Giani: “Il cammino delle Misericordie ispirato alla figura del buon Samaritano”

Nella giornata del 17 luglio, presso il Seminario Arcivescovile di Firenze, si è svolto il Consiglio Nazionale delle Misericordie d'Italia, nel corso del quale è stato eletto Presidente il Dottor Domenico Giani

Volontariato

Nel corso del primo Consiglio Nazionale della nuova legislatura della Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia svoltosi il 17 luglio presso il Seminario Arcivescovile di Firenze si è insediato ufficialmente il nuovo Presidente Dottor Domenico Giani il quale, ha proposto in seguito, i membri del Consiglio di Presidenza che lo affiancheranno durante questo importante percorso in cui sarà presente anche Monsignor Franco Agostinelli, Vescovo emerito di Grosseto, in qualità di Correttore Nazionale. All’apertura dei lavori è stato letto un messaggio del Santo Padre il quale ha espresso  un sentito apprezzamento per la generosa e preziosa opera portata avanti dal movimento delle Misericordie a favore di quanti vivono in situazione di particolare difficoltà.

La storia delle Misericordie e la loro azione per i bisognosi

Le Misericordie svolgono una encomiabile attività di assistenza a partire dalla fondazione avvenuta nel 1244 presso Firenze con l’obiettivo di soccorrere chi si trova nella sofferenza e nel bisogno, mediante ogni aiuto possibile, siamo orale che materiale. In particolare, le Misericordie, esplicano la loro luminosa e volontaria opera in numerose occasioni, quali ad esempio: le attività di protezione civile durante numerose emergenze, il trasporto sanitario, l’assistenza sociale e le onoranze funebri. Allo stato attuale, la Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, riunisce circa 670.000 iscritti, dei quali 100 mila sono impegnati in misura permanente in svariate opere di carità, in oltre 700 confraternite e 800 sedi operative in tutta la penisola italiana. L’ attività delle Misericordie è ispirata alle Opere di Misericordia e dal Vangelo ed è aperta a ogni persona tra i 16 e gli 80 anni che voglia dare il proprio contributo nell’ambito del volontariato.

La biografia di Domenico Giani

Domenico Giani entrato nella Misericordia di Arezzo, sua città natale, nel 1976, è laureato in Pedagogia all’Università degli Studi di Siena ed in Scienze della Sicurezza Economico-Finanziaria all’Università di Roma Tor Vergata. Dal 1981 ha prestato servizio nella Guardia di Finanza e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nei settori afferenti l’informazione e la sicurezza. Nel 1999 è stato arruolato nel Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano giungendo al grado di Ispettore Generale e divenendo Comandante della stessa dal 3 giugno 2006 fino al 14 ottobre 2019. Dal 1° ottobre 2020 è divenuto presidente di Eni Foundation, ente che ha come missione le attività umanitarie. Nel corso della sua luminosa carriera, in considerazione delle numerose azioni meritorie compiute, è stato insignito di svariate onorificenze, quali ad esempio quella di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Piano conferita dal Santo Padre Il 30 ottobre 2019 e quella di Cavaliere di Gran Croce all’Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 13 gennaio 2017.

Il discorso integrale del Presidente Giani

Eccellenza Reverendissima Mons. Franco Agostinelli, carissimo don Franco!

