Boccia (Federmanager Academy): “Ecco le caratteristiche del sustainability manager”

L’intervista di Interris.it sulla figura del manager della sostenibilità a Francesca Boccia, membro del cda di Federmanager Academy

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Figura chiave per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e realizzare la transizione ecologica, per cui vengono nel Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano vengono  stanziati oltre 70 miliardi di euro (37,5% del totale), è il manager della sostenibilità, la figura professionale atta a delineare le strategie di aziende, imprese e pubbliche amministrazioni in base ai criteri Esg (environmental, social, governance). A ulteriore conferma di questa tendenza, il dato che secondo il rapporto “Alte competenze per un futuro sostenibile” dell’Osservatorio 4.manager tra il 2023 e il 2026 sia le imprese sia la pubblica amministrazione avranno bisogno di quattro milioni di lavoratori con competenze “green” di medio e alto livello. Per capire meglio quali caratteristiche ha e di cosa si occupa il sustainability manager, Interris.it ha intervistato Francesca Boccia, consulente esperta di tematiche esg, membro del cda di Federmanager Academy e componente del consiglio direttivo Federmanager Milano.

L’intervista

Chi è il manager della sostenibilità?

“Questa figura ha il compito, in ambito bancario e finanziario, di supportare i consigli di amministrazione nella definizione delle strategie di sostenibilità, con competenze quantitative in ambito di direttive e regolamenti europei e internazionali per l’attività di reporting. ‘Nata’ nel mondo bancario-finanziario, l’esigenze di tale figura si è estesa anche al mondo delle imprese, spinte dalla necessità di riorganizzare e declinare le proprie attività secondo i criteri esg”.

Ci spiega in cosa consistono questi criteri?

“A livello internazionale la sostenibilità si declina in tre scenari: ambientale, sociale e gestionale. Attualmente, in Europa, ci si è concentrati principalmente sulla dimensione ambientale, la più scientifica, che presenta caratteristiche più facilmente misurabili come ad esempio il livello delle emissioni, che può essere compensato da parte delle aziende con l’acquisto di titoli ‘verdi’. In aggiunta, dal gennaio di quest’anno una nuova direttiva europea obbliga banche e imprese a produrre nuovo reporting di tipo esg. La dimensione sociale attiene a temi come ‘diversity & inclusion’, mentre la governance consiste nella strategia di business sostenuta con un forte commitment da parte degli organi decisionali. Tutto ciò implica che la figura del sustainability manager sia sfaccettata, con un forte backgound tecnico accompagnato da un approccio empatico per capire come delineare le dimensioni ambientale e sociale e le prospettive al cda”.

Quali sono oggi percorsi formativi per preparare i manager della sostenibilità?

“Da cinque anni a questa parte l’offerta accademica è aumentata. Oggi le università offrono molti percorsi differenziati, le facoltà di economia forniscono gli strumenti quantitativi, come la capacità di analisi dell’impatto delle scelte a livello di economia politica e monetaria, i politecnici che formano innovatori in termini di prodotti e servizi. In più c’è anche la sfera comunicativa e per questo ci sono le facoltà di scienze della comunicazione e psicologia. Le università riescono a preparare sulle materie di base, poi serve tantissimo lavoro sul campo”.

Il sistema-Paese Italia è recettivo verso queste figure?

“L’Italia è tra i Paesi più avanzati per la preparazione di queste figure, ma indietro dal punto di vista delle regolamentazioni locali. In Italia facciamo davvero economia della sostenibilità, abbiamo una capacità di visione che ci aiuta a fare la differenza, per esempio siamo tra i primi innovatori sulle soluzioni a idrogeno – come gli autobus a idrogeno. Personalmente credo nella forza della communities per spingere tutte le realtà nella stessa direzione”.