Autolesionismo, una piaga giovanile: “Ed è solo la punta dell’iceberg”

Un indice del disagio giovanile sempre più marcato. Interris.it ne ha parlato con la dottoressa Maria Pontillo, psicologa e psicoterapeuta dell’équipe di neuropsichiatria del Bambino Gesù

adolescenti

Ragazzini tra i 12 e i 18 anni che arrivano con tagli, bruciature, un’assunzione smodata di farmaci e altri atti di autolesionismo inflitti sul proprio corpo che a volte si tramutano in veri e propri tentativi di suicidio. I dati raccolti semestralmente dell’osservatorio dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù indicano un aumento degli accessi al pronto soccorso con richiesta di consultazione di visiti neuropsichiatrica urgente. Dall’inizio della pandemia i casi sono aumentati di circa il 30%, è quindi evidente la correlazione con gli effetti dell’isolamento e della mancanza di socialità, di condivisione emotiva con i coetanei e attività fisica.

L’esplosione del disagio giovanile

Per capire meglio questa esplosione del disagio giovanile Interris.it ha parlato con la dott.ssa Maria Pontillo, psicologa e psicoterapeuta dell’équipe di neuropsichiatria del Bambino Gesù, al quale ha messo subito in guardia rispetto ai sintomi che manifestano i soggetti a rischio: “In questi ragazzi abbiamo osservato alti livelli di irritabilità e aggressività, sbalzi di umore, dormono molto poco ma soprattutto passano gran parte del tempo davanti i dispositivi elettronici, una fruizione del web, dei social e dei videogiochi che in termini di tempo è aumentata di circa il 67% con una media di almeno quattro ore al giorno davanti ad uno schermo”.

Dipendenza dal web

Come primo campanello di allarme si ripropone quindi l’ormai annoso tema della dipendenza dal web e dal mondo digitale che, secondo Pontillo ha acuito delle vulnerabilità già preesistenti che hanno sviluppato delle dipendenze patologiche da uso di internet. Molti gli elementi di rischio che scaturiscono da questi comportamenti. “Si va dall’accesso di contenuti con una sessualità alterata a siti che incitano all’autolesionismo o all’anoressia – spiga la psicoterapeuta – ad esempio le ragazze confrontano la circonferenza di alcune parti del loro corpo, ingaggiando una gara a chi è più magra”.

Uno stimolo in internet

Sulle cause l’équipe di neuropsichiatria del Bambino Gesù non ha dubbi: “La mancanza di stimoli sociali e affettivi porta a ricercare stimoli su internet, che diventa una finestra sul mondo”. In pratica il 50% di coloro che erano già depressi hanno registrato peggioramento della loro condizione ed si è registrato un aumento dei disturbi anche in ragazzi che non avevano mai avuto problemi. Per l’Ospedale tutto questo si è tramutato in un aumento delle visiti psichiatriche e dei ragazzi che vi accedono.

Come avviene l’autolesionismo

C’è stata riduzione degli stimoli sociali e cognitivi – prosegue la dott.ssa Pontillo – la scuola, gli amici, l’attività sportiva. I ragazzi hanno disinvestito sulla parte della formazione infatti molti hanno persino rinunciato a collegarsi alla didattica a distanza”. Tutto questo disagio sfocia in alcuni casi in gravi atti di autolesionismo: “L’attacco al proprio corpo avviene a livello delle braccia e della gambe, ma molto spesso questi segni sono solo la punta di un iceberg, ovvero di un disturbo depressivo di fondo”. Per i minori di 12 anni non vanno invece sottovalutati segnali di altro tipo, in particolare le difficoltà di sonno e nell’alimentazione, nonché la regressione nell’autonomia in cui prevale l’ansia e la paura.

L’ago della bilancia

La dott.ssa Maria Pontillo sottolinea che, esattamente come accadeva prima della pandemia, non c’è una differenza di classe sociale nei soggetti osservati, il fenomeno può essere definito interclassista anche se alcune spunti sicuramente vanno esplicitati: “Sicuramente potrebbe valere il discorso che se hai fatto lockdown in una casa più comoda e con tutti i servizi sei meno soggetto a stimoli ambientali negativi, ma più importante di questo è ricevere una serie di stimoli positivi dalle persone che hai interno, dalla tua famiglia”. “L’ago della bilancia è la coesione sociale – prosegue – una famiglia unita e coesa sicuramente è supportiva ma la presenza di problemi famigliari non è l’unica causa, il disturbo psichiatrico è un mix di fattori genetici e ambientali e la pandemia è un fattore di trauma collettivo”.

Routine essenziale

Come prevenire allora situazioni di malessere psicologico? La psicoterapeuta del Bambin Gesù esorta i genitori ad aiutare i ragazzi a tenere una routine quotidiana che sia simile a quella pre-pandemia: sveglia quotidiana, dad, concedersi attività ludiche, vedersi in sicurezza con gli amici, limitare il tempo sui dispositivi elettronici e la smodata ricerca di informazioni che l’adolescente fa su internet. I genitori sono chiamati a filtrate il più possibile le informazioni.

“Alcuni adolescenti hanno idee più catastrofiche della realtà, sono terrorizzati, bisogna cercare di rassicurali. Monitorate questi segnali, come mangiano, come dormono e qualsiasi cambiamento comportamentale”. Infine la dott.ssa Pontillo auspica un celere ritorno alla normalità nell’erogazione delle prestazioni in tutte le strutture sanitarie: “Molti ragazzi che hanno chiesto il nostro aiuto hanno subito l’interruzione del percorso terapeutico che stavano portando avanti in altri ospedali”.