“Perché sono un uomo”. La testimonianza di don Giussani

Giussani
Fonte: Fraternità di Cl

Don Luigi Giussani maestro di fede e di carità. “Non volevo che il lettore leggesse una descrizione della vita di Giussani. Ma che potesse vivere con lui, conoscere le sue reazioni alle sfide che ha affrontato”, spiega Fernando de Haro. Giornalista molto conosciuto in Spagna. Noto in Italia per la collaborazione con il Sussidiario.net. e autore del libro “Perché sono un uomo–Scene dalla vita di Don Giussani”. All’inizio degli anni Cinquanta, don Luigi Giussani, un giovane prete della diocesi di Milano con la passione per l’educazione, è turbato da una constatazione. La stragrande maggioranza dei giovani da lui conosciuti mostra una grande ignoranza del cristianesimo o vive la propria fede senza impegno. Decide così di abbandonare una promettente carriera come professore di teologia. E inizia a insegnare religione in un liceo statale di Milano, il Berchet. Dopo poco tempo, riesce a raccogliere attorno a sé diverse centinaia di ragazzi e ragazze, che daranno vita a una nuova esperienza ecclesiale, conosciuta a partire dagli anni Settanta come Comunione e Liberazione. Un movimento che conta oggi migliaia di aderenti in tutto il mondo.Giussani

Il carisma di Giussani

Fernando de Haro ricrea la vita del carismatico prete ambrosiano in una biografia che combina la ricerca giornalistica con le tecniche della fiction. Ricostruendo con fedeltà e vivacità di scrittura situazioni, luoghi, incontri di una vicenda umana e spirituale straordinaria. Luigi Giovanni Giussani nasce il 15 ottobre 1922 a Desio, comune della Brianza a Nord di Milano. I genitori sono Beniamino, disegnatore e intagliatore, e Angelina Gelosa, operaia tessile. Lui socialista, lei cattolica, saranno fondamentali per la formazione umana e religiosa del giovane Giussani. Entra in seminario a undici anni e viene ordinato sacerdote il 26 maggio 1945 dal cardinale Ildefonso Schuster. Durante il liceo si appassiona allo studio della letteratura, in particolare all’opera di Giacomo Leopardi. Perché la sua “problematica mi sembrava oscurare tutte le altre”. Se ne appassiona talmente che impara a memoria tutte le sue poesie. E per periodi interi studia soltanto quello. Poi, a sedici anni scoprii una chiave di lettura della sua opera poetica che “ha fatto di lui il compagno più suggestivo del mio itinerario religioso“. L’intuizione nasce durante una lezione sul prologo del Vangelo di Giovanni (successivamente Giussani stesso chiamerà questo episodio il “bel giorno“). In cui sente il professore esprimere una considerazione. “Il Verbo di Dio, ovvero ciò di cui tutto consiste, si è fatto carne. Perciò la bellezza s’è fatta carne, la bontà s’è fatta carne, la giustizia s’è fatta carne, l’amore, la vita, la verità s’è fatta carne. L’essere non sta in un iperuranio platonico, si è fatto carne, è uno tra noi“.Leopardi

