La buona scuola non si fa con gli spot

bonanniSulla scuola il governo ha proposto una riforma che assomiglia a una controriforma, un modo per rovinare quei pezzi che funzionano ancora, come il settore delle elementari. Ci vorrebbe un piano industriale vero e proprio con l’obiettivo di dare più istruzione rispetto ai bisogni della società, del mondo civile e industriale, del futuro lavoro; la “macchina-scuola” si dovrebbe adeguare a questa esigenza formativa, perché la vera rivoluzione sarebbe correlare l’istruzione alla missione economica dell’Italia.

Troppe volte si sentono proposte avulse dalla realtà: un Paese che è interamente manifatturiero, che ha presidi importanti nel turismo e nell’agricoltura, vede infatti questi settori quasi completamente ignorati dall’organizzazione dell’istruzione.

Certo, la Cultura con la C maiuscola è importante. Ma quei cromosomi sono nel profondo del dna di ogni italiano, nessuno ce li toglierà mai. La respiriamo anche se facciamo di tutto per non farlo; siamo l’archetipo di un patrimonio di conoscenze tra le più importanti e sedimentate nel mondo. Esiste certamente un problema di organizzarsi meglio anche su questo, ma oggi c’è l’impellenza di correlare l’insegnamento alla vocazione della nazione.

E per farlo non bastano gli annunci. Bisogna aprire una forte discussione politica e sociale, che non mi pare ci sia. Non possiamo continuamente ascoltare proposte, magari anche illuminate, che però sono destinate a scivolare nel nulla perché quando non c’è né consenso, né coinvolgimento né discussione profonda, anche le migliori intenzioni sono improduttive.

Quando si dice che la scuola ha troppe vacanze, che bisogna stare di più nelle aule – il che vale per i ragazzi come per gli insegnanti – la domanda vera da farsi per la quale non si ha immediata risposta è: cosa dovrebbero fare in quei mesi in più?

Se ci fosse una forte accelerazione rispetto all’aggiornamento dei docenti, al sostegno anche materiale da dare loro, allora diventerebbe un servizio utile; altrimenti resta l’ennesima boutade per strappare applausi con un velenoso sottofondo negativo rispetto alla figura sempre più bistrattata degli insegnanti; perché se si dipingono come privilegiati non si fa un buon servizio alla cultura italiana e si contribuisce a creare l’ennesimo muro tra categorie.

Dunque il ministro del lavoro dovrebbe dire anche come ha intenzione di attivarsi, cosa ha già organizzato per favorire stage, tirocini e quant’altro possa diventare un valore aggiunto per quelle settimane in più di scuola. Il governo ha un’idea su questo? Perché avercela significherebbe aver parlato con le imprese, con le istituzioni pubbliche… Chiunque è capace di dire “aboliamo tre mesi di ferie”, ma è una rappresentazione sbagliata del problema scuola. Il punto non sono i giorni in più o in meno, ma cosa si farà nel tempo recuperato… E tuttavia la sola proposta ancora non basterebbe, perché bisogna coinvolgere insegnanti, genitori cittadini, associazioni… Ma il governo questo non lo vuole fare.