La voce del povero arriva a Dio

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Foto di John Moeses Bauan su Unsplash

Al povero non va dato ciò che a noi è possibile, ma ciò di cui lui ha bisogno”, insegnava il Servo di Dio, don Oreste Benzi. Fin dalle origini della cristianità, il forestiero che arrivava in una città sconosciuta aveva un metodo infallibile per raggiungere l’episcopio: bastava seguire la fila di indigenti. Il vescovo di Roma applica alla lettera il mandato evangelico indicando nei poveri i nostri maestri di condivisione. La tratta di esseri umani; le guerre che insanguinano Gaza, l’Ucraina e decine di altri angoli martoriati e dimenticati del paese; le migrazioni provocate da carestie e cambiamenti climatici. Ecco le diverse condizioni di sofferenza ed emarginazione che vengono poste al centro dall’attenzione globale nell’odierna Giornata dedicata ai più bisognosi dei fratelli e sorelle. Una ricorrenza che ricorda a noi, immersi in tante forme di povertà, di comprendere chi sono i veri poveri verso cui siamo chiamati a rivolgere lo sguardo per ascoltare il loro grido e riconoscere le loro necessità.

Il Signore offre rifugio a tutti coloro che hanno il cuore spezzato dalla tristezza, dalla solitudine e dall’esclusione” afferma papa Francesco, che esorta ad ascoltare quanti vengono calpestati nella loro dignità senza avere “la forza di innalzare lo sguardo verso l’alto per ricevere luce e conforto”. La risposta al povero non può che essere un intervento di salvezza per curare le ferite dell’anima e del corpo, per restituire giustizia e per aiutare a riprendere una vita decorosa. È come se Francesco avvertisse la responsabilità di ricevere il testimone direttamente dagli Atti degli Apostoli. La carità è la carta fondamentale del credente. “Riprovate gli errori, sì; perché ciò esige la misericordia, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di speranza”, scrisse Paolo VI. I pastori sono chiamati a stare nella storia e ad aiutare le persone a santificare la quotidianità.

La miseria è indegnità, la povertà è uno stile di vita. La verità è come l’acqua, la strada la trova. Non sono gli uomini che cambiano l’umanità, ma Dio. La Chiesa deve crescere nella dimensione della collegialità, nell’assunzione comune e responsabile del bene di tutti. Senza mai dimenticare la differenza tra povertà e miseria. Nei Vangeli si dice “beati i poveri”, non “beati i miseri”. Per rivolgersi alle coscienze serve sensibilità e disponibilità al dialogo. La Chiesa è per il mondo e per l’umanità e l’umanità ha tante facce. Gesù ci ha donato la verità e la misericordia. Il nostro impegno come Chiesa è mettere insieme verità e misericordia perché laddove non ci riusciamo rischiamo di dividere la persona di Cristo. Ogni Chiesa locale ha la sua storia e ogni storia è significativa per la bellezza di quella universale. L’imperativo è non abbandonare mai nessuno. Il Santo Padre indica la necessità di una Chiesa traboccante di compassione d’amore, che sappia distinguere il peccato dal peccatore: il nostro patrimonio è la maternità spirituale nei confronti dell’umanità nella convinzione che la bellezza della Chiesa non è negli addobbi ma nell’amore per Cristo e nell’impegno di liberare tutti dalla “iniquità” di cui parla la Evangelii Gaudium. Occorre suscitare l’impazienza della carità. C’è bisogno di maggior comprensione.

Vescovi e sacerdoti devono comprendere le problematiche e le fatiche che la famiglia e le persone sopportano a vari livelli. In un mondo così complesso, la Chiesa non può incasellare tutto in certi termini o certi concetti precisi che ci si è abituati a usare. Oggi molta realtà sfugge. Occorre unire l’educazione alla compassione. Ogni persona è un dono di Dio e ha qualcosa da offrire all’altro. L’intero Magistero pontificio è un appello ad accompagnare e a educare perché ogni persona capisca il messaggio del Vangelo che non è contro nessuno ma a favore di tutti nel senso che può aiutare a capirsi e a vivere in relazione con gli altri. Non senza resistenze. Parafrasando Chesterton, si comincia a combattere la Chiesa a difesa di una presunta tradizione e si finisce per boicottare anche la tradizione pur di combattere la Chiesa. “I poveri sono i primi abilitati a riconoscere la presenza di Dio e a dare testimonianza della sua vicinanza nella loro vita. – evidenzia Francesco – Dio rimane fedele alla sua promessa, e anche nel buio della notte non fa mancare il calore del suo amore e della sua consolazione”.

Tuttavia, per superare l’opprimente condizione di povertà, è necessario che essi percepiscano la presenza dei fratelli e delle sorelle che si preoccupano di loro e che, aprendo la porta del cuore e della vita, li fanno sentire amici e famigliari. Soltanto in questo modo possiamo scoprire la forza salvifica delle loro esistenze e porle al centro della vita della Chiesa”. Nella misericordia e nella condivisione si sostiene la fede, si rende fattiva la carità e si abilita la speranza a proseguire sicura nel cammino cristiano. Nessuno è veramente povero finché qualcuno presta ascolto al suo lamento.