La dignità negata

italo_dangeloThailandia, sinonimo di luoghi meravigliosi, misticismo, ricerca della divinità; ma anche di tanta miseria umana. Passeggiando per le vie di Bangkok o di Phuket si vedono i nostri connazionali, con il volto segnato dall’età, accompagnati a ragazzine. Uno spettacolo indecente, che mi ha fatto spesso pensare alla lotta che la Comunità di don Benzi porta avanti recuperando le tante vittime della prostituzione e gridando alle istituzioni che se ci fosse le volontà questo dramma si potrebbe debellare.

In questi giorni ho compreso la loro insistenza nel chiedere di fermare la domanda. Come si può pensare che la prostituzione possa essere tollerata in uno Stato che vuole essere considerato civile? Mi trovo in Asia con mia moglie, per un viaggio familiare dopo anni di onorato lavoro al servizio dello Stato, e osservo. Qui alcuni mesi fa c’è stato un Golpe militare e il Governo provvisorio ha emesso, tra l’altro, un decreto che impone che sulle spiagge non debbano esserci ombrelloni e sdraio: il principio è che tutti devono essere eguali nella loro dignità. Il risultato è spiagge senza controlli, quindi cartacce, sporco di ogni genere e topi che, di notte, razzolano sotto le palme in cerca di rifiuti appetibili.

E se persino per gli arenili si invoca dignità e uguaglianza, ciò non vieta l’esistenza di bordelli a cielo aperto e, si consente a vecchi lascivi di accompagnarsi a ragazzine che potrebbero essere, forse, loro nipoti. Faranno rientro in Italia raccontando le loro storie squallide ad altri disperati che magari impegneranno parte della loro pensione per organizzare il viaggio dell'”ultima spiaggia “. Il mercimonio è evidente, la sofferenza anche. Eppure c’è chi vorrebbe istituzionalizzare il dolore, metterlo a frutto economicamente, in qualche modo diventare gestore – riscuotendo le tasse – della schiavitù del sesso. Ci sono persino proposte di disegni di legge in questo senso; prostituzione come lavoro, dunque. Ma questi politici manderebbero le loro figlie a fare questo “lavoro”?

Quando sento parlare di case chiuse in Italia penso inevitabilmente anche a queste ragazze dal volto triste, alcune apparentemente sfacciate che tuttavia si emozionano alla minima gentilezza. Mi ha colpito una chiesetta cattolica in uno sperduto villaggio, chiamato “il Villaggio delle donne giraffa”, dove le ragazzine da bimbe vengono, tramite anelli gradatamente fissati al collo, obbligate a tenere alto il volto che ti fissa con una dolce dignità. Mentre passavo vicino alle capanne e mi commuovevo davanti a tanta povertà – facilmente comprabile con un po’ di denaro – dentro di me, mi sono chiesto: “Signore! Dove sei?”. Mi è apparsa un’anziana, con un crocifisso al collo; ho sentito il bisogno di aiutarla. Ma ho ricordato le parole di don Oreste: “Italo, non fare mai la carità senza una carezza”. Allora prima l’ho accarezzata al viso, lei mi ha guardato e ci siamo messi a piangere.