Ardemagni (Ispi): “Nel mar Rosso si intersecano due conflitti”

L’intervista di Interris.it a Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata dell’Area Medio Oriente e Nord Africa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi)

Foto di 652234 da Pixabay

Le ultime notizie dal mar Rosso parlano di lanci di missili e di sospensione di spedizioni commerciali in quel tratto marittimo tra la penisola araba e il continente africano. Dopo il 7 ottobre, con lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas a Gaza, i ribelli yemeniti Houthi, dichiarandosi dalla parte dei palestinesi, hanno iniziato a colpire con razzi e droni le navi mercantili in transito, dando vita a un conflitto a bassa intensità. Gli Stati Uniti hanno lanciato l’operazione navale Prosperity Guardian, a cui partecipano Paesi come Gran Bretagna e Grecia, ma non Italia, Francia e Spagna, e più di recente Washington e Londra hanno risposto alle azioni degli Houthi con raid sulle città dello Yemen. Questa situazione ha già cominciato a farsi sentire a livello commerciale, con il crollo del traffico che passa per il canale di Suez che ha allungato i tempi di percorrenza fino a tre settimane.

Lancio di missili

Prosegue lo scambio di colpi da una parte e dall’altra. Ultima in ordine di tempo, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters sul suo sito citando due funzionari statunitensi, la notizia di un nuovo attacco dell’esercito americano contro quattro missili balistici antinave Houthi. Secondo una delle due fonti, i missili colpiti erano pronti ad attaccare le navi nella regione. In precedenza l’agenzia di stampa greca Ana-mpa aveva informato che una nave cargo partita dal Vietnam alla volta di Israele è stata colpita mentre si trovava a 76 miglia nautiche a nord-ovest del porto yemenita di Saleef. I danni non avrebbero pregiudicato la navigabilità del natante e i 24 membri dell’equipaggio, secondo quanto ha riportato un portavoce della compagnia proprietaria della nave, citata da Ana-mpa, sono in buone condizioni. Gli Houthi hanno rivendicato l’attacco.

Stop ai traffici

Il “trattamento” riservato ai mercantili in quel tratto di mare spaventa gli attori del commercio globale, intimoriti dal rischio di un’escalation che può mettere a repentaglio gli scambi. Secondo quanto riporta Bloomberg, il Qatar avrebbe sospeso l’invio delle navi cisterna che trasportano gas naturale liquefatto attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb, con almeno cinque navi ferme dallo scorso venerdì. Il colosso petrolifero britannico Shell avrebbe invece sospeso a tempo indeterminato le spedizioni in quell’area, in base a quanto riferisce il Wall Street Journal, citando fonti informate.

L’intervista

Per comprendere la portata della crisi nel mar Rosso e i suoi possibili effetti, Interris.it ha intervistato Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata dell’Area Medio Oriente e Nord Africa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).

Cosa succede nel mar Rosso?

“Si intersecano due conflitti, quello in Yemen – dove la tregua nazionale è peraltro scaduta – e quello a Gaza, con l’intervento dell’esercito israeliano a seguito agli attacchi del 7 ottobre da parte di Hamas. Gli houthi usano questi attacchi con missili e droni come strumento di pressione per guadagnare una posizione favorevole sul tavolo dei negoziati con l’Arabia Saudita, per raccogliere consenso interno e per accrescere il proprio profilo regionale tra gli attori filoiraniani, facendo leva su un sentimento anti-statunitense e anti-israeliano”.

I raid di Usa e Gran Bretagna hanno ottenuto come risultato quello di indebolire i ribelli yemeniti?

“Non possiamo avere ancora una valutazione precisa dell’attacco angloamericano sulle capacità offensive degli Houthi, ma è probabile che né questo raid mirato così come la missione navale frenino le loro attività. Gli Houthi già si muovono in un contesto di guerra e questo li distingue da altri attori non statali armati legati all’Iran, come ad esempio Hezbollah: hanno meno da perdere nel partecipare a uno scontro ed è probabile che continuino i loro attacchi per raggiungere i loro obiettivi, il consenso interno e il rafforzamento sul piano regionale”.

Qual è la posizione dell’Unione europea di fronte a questa situazione?

“Al momento c’è grande frammentazione a livello dell’Ue, che non ha una posizione netta nei confronti di questa crisi. Tutti i Paesi europei e i maggiori player internazionali hanno interesse a ripristinare la sicurezza e la libertà di navigazione nel mar Rosso, ma all’obiettivo comune finora non corrisponde una condivisione di strategie. E’ probabile che si assista a un’ulteriore discussione, tra gli Stati Ue, per decidere se e come dar vita a una missione navale”.

C’è il rischio che si apra un altro fronte di guerra?

“Oggi assistiamo a un conflitto a bassa intensità e la priorità soprattutto dell’Ue è evitare di essere coinvolta nell’arena di uno scontro diretto. Mi sembra che tutti gli attori vogliano evitare un’escalation che porti la situazione a un punto irrecuperabile, allo stesso tempo vogliono mettere in chiaro che la libertà di navigazione non è negoziabile”.

Che impatto possono avere queste tensioni sul commercio mondiale?

“Il transito commerciale nel mar Rosso è già sceso in maniera consistente, il fattore tempo sarà decisivo per capire le ripercussioni di medio e lungo periodo sul commercio e sull’economia internazionale. Tutto dipenderà da quanto continuerà la crisi, dalle decisioni di Usa, Gran Bretagna e Ue e da come gli Houhti sceglieranno di comportarsi nelle prossime settimane”.