Appello a Mattarella

Le elezioni sono divenute una farsa, e da tempo: anche durante le dittature del Novecento, di qualunque colore, le elezioni si tenevano regolarmente, ma i risultati erano prevedibili e comunque la scelta si doveva orientare soltanto fra i nomi imposti. È quanto accade anche ora, con buona pace del diritto alla libertà del voto sancito categoricamente dalla Costituzione e recepito nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 13 gennaio 2014 in cui è testualmente scritto che “Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978)”.

Nonostante la chiarezza delle espressioni utilizzate e l’assoluta insindacabilità ed autorità dell’organo che le ha pronunciate – scelto dai costituenti per l’effettiva osservanza delle disposizioni sancite al momento della nascita dello Stato – non si va oltre un gran parlare, promesse, distinguo, scuse, banali scuse per non ottemperare a quanto esplicitamente sancito approfittando, disonestamente e scandalosamente, della saggezza dei giudici costituzionali che, doverosamente, si sono posti il problema della validità temporale degli organi eletti, al fine di non paralizzare del tutto il funzionamento dello Stato; ad oltre un anno di distanza, pur in presenza di un monito così imperioso e delle sollecitazioni del Presidente della Repubblica, non si è ancora data la parola agli elettori con le regole che la Corte ha convalidato ma si patteggia per tentare di riproporre ancora quelle dichiarate invalide, sotto un’apparente forma diversa, al solo scopo di mantenere, senza ritegno alcuno, i privilegi acquisiti.

Uno di quei giudici costituzionali è assurto fortunatamente, da un po’, all’onere di Capo dello Stato, cui è demandato il potere di restituire il voto agli elettori: da più parti si auspica che, decorso il necessario tempo di adattamento, nel perdurante menefreghismo dei nominati all’osservanza della legge fondamentale dello Stato, intervenga autorevolmente ed autoritariamente per ripristinare le regole violate; forse, in quel caso, il primo partito oggi in Italia, opportunamente individuato nell’astensione, ritornerebbe ad esprimersi rimettendo in moto la democrazia. In alternativa, dovremo subire ancora i tiranni, chissà ancora per quanto, confidando che non si finisca nel sangue.