Gesti quotidiani

In quel momento Giussani si ricorda dell’inno Alla sua donna del poeta di Recanati. “In quell’istante pensai come quella di Leopardi fosse, milleottocento anni dopo, una mendicanza di quell’avvenimento che era già accaduto, di cui san Giovanni dava l’annuncio-Il Verbo si è fatto carne. Questa passione per la bellezza e l’attenzione per i gesti quotidiani sono due dei tratti della sua personalità che più colpiranno chi avrà l’occasione di incontrarlo di persona. Per lui infatti “se la bellezza è lo splendore del vero, allora il gusto, l’estetica, il gusto estetico, è la modalità con cui l’uomo percepisce il vero”. “Il Verbo di Dio si è fatto carne. Perciò la bellezza s’è fatta carne, la bontà s’è fatta carne, la verità s’è fatta carne“. Quindi “potenzialmente, almeno nell’educazione, si deve mirare a introdurre l’uomo nella realtà totale. Questo impeto di vita, spiegherà il cardinale Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI, era frutto del suo rapporto personale con Cristo. Una storia di amore che è tutta la sua vita  E che era tuttavia lontana da ogni entusiasmo leggero, da ogni romanticismo vago. Dopo l’ordinazione sacerdotale, i superiori decidono che il giovane Giussani rimanga in seminario per continuare gli studi e iniziare l’insegnamento. Nel 1954 consegue il dottorato in Teologia con una tesi su Il senso cristiano dell’uomo secondo Reinhold Niebuhr. In quegli anni, tuttavia, Giussani si rende conto dell’apparente buona salute della vita del cattolicesimo italiano. Con le chiese piene e milioni di voti dati alla Democrazia Cristiana. Ma già si agita la crisi profonda. Cioè il divorzio tra fede e vita. La tradizione in contrasto con la mentalità presente. La morale ridotta a moralismo.

Da Gs a Cl

Pur conoscendo dottrina e dogmi i giovani restavano profondamente “ignoranti” della Chiesa e se ne allontanavano. Per questo ottiene dai superiori di poter insegnare Religione in un liceo statale. A partire dal 1954 entra al Liceo classico Berchet di Milano, dove rimarrà fino al 1967. “La mia vicenda è la vicenda di tanti che, volendo bene ai giovani, riescono, per grazia di Dio – in questo senso si può chiamare carisma – a comunicare loro certezze e affettività di cui altrimenti sembrerebbero incapaci”. Contenuto delle sue lezioni sono i temi che lo accompagneranno – in un approfondimento che non avrà mai fine – lungo tutto il suo itinerario umano e di educatore: il senso religioso e la ragionevolezza della fede, l’ipotesi e la realtà della Rivelazione, la pedagogia di Cristo nel rivelarsi, la natura della Chiesa come continuità della presenza di Cristo nella storia fino a oggi. La sua presenza nella scuola dà un nuovo impeto a Gioventù Studentesca (il nome con cui Azione cattolica era presente nelle scuole superiori) e le dà il connotato di un vero e proprio Movimento. È l’inizio della storia di Comunione e Liberazione. Dall’anno accademico 1964-1965 don Giussani insegna Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, cattedra che manterrà fino al 1990. La sintesi organica di questo insegnamento verrà pubblicata tra il 1986 e 1992 nei tre volumi del “PerCorso”: Il senso religioso, All’origine della pretesa cristiana e Perché la Chiesa. Il senso religioso diventerà un longseller, tradotto in 23 lingue e presentato ovunque nel mondo. Nel 1968 Gioventù Studentesca viene investita dall’impeto della contestazione e molti dei membri aderiscono al Movimento studentesco, abbandonando l’esperienza cristiana. Nello stesso anno don Giussani pone le basi, attraverso una serie di incontri al Centro Culturale Péguy di Milano, per una ripresa dell’esperienza originale del Movimento. Il nome “Comunione e Liberazione” nasce l’anno successivo.Meeting

