Un macigno sulla società post-moderna. La cultura dello scarto

Ufficialmente la tratta degli schiavi non esiste più dal 23 febbraio 1807 quando fu cancellata a larga maggioranza (cento voti contro trentasei) dal parlamento inglese, cuore della super potenza coloniale dell’epoca. In realtà la schiavitù esiste ancora

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La cultura dello scarto degrada la persona da fine a mezzo. Nell’enciclica “Fratelli tutti” del 2020, Francesco grida a gran voce contro “lo scarto mondiale”, descritto al numero 18. “Le persone– spiega il Pontefice- non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili. Se ‘non servono ancora’, come i nascituri, o ‘non servono più’, come gli anziani. Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco. Così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani”. E in diverse occasioni, dal 2013 ad oggi, Jorge Mario Bergoglio ha richiamato alla tutela della vita per debellare la “cultura dello scarto”. Deplorando pertanto un presunto “diritto all’aborto”. In quanto “nessuno può vantare diritti sulla vita di un altro essere umano. Specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa”. La tratta rientra nell’orrore della cultura dello scarto.

Al band

“Ho un sogno che mi accompagna di notte lungo le strade della prostituzione. Ed è quello di vedere, finalmente, effettivamente abolita la schiavitù- afferma don Aldo Buonaiuto nel suo libro-inchiesta “Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada” (Rubbettino con una prefazione di papa Francesco)-. Certo, ufficialmente la tratta degli schiavi non esiste più dal 23 febbraio 1807 quando fu cancellata a larga maggioranza (cento voti contro trentasei) dal parlamento inglese. Cuore della super potenza coloniale dell’epoca. Tutti sappiamo poi che alla fine del XIX secolo un po’ tutti i Paesi del mondo hanno messo al bando l’asservimento degli esseri umani. In realtà basta raffrontare la pratica con la teoria per accorgersi che non è così“. Prosegue il sacerdote di frontiera della Comunità Papa Giovanni XXIII: “Sui marciapiedi delle nostre città sembra scolpita una condanna antropologica. Quella di trasformare la sopraffazione in una modalità di relazione sociale. Le donne crocifisse rispecchiano tragicamente l’umana deriva dell’acquisto, dello sfruttamento, dell’appropriazione indebita di altri esseri umani. È come se l’uomo non sapesse evolvere verso una fattuale, intangibile parità di dignità. C’è sempre bisogno psicologicamente, strutturalmente, di qualcuno da sottomettere“.

Schiavitù

“Le vittime della prostituzione coatta sono le moderne schiave. E finché non saranno liberate non potrà essere dichiarata la concreta, effettiva abolizione della schiavitù- sottolinea don Buonaiuto-. Ci sono altre odiose forme di asservimento che hanno sempre come bersaglio le persone più fragili e indifese. Ma la tratta del mercimonio coatto ha questa peculiarità. Si distrugge la libertà di un individuo per farne uno strumento dei propri istinti più primordiali, eticamente riprovevoli, socialmente distruttivi”. Il costo personale e collettivo della tratta grava come un macigno sulla nostra civiltà cosiddetta post-moderna. Ma sempre agganciata alla zavorra di condotte violentemente primitive. “Il mio sogno si articola, come accade talvolta, nelle prospettive divenute fondamento esistenziale, in una seconda componente- puntualizza il sacerdote anti-tratta-. Mai più vorrei vedere persone in vendita. Per nessun motivo, con nessun pretesto, per nessuna ragione al mondo. Al contrario nella società odierna dilaga sotto traccia la tentazione strisciante di attribuire un prezzo a qualunque condizione, situazione, circostanza“.

