione sul tema è arrivata anche dal Vaticano che, attraverso il segretario di Stato card. Pietro Parolin, ha fatto sapere che “la vita umana va salvata in qualsiasi maniera. Quindi quella deve essere la stella polare che ci guida, poi tutto il resto è secondario”. La sensazione è che il tutto si giocherà su un asse estremamente sottile.