Presidente Ugo Bellini,

care sorelle e cari fratelli di Misericordia,

è per me – quest’oggi – un momento di particolare emozione essere qui per installare i nuovi Organi statutari ed iniziare con voi un segmento di strada nella ultracentenaria storia della Misericordia! Rendo onore a tutte le nostre sorelle e i nostri fratelli che ci hanno preceduto nel cammino, hanno tracciato il solco della Storia e che con il loro esempio di carità hanno testimoniato negli anni il senso cristiano dell’agire nel servizio alla persona, soprattutto al Cristo sofferente. Idealmente saluto e ringrazio vivamente chi mi ha preceduto nel servizio di Presidente Nazionale, un servizio che solo gli straordinari disegni della Provvidenza e di chi si è fatto suo strumento ha potuto permettere. E, a proposito di permettere, mi sia concesso di ricordare e rendere grazie ai miei genitori, alla mia nonna Clara, ad un vecchio fratello della Misericordia di Arezzo, il cav. Alberto Benvenuti, che mi hanno avviato – ancora 12enne -, al servizio attivo: grazie a quel tanto che ho ricevuto dalla mia Misericordia. Desidero qui anche ringraziare – come presidente di ENI Foundation – i vertici di ENI per l’amicizia, la stima ed il supporto che mi hanno dato in fase decisionale – circa l’accettazione della candidatura – e, sempre, da quel momento in poi. Non avrei forse potuto accettare la designazione e quindi questo segmento di strada senza la serenità professionale che mi è stata assicurata.  Saluto così tutti voi, rappresentanti del Consiglio Nazionale, dell’Organo di Controllo, del Collegio dei Probiviri, del Consiglio dei Saggi: grazie per la disponibilità data nel servire (e per alcuni di voi, nel continuare a servire) la Confederazione Nazionale. Ognuno di voi ha un compito importante, che non potrà essere svolto da soli, ma in un sistema di gioco di squadra perché il mandato che abbiamo ricevuto sia di traghettare il Movimento in questa delicata fase post-pandemica, che la Storia ha voluto affidarci. Lealtà. Fedeltà. Riservatezza. Coesione. Coraggio. Discernimento ed onestà delle proprie idee e dei propri convincimenti. Parresia. E, non certo per ultimo, saldezza nella fede. E’ l’eredità che porto sulle mie spalle dopo tanti anni di servizio alla Chiesa e al Papa. Un’eredità, ancora, forgiata in anni di esperienza nei settori più svariati dell’avventura umana che a ciascuno di noi è dato di vivere: dalla protezione della persona del Pontefice in ogni angolo della terra, al soccorso ai terremotati, alla cooperazione internazionale (in particolare al fianco dell’Ospedale Bambino Gesù, da ultimo per l’allestimento di un ospedale nella capitale Bangui), alla partecipazione al consiglio dell’Interpol, al soccorso notturno dei senzatetto intorno al Colonnato di San Pietro e così via. Un’eredità che ora metto al servizio del nuovo prestigioso incarico che mi è stato affidato nel guidare questa grande realtà che tutti insieme rappresentiamo, verso un rinnovato cammino. Ho riflettuto molto in questi ultimi mesi. Ho rivisitato la storia delle Misericordie d’Italia, sin da quando sono nate nel1244, dall’intuizione di S. Pietro da Verona. Ho valutato il cammino compiuto nei secoli. Un cammino certamente glorioso, sui passi evangelici ispirati dalla figura del Buon Samaritano.  Ho riletto quanto i Pontefici, in particolare San Giovanni Paolo II e Francesco hanno raccomandato ai fratelli delle Misericordie. Cito il Primo, nel discorso del 14 giugno 1986 “Profondendo generosamente le vostre energie verso il prossimo maggiormente bisognoso di solidarietà e di aiuto … ritrovate pienamente voi stessi attraverso il vostro dono sincero di voi stessi.”  E il Secondo nel suo discorso del 14 giugno 2014 a distanza di 28 anni: “Tutto il vostro servizio prende senso e forma da questa parola: “misericordia”, parola latina il cui significato etimologico è “miseris cor dare”, “dare il cuore ai miseri”, quelli che hanno bisogno, quelli che soffrono. ”Oggi si parla tanto di “nuovo umanesimo”, anche in ambito politico e in un modo, secondo me, fin troppo disinvolto. Non si tratta di una cultura umanistica di per sé anticristiana, ma dà una nuova interpretazione di umanesimo, in cui si riconoscono esclusivamente la libertà, i diritti, la dignità dell’essere umano e della sua vita sociale, ma non ha per fine Dio, ed un cristiano non può anelare ad un mondo pacifico e solidale prescindendo da Cristo. Sarebbe un mondo vuoto! In un umanesimo senza Dio lo sviluppo o viene negato o viene affidato