Io, Nonna Natalina, ai giovani dico: proteggeteci! 

I giovani devono apprezzare di più il valore della vita e rispettare le regole di questa emergenza sanitaria.

Sono una signora della veneranda età di 78 anni, diciamo anche quasi 79. Ma questa età, è per così dire, solo anagrafica: “sono piccola ma tutto pepe”, come si dice da noi. Vivo alle porte di Roma, ai Castelli Romani, dove l’aria è buona e questo forse mi conforta nelle ore difficili del Coronavirus. Da quando sono in pensione la mia vita consiste principalmente nella cura dei miei nipoti e della casa, ma ora mi sento le ali tarpate: i miei nipoti sono grandi e l’emergenza sanitaria mi costringe a salutarli ad un metro di distanza, ed è anche difficile uscire per andare a fare la spesa.

Ma devo dire che all’inizio della crisi, non credevo che si arrivasse a questa situazione anzi quasi mi infastidiva tutto quell’allarmismo che come primo effetto ha sortito quello di rinchiudere in casa noi anziani. Ma piano piano, sono riuscita ad informarmi meglio, ho cominciato a leggere i bollettini ufficiali e a seguire le conferenze stampa del Presidente del Consiglio e del Capo della Protezione Civile. Io sono nata durante la Seconda Guerra Mondiale e, forse, per la mia generazione è più facile affidarsi alle indicazioni delle istituzioni. Sappiamo cosa significano: fame, emergenza, solidarietà, coesione nazionale. Comprendiamo a pieno cosa si intende con i termini privazioni e stenti. Quello che oggi mi desta maggior preoccupazione è la tranquillità dei giovani, che escono, si riuniscono, aumentando le possibilità di contagio. Ma i giornali non li leggono? Credono che tutto sia una burla? Manca un po’ di serietà. Noi, anziani, già abbiamo attraversato il lungo arco della vita con le prostrazioni, le difficoltà economiche, la guerra, ma i giovani non sono attaccati alla vita? Non hanno voglia di proteggerla ad ogni costo, questo che veramente è il più grande dono del Signore?

Può darsi che questo Coronavirus ci aiuti a comprendere le cose più essenziali della nostra quotidianità. Io devo ringraziare anche la tecnologia che mi permette, certo sempre con l’ausilio tecnico dei miei nipoti, di tenermi in contatto con le miei amiche. Il Centro Anziani naturalmente è chiuso e sembra proprio di essere agli arresti domiciliari. Quando si è in pensione, l’unica cosa che davvero rimane sono le relazioni sociali. Spesso si esce insieme, si cena insieme e si ride insieme. Anche le Messe per questioni di sicurezza vengono in qualche modo sospese, ma io continuo comunque a pregare anche mentre svolgo le faccende domestiche: ora et labora.