Intesa Stato-Regioni e Lep: i passaggi dell’autonomia differenziata

L'approfondimento sul ddl sull'autonomia differenziata approvato recentemente in Cdm. Interris ha sentito l'economista e professore Gianfranco Viesti

Lo scorso 2 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge, proposto dal titolare del dicastero degli Affari regionali e delle autonomie Roberto Calderoli, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Testo che provvede a definire quelli che sono i “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario” – cioè tutte oltre alle cinque a statuto speciale – “di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Si tratta del primo step di una procedura che vede l’invio del ddl alla Conferenza unificata, composta da quelle Stato-Regioni-Province autonome e Stato-Città-Autonomie locali, per un parere. In caso di modifiche, il testo tornerà al Cdm che dovrà di nuovo approvare il testo per re-inviarlo alla Conferenza – ma il “secondo” via libera del governo è comunque richiesto anche in assenza di cambiamenti. Dopo questo passaggio, il ddl affronta l’iter parlamentare.

Le intese

Per quanto concerne le intese sull’attribuzione di ulteriori competenze tra Stato e Regioni, il testo prevede che sia la Regione interessata a prendere l’atto di iniziativa, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell’ambito dell’autonomia statutaria, su una o più materie (comprese prevalentemente tra quelle a legislazione concorrente in base all’articolo 117 della Costituzione) o ambiti di materie, a cui fa seguito un negoziato Stato-Regione per definire uno schema preliminare dell’intesa. La richiesta deve allora essere trasmessa al Presidente del Consiglio e al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, il quale, dopo aver acquisito la valutazione dei suoi colleghi competenti per materie e del titolare dell’Economia, avvia il negoziato entro i successivi trenta giorni. Lo schema d’intesa preliminare tra lo Stato e la Regione che ha avviato l’iniziativa, corredato di una relazione tecnica, deve esser approvato dal Cdm e sullo stesso deve inoltre essere acquisito il parere della Conferenza unificata, da rendere entro un mese. Dopo tale termine, lo schema dell’intesa passa alle Camere per l’esame dei competenti organi parlamentari, che entro sessanta giorni si esprimono con atti di indirizzo. Successivamente, il capo dell’esecutivo o il ministro, in base sia al parere che agli atti di indirizzo, predispongono lo schema per l’intesa definitivo, anche al termine di un nuovo negoziato, qualora si rivelasse necessario. Lo schema viene quindi trasmesso alla Regione  per l’approvazione e, entro trenta giorni dalla comunicazione dell’approvazione da parte di quest’ultima, il Cdm delibera lo schema d’intesa definitivo, corredato di una relazione tecnica, insieme a un disegno di legge di approvazione da presentare al Parlamento. I due presidenti, quello del Consiglio dei ministri e quello della Regione, sottoscrivono l’intesa. Per l’ok definitivo al ddl, a cui l’intesa è allegata, serve, secondo l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
La durata di un’intesa definitiva, che non può superare i dieci anni, deve essere specificata e alla scadenza del termine l’intesa si rinnova per uguale periodo, a meno che, almeno un anno prima, non sia emersa una differente volontà. L’accordo è inoltre suscettibile di modifiche su iniziativa sia dello Stato che della Regione. In aggiunta, può anche  prevedere i casi e le modalità con cui se ne può chiedere la cessazione.

In base allo schema del disegno di legge sull’autonomia differenziata, il professore di economia dell’Università di Bari ed esperto di Meridione Gianfranco Viesti dice che al momento “conosciamo i dettagli sul processo decisionale, basato su una trattativa diretta tra esecutivo nazionale ed esecutivo regionale”. “Tale trattativa”, spiega, “porterebbe a una bozza di intesa soggetta a un atto d’indirizzo delle Camere, approvata successivamente in Cdm e incorporata nel decreto da sottoporre all’approvazione del Parlamento”. In tale iter, continua il professor Viesti, “aspetti fondamentali quali le materie da includere nelle intese vengono decise da commissioni tecniche paritetiche”.

Lep

“I lep” – livelli essenziali delle prestazioni – “sono i ‘diritti di cittadinanza’ di cui possono godere tutti gli italiani, caratteristica fondamentale dell’unità repubblicana, e sono previsti in Costituzione”, illustra il docente universitario. “Ma, se non in casi molto specifici, non stati mai definiti né finanziati”, aggiunge. Un’attesa lunga oltre vent’anni, successiva alla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Nell’ambito del ddl in oggetto, l’attribuzione di ulteriori funzioni alla Regione che le richiede è infatti subordinata alla determinazione dei lep “concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, come da articolo 117, secondo comma, lettera m), della nostra Carta. I lep e i relativi costi e fabbisogni standard vengono determinati, secondo quanto dispone il disegno di legge, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). L’articolato, una volta acquisita l’intesa della Conferenza unificata, passa alle Camere che hanno 45 giorni di tempo per esprimere un parere. Al termine di questo passaggio, il capo dell’esecutivo adotta il provvedimento dopo la delibera del Cdm. “I livelli essenziali di prestazione sono definiti tramite atti amministrativi”, osserva Il professor Viesti.

Ulteriori funzioni

Le risorse umane, strumentali e finanziarie che saranno necessarie alla Regione per attuare le ulteriori forme di autonomia saranno determinate, secondo quanto prevede il disegno di legge, da una Commissione paritetica Stato-Regione disciplinata dall’intesa, di cui fanno parte un rappresentante del Ministro per gli Affari regionali, uno di quello dell’Economia, un altro per ciascuna delle amministrazioni competenti e i corrispondenti rappresentanti regionali. La copertura finanziaria è prevista tramite “compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali” a livello regionale. “Le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni”. Inoltre, in osservanza dell’articolo 119 della Costituzione, viene garantita l’invarianza finanziaria del fondo perequativo e delle altre iniziative previste da detto articolo.