Crescita tumultuosa

Dall’inizio degli anni Settanta don Giussani si coinvolge direttamente con un gruppo di studenti dell’Università Cattolica. Sono anni di grande dinamicità e il Movimento si diffonde in tutti gli ambiti: la scuola, l’università, le parrocchie, le fabbriche, i luoghi di lavoro, spesso. Sfidando con successo ambienti culturalmente e politicamente ostili. Don Giussani non nasconde i rischi di questa tumultuosa crescita e sarà instancabile nel richiamare continuamente la “vera natura” di CL come esperienza di cammino nella fede. Indicando senza sosta le “derive” in senso intellettualistico, organizzativo e politico. Un esercizio di paternità che si trova riflesso nelle équipe annuali degli studenti universitari. Nel 1977 pubblica Il rischio educativo, nel quale mette a frutto le riflessioni sulla ventennale esperienza di educatore. Sarà uno dei suoi libri più letti e tradotti. L’elezione di Giovanni Paolo II, nel 1978, segna l’approfondirsi di un rapporto con Karol Wojtyła che era iniziato nel 1971 in Polonia. Per diverso tempo don Giussani farà visita al Papa con gruppi di giovani in Vaticano e a Castel Gandolfo. “Dire che la fede esalta la razionalità vuol dire che la fede corrisponde alle esigenze fondamentali e originali del cuore di ogni uomo”. Con gli anni si sviluppano le intuizioni giovanili di Giussani che riguardano la missione e l’ecumenismo. Alcuni giessini erano partiti per il Brasile già nei primi anni Sessanta. Nel frattempo, anche attraverso l’amicizia con padre Romano Scalfi e l’opera di Russia Cristiana (l’associazione nata per far conoscere le ricchezze della tradizione dell’ortodossia russa), crescono i rapporti con l’Est Europa e il mondo ortodosso. In questi anni il Movimento si diffonde soprattutto in Europa, America Latina e Stati Uniti. Anche in virtù del caldo invito ad andare in tutto il mondo arrivato da Giovanni Paolo II nel 1984.Giussani

In missione

Un viaggio in Giappone, nel 1987, apre la strada ad una profondissima amicizia tra don Giussani e il reverendo Shodo Habukawa. Una delle preminenti figure del buddhismo “Shingon”. Si sviluppa in modo del tutto particolare il rapporto con la comunità della Spagna, dove Giussani si reca periodicamente. In questa relazione di profondo affetto e sintonia egli vede il futuro del Movimento. Con l’inizio degli anni Novanta si manifestano i primi segni della malattia che in modo sempre più grave lo accompagnerà per oltre un decennio, sino alla morte. Più d’uno ha rilevato il parallelismo tra la vita di don Giussani e quella di Giovanni Paolo II e di tutto ciò resta un sigillo struggente. L’immagine di quel loro incontro in piazza San Pietro il 30 maggio ’98. Sono anche gli anni delle grandi meditazioni proposte al Movimento. Riconoscere Cristo, Il tempo e il tempio, È, se opera, espressioni di una eccezionale stagione creativa centrata sui temi dell’avvenimento cristiano e del mistero di Dio. Si consolidano amicizia e consonanza con il cardinale Ratzinger, Prefetto della Dottrina della Fede, come il cardinale stesso non mancherà di rilevare. È un periodo intensissimo, nonostante l’avanzare della malattia. Pubblica “Si può vivere così?” e “Generare tracce nella storia del mondo”. Due testi fondamentali per comprendere la sua concezione del cristianesimo. Avvia la collana “I libri dello spirito cristiano” e la collana di musica classica Spirto gentil. A Madrid dialoga con Jean Guitton. E a Bassano del Grappa riceve il Premio internazionale della Cultura cattolica. Agli incontri del Movimento, come esercizi spirituali e assemblee, partecipa, con sempre minor frequenza, spesso inviando messaggi video.Meeting

Speranza

Don Giussani non solo non ha mai inteso “fondare” niente. Ma riteneva che “il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo. Vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta”. Nella primavera del 2004 ottiene dal cardinale di Madrid Antonio Rouco Varela – al quale aveva inoltrato la richiesta – che don Julián Carrón si trasferisca a Milano per condividere con lui la guida del movimento di Comunione e Liberazione. È del nuovo millennio, tra il 2002 e il 2004, lo straordinario scambio epistolare con papa Wojtyła che si concluderà con una lettera in cui don Giussani scrive. L’ultimo messaggio al Movimento è del 16 ottobre 2004, in occasione del pellegrinaggio a Loreto per i cinquant’anni di CL. Le parole iniziali sono: “Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza! Questa è la frase più importante per tutta la storia della Chiesa. In essa si esaurisce tutto il cristianesimo”. Il 22 febbraio 2005 muore nella sua abitazione di Milano.