alle mani dell’uomo “che – citando Benedetto XVI – cade nella presunzione dell’auto-salvezza. Ideologie e filosofie che esaltano la libertà quale unico principio, trasformano l’uomo in Dio che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento.” Ora con voi, in questa per me emozionante occasione, vorrei fare una sintesi e gettare le basi per un rinnovato percorso, più rispondente alla realtà di oggi, alle nuove sfide che si presentano, soprattutto all’allarmante crescita del bisogno di aiuto di una sempre più folta popolazione di emarginati, di anziani. Prima però vorrei esprimere gratitudine per l’operato sin qui svolto da Monsignor Franco Agostinelli, nel suo importante ruolo di Correttore nazionale. Lo ringraziamo per averci messo a disposizione la sua grande esperienza pastorale maturata nel suo servizio alla Chiesa, prima da parroco, poi vicario episcopale e quindi vescovo di due diocesi. Uomo del dialogo, di grandi vedute, apertura di mente, vicino ai laici impegnati si è dimostrato per noi una guida sicura. In lui e con lui desidero ringraziare i nostri correttori che si dedicano alla formazione, argomento su cui poi tornerò. Mi sia consentita ancora una piccola cosa che aiuti soprattutto voi a conoscermi un po’ meglio di quanto non sia stato possibile sino ad oggi. Non starò certo qui a ripercorrere la mia vita e la mia carriera. Mi preme solo sottolineare alcune caratteristiche del mio modo di interpretare e vivere le missioni che mi sento affidate. Non perdo occasione per ribadirlo: io sono perennemente in debito nei confronti del Signore; ma alla Chiesa, in quanto istituzione, penso di aver dato tanto, tutto quello che mi è stato possibile dare, anche in termini familiari, pagando un prezzo altissimo proprio come persona. Ma sono proprio le esperienze negative e dolorose che possono essere una fonte importante di crescita personale. L’ho fatto per Santa Madre Chiesa, con amore e anche con orgoglio. E devo dire di essere grato per aver avuto ed imparato tanto. Tanto al punto però da non essere più disponibile a rinunciare a me stesso e soprattutto, come ho sempre fatto nella mia vita, alla mia coscienza ed alla mia dignità di uomo. Per questo sono sempre pronto a fare un passo indietro qualora la mia persona, o il mio ruolo, fossero causa di divisioni; o qualora fossi chiamato a confrontarmi con un ambiente opaco, attraversato da intrallazzi e giochetti equivoci; o se mi dovessi convincere che la strada percorsa non conduce a nessuna meta. Non amo i pettegolezzi, il “chiacchiericcio da cortile” come definisce Papa Francesco il malvezzo del parlare male di tutti, mantenendo l’anonimato. Più volte il Pontefice ha parlato di “terrorismo delle chiacchiere: “la lingua uccide come un coltello, il chiacchierone è un terrorista. Con la sua lingua butta la bomba e se ne va, distrugge la fama altrui e lui se ne va tranquillo”. Vi assicuro che non correrò mai dietro alle chiacchiere, ai pettegolezzi, ai sentito dire, alle confessioni riservate, tanto meno alle denunce anonime. Questo ho sempre fatto nella vita, soprattutto nei lunghi anni di Comando della Gendarmeria. Mi auguro così, davvero me lo auguro vivamente!, che le nostre riunioni mantengano il carattere della riservatezza. Quello che si dovrà dire, si dirà!, seguendo schemi e regole, ma il tam tam cui spesso nei nostri ambienti siamo abituati, non dà dignità e non fa onore ad un organismo di governo. Personalmente non lascerò passare eventuali disattenzioni al rispetto degli altri, alla libertà di parola e di giusto confronto: ne soffrirei, ma cercherei anche di porre rimedio, secondo quelle che sono le competenze di ognuno. Ritorno ad un sostantivo che ho usato prima, la parresia: il diritto civile a dire il proprio pensiero, la interiore lealtà nei confronti della verità da riconoscere, il coraggio di esprimersi pubblicamente superando le eventuali difficoltà. Mi sono abituato ed ho educato insieme a mia moglie Chiara, i miei figli a guardarsi sempre allo specchio senza provare vergogna o sentire il bisogno di abbassare il volto; li ho abituati a non dover mai esitare al trillo del campanello di casa, ma a correre a stringere con il cuore e con mani sempre pulite chi bussa alla porta. E se mai dovessi mettere in dubbio questa coscienza di vita, non esiterei un attimo, lo ripeto, a fare il passo indietro. Non è il potere che può rendere felice un uomo, lo sappiamo bene tutti. Mi rifiuto di pensare che qui tra di noi possa esserci chi anela al potere, specie