I sacrifici che si nascondono dietro una vita “incredibile” (AUDIO)

La storia di Carmen, una ragazza napoletana che ha deciso di vivere a New York

Quante volte si sente parlare di fuga dei cervelli? Ragazzi che scappano da un paese come l’Italia che dà sempre meno speranze, un paese che non sembra fatto per i giovani. Il paese dei sogni ma allo stesso tempo del terrore perché fatto di incertezze e paure, dove non è facile inserirsi e crearsi una propria indipendenza. Eppure dietro le tante storie che si sentono di ragazzi che hanno raggiunto l’apice nelle loro carriere all’estero, ci sono storie comuni fatte di sacrificio e solitudine. La storia di Carmen è una di queste: una ragazza forte, con carattere e tenacia che si è costruita in pochi anni una nuova vita in America, fino a coronare il suo sogno d’amore e ad avere una figlia con l’uomo che ama.

 

Per te è una quarantena speciale: sei da poco diventata mamma, ma questo lockdown ha obbligato la tua famiglia a starti lontana, come stai vivendo questo momento? Cosa ti manca di più della tua famiglia?
“Non è facile spiegare a parole cosa si prova a stare lontani dalla propria famiglia in questo momento. Certo, sono fortunata, qui ho la famiglia che mi sono creata, ho mio marito e mia figlia nata lo scorso 27 dicembre. Nel mio piccolo ho tutto e stiamo bene, ma la mancanza dei miei genitori la avverto tantissimo, ora ancora di più. Mia madre doveva venire a trovarci per Pasqua, ma purtroppo tutti i voli dall’Europa sono stati cancellati. Per fortuna, oggigiorno possiamo vederci quando vogliamo, la tecnologia ci tiene vicini in qualche modo. Nonostante ciò la famiglia mi manca in ogni momento e mi mancherà sempre. Mi piacerebbe averli qui, mi piacerebbe poter parlare con loro, poterli vedere tutti i giorni, mi piacerebbe stringerli e renderli parteci della vita di Stella, mia figlia, e anche se so che proveranno ad esserlo in ogni caso, so che, se fossero stati qui, sarebbe stato tutto completamente diverso. Ad ogni modo sono dei genitori e dei nonni spettacolari e se sono diventata la donna che sono lo devo a loro”.
Cosa ti è mancato di più in questi anni? Come ti ha accolta l'”America”?
“Ciò che più mi è mancato è stata la presenza fisica dei miei genitori nei momenti di difficoltà maggiore anche se loro sono stati sempre molto presenti nella mia vita. Ovviamente in questi anni avrebbero voluto aiutarmi anche più di quello che hanno fatto, ma non conoscendo il sistema non hanno mai potuto darmi quel quid in più che mi avrebbero dato se fossero stati qui insieme a me. Per fortuna durante gli anni ho incontrato tantissimi angeli lungo il mio percorso, soprattutto italo americani, persone che mi hanno veramente aiutata e trattata come una figlia. Oggi è grazie a queste persone se sono riuscita ad andare avanti perché mi hanno aiutata a non arrendermi”.
Com’è la situazione in America? Come si sta reagendo?
“La situazione in America non è delle migliori. Ogni giorno aumentano i contagi e il numero dei morti sale sempre di più, in particolare a New York, lo stato dove risiediamo. Gli americani stanno reagendo positivamente alle norme imposte da Trump per arginare il dilagare del virus, ed è ormai un mese che tutti restiamo a casa e pratichiamo il cosiddetto  “social distancing”. Io personalmente non scendo mai, la paura del contagio c’è, soprattutto per mia figlia che è ancora così piccola, ma mio marito ed io, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, stiamo cercando di goderci questi momenti della sua crescita dato che per fortuna stiamo entrambi lavorando da casa. Diversamente non ci saremmo goduti così tanto nostra figlia, bisogna sempre apprezzare e godere di queste piccole-grandi gioie”.
Sei un’insegnate, anche tu come in Italia stai lavorando in smart working, lezioni on line anche per voi?
“Si, insegno italiano e faccio lezione online, come in Italia, con Zoom e Google Classroom. Per quanto riguarda la didattica a distanza credo che non sia la situazione ideale, molte mie colleghe non erano abituate all’uso della tecnologia e ora si stanno trovando in grande difficoltà. I programmi si portano avanti anche se a rilento, ma il lavoro si è raddoppiato. Ora dobbiamo lavorare sette otto ore al computer ogni giorno, correggiamo continuamente tutti i compiti che loro fanno perché questo è l’unico modo che abbiamo per comunicare. Molti di loro non completano i compiti quindi dobbiamo sempre stare a parlare con i genitori, la situazione non è delle migliori insomma”.
Oggi sei una donna realizzata, sei felice di aver scelto l’America come nazione adottiva?
“Si, ma la distanza dalla mia famiglia è il prezzo che pago per questa vita incredibile perché parliamoci chiaro, se fossi rimasta in Italia non avrei avuto quello che sono riuscita ad avere qui. Ho sempre studiato, sono sempre stata molto determinata, mi sono laureata subito, ma le opportunità che mi ha dato l’America non me le avrebbe date l’Italia. Sicuramente lo stile di vita italiano penso che sia nettamente superiore a quello americano. anche se le opportunità che avrò qui e che darò a mia figlia saranno migliori di quelle che avrei avuto se fossi rimasta in Italia. É triste da dire, ma purtroppo è così”.
Tornando indietro, rifaresti le stesse scelte?
“L’America è il paese delle opportunità. Ho scelto di restare e rifarei le stesse scelte altre mille volte tornando indietro. Non è stato facile, ci sono stati momenti in cui ho pensato di voler tornare in Italia, ma non mi sono mai fatta scoraggiare. Ho sempre guardato avanti. Si, sono molto felice. Faccio un lavoro che amo e che mi ricorda ogni giorno da dove vengo e adesso, ho anche una bella famiglia. Ho mia figlia, Stella! Le ho dato il nome di mia nonna, perché è la persona che mi ha cresciuta, la persona che amo di più ed ogni volta che chiamo mia figlia è come se nonna fosse qui con me. L’anno scorso nonostante i suoi 83 anni è venuta lo stesso in America per il mio matrimonio ed è stato il regalo più grande”.