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Foto: Daniele Calisesi

Atto di gratuità

Lo dicono esplicitamente i più spregiudicati broker finanziari di Wall Street: “ognuno ha il cartellino come le merci”. Ma se tutti hanno un costo, nessuno ha valore. “Deve esserci, o almeno dobbiamo sforzarci di fare in modo che sia così, una sfera infrangibile di decoro personale, di salvaguardia collettiva del patrimonio morale di ciascun individuo, di orgogliosa difesa del bene comune superiore della vita- osserva don Buonaiuto-. Siamo stati creati per un atto di gratuita bontà divina. E dobbiamo mantenere la nostra integrità al di fuori del ‘mercato’, del mercimonio, del tornaconto senza scrupoli. L’esistenza umana non ha prezzo. E quindi anche vendere il corpo non potrà mai essere considerato un lavoro. Così come acquistare sesso non sarà mai paragonabile al libero e autodeterminato atto di fare l’amore”. Comprare il “tempio dello spirito” come per le Scritture è la parte fisica dell’individuo, è un peccato agli occhi di Dio. E deve essere ovunque un crimine per la legge dell’uomo. Per luoghi di prostituzione non vanno intesi soltanto i viali oscuri delle nostre periferie. Bensì tutte le “location” reali e virtuali che calpestano la dignità dell’essere umano. Appartamenti-alcove, night, finti centri benessere, chat room in rete, alberghi e case a luci rosse. Alcuni sindacati sensibili alla blasfema strumentalizzazione del termine “lavoro”, come per esempio la Cisl, hanno dato prova di una solidarietà concreta nei confronti delle vittime della tratta. Impedendo che nell’immaginario collettivo passasse l’idea che vendere carne umana si configuri come un normalissimo impiego da regolamentare, sottoporre a tassazione. E inserire tra i proventi del Pil nazionale. scarto

Appello

“Una ferita culturale e sociale come quella di legittimare, addirittura legalizzandola, la prostituzione, è il peggior lascito etico e morale che possiamo tramandare alle nuove generazioni– sostiene don Buonaiuto-. Non è un caso, e lascia ben sperare per il futuro, che nella laicissima Olanda siano propri i giovanissimi a protestare per le donne crocifisse che vengono esposte nelle vetrine dei negozi come manichini a disposizione dei passanti. E ciò in nome di una malintesa concezione di libertà che diviene schiavitù. La terza parte del mio sogno completa e rivoluziona tutto ciò che ho fin qui raccontato. Da prete di periferia, ma anche da cittadino del mondo, imploro i potenti della Terra di rendere giustizia a queste donne che sono state inchiodate alla croce dell’indifferenza, della complicità, della crudeltà, del “male minore”. Reggere rettamente le sorti dei popoli significa appellarsi alle loro pulsioni più elevate e nobili, non assecondarne gli istinti peggiori“. Aggiunge l’autore di “Donne crocifisse”: “Mi chiedo da confessore, quanti governanti si rendano autenticamente conto che quelle ragazze seminude in strade hanno la stessa età e gli stessi diritti di quelle figlie e nipoti che loro accudiscono con totale, principesca dedizione. Per una volta, e sarebbe davvero un gesto rivoluzionario, siano loro, come hanno fatto i Papi, a inginocchiarsi ai piedi delle croci viventi che nelle vene hanno lo stesso sangue di sacra dignità ma che hanno avuto l’infausta sorte di nascere, crescere, vivere senza la libertà, la verità, la condivisione che realmente ci rendono umani“. scarto

No allo scarto

Scartare significa negare dignità, calpestare l’umanità insita in ogni individuo. “Mi sia consentita una postilla conclusiva del sogno – conclude don Buonaiuto-. Vorrei che tutte le organizzazioni che a livello mondiale si battono contro la tratta, si ritrovassero sulla richiesta di una moratoria internazionale che, come è accaduto per la pena di morte, metta immediatamente fuori legge, in qualunque forma e sotto qualsiasi mascheramento, l’acquisto di esseri umani, relazioni affettive, accondiscendenze nei confronti del più turpe dei traffici. Magari resterà il sogno di un ingenuo. Ma le vere rivoluzioni, come insegnano tre millenni di ‘visioni utopiche’, sono come un granello di neve in montagna. Possono dare origine ad una valanga”.