Francesco

Papa Francesco ha incontrato migliaia di membri di Comunione e Liberazione, provenienti dall’Italia e dal mondo, per il centenario del fondatore. L’invito a non farsi ferire da “divisioni, diffidenze e contrapposizioni”. Infatti “i tempi di crisi sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario“. A tutti gli aderenti al movimento, il Pontefice chiede “un aiuto”. E cioè di accompagnarlo nella “profezia” della pace. “Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa”. Guardare avanti, sempre avanti. Fuori, trovando “modi e linguaggi” adatti perché il carisma consegnato da don Giussani raggiunga “nuove persone e nuovi ambienti”; dentro, custodendo l’unità, senza farsi “ferire” da divisioni e contrapposizioni. Quelle, “fanno il gioco del maligno”. Il Papa traccia le direttrici per il futuro di Comunione e Liberazione, il vasto e variegato movimento ecclesiale diffuso in oltre 70 Paesi e fondato da don Luigi Giussani. “Il vostro movimento non perde la sua capacità di radunare e mobilitare”, sottolinea il Pontefice. Subito rivolge il pensiero a don Giussani, “dono” per la Chiesa e per il mondo: la gratitudine è personale, “per il bene che mi ha fatto, come sacerdote, meditare alcuni libri di don Giussani”. E “come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa”. Don Giussani è stato padre e maestro, è stato servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria. La Chiesa riconosce la sua genialità pedagogica e teologica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’“utilità comune”.

Presenza

Tuttavia, rileva Jorge Mario Bergoglio, “non sono mancati seri problemi, divisioni. E certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più. I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione. Sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani. Sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale. Come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere. Sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità”, dice il Papa. “Unità non vuol dire uniformità”. “Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto nel cammino del movimento”, è il suo invito.

Unità

“Che l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni. Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere e diffidenze“. Ampia parte del suo discorso Papa Francesco la dedica ad alcuni aspetti della “ricca personalità” di quello che i membri di CL chiamano “don Gius”: “Il suo carisma, la sua vocazione di educatore, il suo amore alla Chiesa”. Il “grande carisma personale” di don Giussani, uomo “capace di attrarre migliaia di giovani e di toccare il loro cuore”, proveniva da qualcosa vissuto in prima person. Cioè quando “a soli 15 anni, era stato folgorato dalla scoperta del mistero di Cristo. Aveva intuito – non solo con la mente ma con il cuore – che Cristo è il centro unificatore di tutta la realtà, è la risposta a tutti gli interrogativi umani, è la realizzazione di ogni desiderio di felicità. Di bene, di amore, di eternità presente nel cuore umano”.Giussani

Fiducia

Giussani “ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro”, dice Francesco, citando le parole dell’allora cardinale Ratzinger alle esequie. Don Giussani attraeva, convinceva, convertiva i cuori perché trasmetteva agli altri ciò che portava dentro dopo quella sua fondamentale esperienza. La passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo. Tanti giovani lo hanno seguito perché i giovani hanno un grande fiuto. Quello che diceva veniva dal suo vissuto e dal suo cuore, perciò ispirava fiducia, simpatia e interesse. Questo carisma va custodito, non come qualcosa di “conservativo del passato”, ma “fatto fruttificare nell’oggi”. I carismi crescono come crescono le verità del dogma, della morale: crescono in pienezza. Sono i modi di viverlo che possono costituire un ostacolo o addirittura un tradimento al fine per il quale il carisma è stato suscitato dallo Spirito Santo. Riconoscere e correggere le modalità fuorvianti, laddove necessario, non è possibile se non con atteggiamento umile e sotto la guida sapiente della Chiesa. “La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire. Vi invito perciò a rifuggire da ogni ripiegamento su voi stessi, dalla paura – la paura non ti porterà mai a un buon porto – e dalla stanchezza spirituale, che ti porta alla pigrizia spirituale”, aggiunge Francesco.giussani

