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In politica serve coerenza con la fede professata

Non esiste il «dogma» dell’unità politica dei cattolici, ma in democrazia esiste la regola procedurale del principio di maggioranza. Ciò induce ad allearsi, specie con riferimento ai grandi beni-valori del vivere sociale e civile, affinché possano essere inscritti nelle leggi e nelle istituzioni. Per cambiare le cose e risolvere i grandi problemi della povertà, della disoccupazione, della fame, delle guerre, delle devastazioni del pianeta, non bastano i piani assistenziali, la semplice testimonianza individuale. Occorrono nuove leggi e nuove politiche, le quali possono essere varate solo mediante maggioranze espresse nei parlamenti.

Papa Francesco nella Esortazione apostolica “Evangelii gaudium” evidenzia che “la necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi”. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali dell’inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali. sottolinea il Pontefice.

Perciò l’impegno politico dei cattolici si attua come risposta ad una vocazione umana e cristiana alla politica, per servire il bene comune, per dare risposte coerenti e durature alle attese dei cittadini, vivendo, giorno dopo giorno, quell’amore pieno di verità, «caritas in veritate», che Cristo dona ad ogni credente tramite il suo Spirito. L’azione politica del cristiano, in quanto azione di un credente, deve soddisfare alcune esigenze fondamentali, tra le quali possiamo enumerare: l’amore cristiano; la coerenza con la fede professata; il rigore morale; la capacità di discernere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il necessario dal superfluo; un’esistenza virtuosa; la capacità di esprimere un giudizio culturale in sintonia con la tradizione e le sue fonti; la competenza professionale; e, non ultima, la «passione» per il bene comune.

Ma il credente, che desidera dedicarsi al servizio del bene comune, nella politica e suo mediante, non può ignorare che questo esige la canalizzazione di correnti di opinione, al fine di convogliarle nelle istituzioni pubbliche, di promuovere norme e, possibilmente, di governare o partecipare ai governi in accordo con esse. Se l’appartenenza e il senso di comunione ecclesiale risultano capitali per l’impegno sociale e politico dei cristiani, è importante tenere presenti luoghi e tempi per il loro accompagnamento, per l’alimentazione della loro fede, per il discernimento dei loro impegni e delle loro scelte, per sostenere la loro “buona battaglia”. Una rinnovata, esigente e coerente presenza dei cattolici nella vita pubblica non può infatti ridursi ai loro concreti impegni politici. Una via da percorrere previamente è senz’altro la formazione delle loro guide spirituali, ossia i vescovi e i sacerdoti, i formatori sociali, assieme alla rinascita – su basi nuove, adatte ai tempi, alle mille città del nostro Paese, e capaci di rete – delle scuole di formazione sociopolitiche imperniate sulla Dottrina o Insegnamento sociale della Chiesa.

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