May e l'incognita del terzo voto

Se dovesse sembrare che non ci sia un sostegno sufficiente per riportare l'accordo la prossima settimana, o che la Camera dei Comuni la respinga di nuovo, possiamo chiedere un'altra estensione prima del 12 aprileù ma ciò comporterà lo svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo”. Fa il punto della situazione la premier britannica Theresa May, e traccia lo schema che il governo britannico dovrà adottare qualora non si votasse (come quasi certo) per la terza volta. Nella nota diffusa dalla stessa premier, viene specificato che quella dello slittamento a breve era una delle quattro “scelte chiare” da lei delineate, insieme alla revoca dell'articolo 50 che, secondo lei, “tradirebbe il risultato del referendum”, lasciando senza accordo o ottenendo l'approvazione del suo accordo la prossima settimana.

La situazione

Tutto starà in cosa deciderà il Parlamento: se si andrà al voto numero tre, lo spiraglio per una Brexit in tempo (il che significa con il ritardo programmato al 22 maggio anziché al 29 marzo) ci potrebbe essere ma l'accordo (già bocciato due volte) dovrebbe passare e non sarebbe facile; se si optasse per un nulla di fatto, entro il 12 aprile il Parlamento dovrà elaborare un nuovo piano, farlo approvare e sottoporlo all'Unione europea, una delle suddette “quattro scelte chiare” in caso di terzo no o di non voto. Una situazione ingarbugliata che potrebbe essere risolta dalla stessa Theresa May, semplicemente glissando sul voto e andando direttamente al 22 maggio, con le elezioni europee viste come il male minore rispetto a un'eventuale, ennesima ridiscussione del suo piano di uscita.

Sfida dura

In un certo senso, la strategia di May è chiara: sgomberare le menti dalla possibilità del terzo voto e far concentrare tutti su un piano da zero. Andrà valutato, però, se il controllo delle operazioni resterà effettivamente nelle mani del governo o se, invece, la palla passerà al Parlamento. Del resto, considerando i due anni occorsi per ratificare un accordo, assemblare le parti e sottoporlo a Bruxelles (per poi farselo bocciare due volte ai Comuni), ipotizzare di rifare tutto e subito in due settimane appare quantomeno poco probabile.