all’interno del Movimento. Anzi. A questo proposito vorrei sottolineare il gesto dell’avv. Alberto Corsinovi, che desidero pubblicamente ringraziare per aver rinunciato a ricoprire qualsiasi altro incarico in nome della discontinuità. Lo ha fatto nonostante le mie insistenze. So, che lui ci sarà, ma il gesto che ha fatto è stato davvero evangelico. Quella discontinuità che io evidentemente rappresento ma che, per forza di cose, non potrà che essere parziale poiché nello stilare l’elenco delle nomine che a breve proporrò alla valutazione del Consiglio di Presidenza, e proporrò alla votazione per il Consiglio di Presidenza, ho attinto all’elenco che giustamente era stato oggetto di precedenti riflessioni. Ma vi assicuro che le scelte che ho fatto sono state frutto di momenti di preghiera e discernimento, ma anche di ponderate valutazioni. Ed è stato proprio nel fare queste valutazioni che mi sono reso conto di alcuni, del resto immancabili, problemi insiti nel movimento. Uno su tutti, insieme all’aspetto della formazione e a quello economico, è quello che mi fatto molto riflettere – e che vorrei adesso condividereal quale bisognerà mettere mano quanto prima. Sappiamo tutti che le Misericordie sono nate a Firenze, il cuore pulsante della Toscana. Ma per grazia di Dio, è pur vero che si sono moltiplicate e che si sono diffuse praticamente su tutto il territorio nazionale e internazionale. Ciò significa che hanno dato un volto nuovo all’istituzione, che, se pur non dimentico delle radici, esprime in tutta la sua completezza l’universalità della missio. Facendo un paragone un po’ azzardato è come accade nel rapporto tra la Santa Sede e le Chiese sparse nel mondo, tutte dotate di pari dignità ed espressione comune dell’universalità della Chiesa. Dobbiamo dunque avviare, e nessuno me ne voglia, una sorta di “delocalizzazione” del movimento, intesa soprattutto come la rappresentanza ad extra, per far sì che tutte le altre nostre realtà siano concretamente “progetto” esse stesse, ritratte nel Consiglio, dunque garantite nella reale possibilità di portare le istanze e la voce delle loro rispettive regioni. Credo che questo potrà servire anche a superare quelle rivalità e divisioni interne al movimento che, se lievitate, potrebbero causare un grave danno all’intera struttura. Al contrario dobbiamo favorire la nascita, o meglio la radicalizzazione di una rete che tutti ci accolga e ci aiuti a riscoprire e a vivere in primis, e fino in fondo, il senso di quella solidarietà che distribuiamo con gioia all’uomo sofferente che a noi rivolge il suo sguardo implorante. E solo dopo aver rinsaldato la comunione tra le diverse regioni italiane potremo esportare il nostro modello ovunque nel mondo ci sia bisogno di “Misericordia”. Accenno brevemente all’idea di aprire una sede a Roma e vi anticipo una serie di contatti presi per capire a livello economico e logistico, dove sia meglio orientarci. Altro problema da affrontare seriamente è la progressiva crescita del processo di secolarizzazione che stanno vivendo diverse opere della Chiesa. Riguarda anche noi! Questo comporta la necessità di potenziare un sistema di formazione umana, psicologica e cristiana per assicurare un futuro sostenibile alla missio del nostro Movimento, soprattutto per quanto riguarda l’evangelizzazione, parte integrante e non certo secondaria, della nostra identità cristiana. Si pensi alle enormi possibilità che, in questo senso, ci vengono dalla capacità di accogliere ogni anno oltre 3.000 volontari per il servizio civile. Una formazione che, da quello che ho potuto capire, non sarebbe inutile anche per qualcuno di noi. Non ho per esempio percepito appieno, in alcune realtà, lo spirito di servizio che dovrebbe animare ogni nostra azione. E’ come se la “vocazione” fosse figlia della brama di avere un posto, magari di “comando”. Ho imparato a mie spese che il servizio non è potere, così come esercitare l’autorità non vuol dire essere autoritario, ma autorevole. Ma credo e spero che quanti fanno parte di questa Assemblea siano qui solo per servire. Sarebbe deludente se così non fosse. Insieme a voi, e dunque con l’aiuto e la leale collaborazione di tutti, spero di riuscire nell’intento di traghettare il movimento verso un futuro più dinamico, con un volto rinnovato, a cominciare da quello dei prossimi consigli nazionali. Questo nell’unico intento di avere la possibilità di attingere costantemente ad energie nuove, nell’ottica di un servizio ecclesiale e sociale sempre più operoso