Formazione

Francesco traccia la figura di don Giussani “educatore”. Fin dai primi anni di ministero sacerdotale, di fronte allo smarrimento e all’ignoranza religiosa di molti giovani, don Luigi sentì “l’urgenza di comunicare loro l’incontro con la persona di Gesù”. “Aveva una capacità unica di far scattare la ricerca sincera del senso della vita nel cuore dei giovani, di risvegliare il loro desiderio di verità. Da vero apostolo, quando vedeva che nei ragazzi si era accesa questa sete, non aveva paura di presentare loro la fede cristiana. Ma senza mai imporre nulla”. Il suo approccio ha generato tante personalità libere, che hanno aderito al cristianesimo con convinzione e passione. Non per abitudine, non per conformismo, ma in modo personale e creativo. Giussani rispettava infatti l’indole di ognuno, la storia, il temperamento, i doni. “Non voleva persone tutte uguali e non voleva nemmeno che tutti imitassero lui, che ognuno fosse originale, come Dio lo ha fatto. E infatti quei giovani, crescendo, sono diventati, ciascuno secondo la propria inclinazione, presenze significative in diversi campi, nel giornalismo, nella scuola, nell’economia, nelle opere caritative e di promozione sociale”. Questa è, per il Papa, “una grande eredità spirituale”, anch’essa da custodire e portare avanti, insieme a quell’amore per la Chiesa che il servo di Dio ha sempre mostrato.Giussani

Equilibrio

“Figlio della Chiesa” è il terzo aspetto che il Papa vuole infatti rimarcare di Giussani: “È stato un sacerdote che ha amato tanto la Chiesa. Anche in tempi di smarrimento e di forte contestazione delle istituzioni, ha sempre mantenuto con fermezza la sua fedeltà alla Chiesa, per la quale nutriva un grande affetto”. “Con grande equilibrio, ha saputo sempre tenere insieme il carisma e l’autorità, che sono complementari, entrambi necessari”. “Il carisma – prosegue il Papa a braccio – va istituzionalizzato”. Senza l’autorità si rischia di andare fuori strada, di andare in una direzione sbagliata. Ma senza il carisma il cammino rischia di diventare noioso. Non più attraente per la gente di quel particolare momento storico. Un messaggio, questo, che il Papa rivolge a chi in CL detiene ruoli di autorità e di governo, che esorta a “servire tutti gli altri”. E a “indicare la strada giusta”, guidando, cioè, il movimento, favorendone lo sviluppo. Tutelando i membri e la loro formazione umana e spirituale.Giussani

Presenza nei poveri

“Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace – Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa. Lo dico davvero, mi spaventa –; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura. Andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria. Non rimanete fermi”. Quindi “amate e preservate l’unità della vostra ‘compagnia’. Non lasciate che la vostra Fraternità sia ferita da divisioni e contrapposizioni, che fanno il gioco del maligno. È il suo mestiere: dividere, sempre. Anche i momenti difficili possono essere momenti di grazia, e possono essere momenti di rinascita. Comunione e Liberazione nacque proprio in un tempo di crisi quale fu il ’68. E in seguito don Giussani non si è spaventato dei momenti di passaggio e di crescita della Fraternità. Ma li ha affrontati con coraggio evangelico, affidamento a Cristo e in comunione con la madre Chiesa”.Giussani

Riferimento

I funerali di don Giussani furono sono celebrati nel Duomo di Milano dall’allora cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, come inviato personale di Giovanni Paolo II. È sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano. La sua tomba è meta di continui pellegrinaggi dall’Italia e dal mondo. “Don Giussani è divenuto realmente padre di molti, ha guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del mondo per il cielo”, evidenziò Joseph Ratzinger. Al termine della messa celebrata nel Duomo di Milano nel settimo anniversario della morte di don Giussani, il 22 febbraio 2012 don Carrón comunica di avere inoltrato la richiesta di apertura della causa di beatificazione e di canonizzazione del sacerdote di Desio. L’istanza è accolta dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.