e vicino alla realtà di un mondo che muta aspetto generazionale con una velocità prima d’ora impensabile. Qualcuno forse si sentirà deluso di non aver avuto ricevuto una carica. Nell’assegnare le altre deleghe terremo conto delle varie competenze in gioco e delle diverse provenienze. Come dicono gli inglesi? Work in progres… Faremo le cose con calma, cercando di D-I-S-C-E-R-N-E-R-E, cercando di farci aiutare da chi possa avere competenze particolari, nella consapevolezza che la vera forza del movimento sono la coesione e la condivisione che devono contrastare la cultura individualista e il progressivo indebolimento delle relazioni di solidarietà. Per questo, senza togliere niente ad ognuno di voi, alle vostre competenze ed alle vostre capacità, sarebbe mio desiderio creare un comitato etico della Presidenza chiamandovi a farne parte, Magistrati, Prefetti, Ambasciatori, Forze di polizia, Professori Universitari delle varie specializzazioni, operatori dei media, per essere di aiuto in particolari occasioni e necessità. Importante sarà così, piuttosto riprendere il giusto cammino. Dovremo essere capaci di realizzare in ogni singola realtà, coordinamento provinciale, così come a livello federale e confederale, una gestione rigorosa, oculata e soprattutto onesta dal punto di vista economico. Inutile ricordare che in alcuni casi gestioni sconsiderate o troppo individualiste hanno causato il dilapidarsi di un patrimonio faticosamente costituito, o addirittura hanno messo in crisi la stessa Confederazione. Certo non viviamo in una bolla d’aria, al di fuori cioè da ogni contesto. Ma ciò non significa non agire onestamente, in conformità alla legge e ancor prima alla Costituzione. Significa piuttosto vivere nella legalità, capire che il nostro “agire” è un “fare” qualitativo ad esclusivo beneficio della collettività. Ricordo che non è obbligatorio far parte di una “Misericordia”; si tratta piuttosto di una scelta. Ma chi opera questa scelta deve sapere bene quale sia lo stile di vita che accomuna tutti i fratelli che hanno fatto la stessa valutazione, conoscerne le basi, aderire ai principi ispiratori e rispettare le poche, semplici norme che regolano il vivere in comunione. Un principio questo che dovrebbe accomunare anche tutte le Misericordie regionali, troppo spesso avviate su percorsi divergenti, o comunque prive di quello spirito di altruismo e di collaborazione che, espresso nelle varie opportunità di dialogo, ci rende un solo corpo, capaci di impegnarci su diversi fronti. E non solo quello sanitario: una Misericordia non può essere identificata esclusivamente per le autoambulanze o i carri funebri, o altri mezzi di soccorso, pur necessari. Dovremo imparare ad essere profetici, capaci di riconoscere e cogliere il bisogno del momento, le necessità della comunità che intendiamo servire. E mi è piaciuto tantissimo una riflessione fatta con Sua Eccellenza Agostinelli, dell’interrogarci – come ha chiesto il Papa alla Chiesa italiana – se sia opportuno indire un Sinodo delle Misericordie e cercare di capire quali possono essere effettivamente le potenzialità del nostro servire? Un simile evento ci aiuterebbe anche a riscoprire l’importanza del lavorare in squadra, tutti con lo stesso obiettivo. Ci aiuterebbe a capire che siamo tutte piccole tessere di un grande mosaico, ognuna indispensabile per lo splendore dell’opera che intende rappresentare. Questo per dire che abbiamo bisogno gli uni degli altri, come ci ricorda il Papa nella indimenticabile omelia del venerdì Santo del 27 marzo 2020: “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.  Come poi ho avuto modo già di dire, vedo e sento una confederazione che sia sempre più un soggetto intermedio della società, non un’entità “politica”, ma un soggetto portatore di istanze, soprattutto essere voce di chi non ha voce, essere rappresentante di istanze degli ultimi, ma anche delle nostre consociate e dei nostri volontari. Anche per questo ritorno sulla sede di rappresentanza romana e l’attenzione all’Europa. E ancora Papa Francesco, con l’Enciclica Fratelli Tutti ci ricorda che “ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite (….). Come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. [Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere]. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene”. Ci chiamiamo Misericordie quindi dobbiamo essere misericordiosi, prima di tutto verso noi stessi. Solo così potremo essere pietra d’inciampo, testimoni o meglio strumenti della Provvidenza. In questo percorso un contributo di crescita potranno sicuramente assicurarlo al movimento le molte donne che ne fanno parte. Io credo che sia urgente dare spazio alle donne, pronte ad assumere ruoli di primo piano nella conduzione del Movimento. Ed è ben lontano da me ogni idea di “quote rosa”. Condivido la Presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc quando afferma che “le donne rappresentano una voce antica e sempre nuova ed il nuovo fa paura! ma la presenza della donna è una spinta a tornare all’origine della comunità cristiana. Sono fermamente convinto della preziosità reale del contributo che la donna, con le sue tante potenzialità, può dare alla dinamicità di un cammino che ha bisogno di seguire le strade del mondo sotto lo sguardo di Maria”. Anche il nostro Presidente della Repubblica in occasione della giornata della donna, l’8 marzo scorso, ci ricordava che “la parità di genere non è soltanto una questione economica o sociale, ma una grande questione culturale ed educativa. Rispetto significa anzitutto riconoscere all’altra persona, con le sue specificità, la stessa identica dignità che ognuno riconosce a sé stesso, con eguale capacità ed eguali diritti. Educare al rispetto significa fare crescere una piena consapevolezza”. Per questo motivo proporrò a breve il nome dell’avv. Ilaria Signori nel Consiglio di Presidenza e quello di Maria Michela Acampora come Segretario del Consiglio Nazionale. Riprendendo il discorso, ed avviandomi alla conclusione, così strutturati saremo sicuramente in grado di affrontare le urgenze del momento, dall’assistenza dei malati, alla cura degli anziani, all’assistenza dei poveri, degli ultimi, alle fragilità che colpiscono anche i più giovani in questa fase di post pandemia. Trovo così profetico l’impegno che ci siamo assunti con il progetto Hope, con le case del Noi, gli empori solidali e altre belle ed importanti iniziative di carità che ho potuto apprezzare.  Servizio e testimonianza devono essere i cardini di riferimento del nostro agire, ispirati anche dall’esempio di testimoni laici illuminati. Giorgio la Pira, uomo di Fede, sosteneva che “il dovere assoluto di un credente è quello di renderci utili secondo il disegno della Provvidenza, che conosce strade misteriose”. La Pira è stato anche un uomo di Speranza, un esempio per tutti coloro che operano nel sociale e per il bene della collettività. Il suo profondo impegno di cattolico si esprimeva nello spirito di servizio e nella capacità di ascolto. La sua lungimiranza ricorda a tutti “come i titoli e le cariche siano un prezioso strumento di servizio e non un mezzo per il proseguimento d’interessi personali”. Uomini e donne, dunque, capaci di rappresentare al meglio lo spirito delle Misericordie, capaci di essere testimoni di verità, pronti all’ascolto di chi ci chiede aiuto, di chi ha bisogno di essere sostenuto ed incoraggiato nel suo cammino quotidiano. Termino con un particolare ringraziamento a chi ha lavorato per la riuscita di questo prima assemblea di tutti noi. I nostri colleghi, i nostri collaboratori, i dipendenti della Confederazione svolgono un grande servizio per il bene collettivo, a volte – anche nel recente passato – assumendosi, giocoforza e per svariati circostanze, responsabilità che non competevano loro. Si tratta di armonizzare il servizio cui ognuno di noi è chiamato a svolgere, laddove chi governa e che svolge funzioni più esecutive operino in un sereno confronto frutto di dialogo, condivisione di esperienze, rispetto delle proprie competenze evitando, da una parte o dall’altra, di assumere iniziative non proprie. Così – e concludendo – credo che dobbiamo fare nostre le parole che il Santo Padre, per il tramite del Suo Segretario di Stato – Card. Pietro Parolin – ci ha benignamente inviato in questa particolare occasione, rinnovando il vivo apprezzamento per la generosa e preziosa opera svolta ed esortandoci a promuovere – soprattutto in questo periodo dolorosamente segnato dalla pandemia e dal disagio economico – la cultura della carità ed un’autentica quanto disinteressata solidarietà, proseguendo nel quotidiano impegno di sensibilizzazione al rispetto di ogni vita umana, auspicando rinnovati propositi di concordia, per adempiere sempre meglio, in spirito di fraterna unità, alla vocazione evangelica al servizio. Che, davvero Iddio, ci renda merito se riusciremo a fare una piccola cosa per i più piccoli, gli indifesi, i poveri, gli emarginati, i sofferenti, i defunti. Grazie