Uno spreco insopportabile

Siamo abituati a misurare la ricchezza dal tipo di automobile che si utilizza, dai capi firmati, dagli acquisti elettronici. E con questo parametro dividiamo il mondo tra ricchi e poveri, spesso pensandoci nella seconda parte della classifica. Ma c’è un altro indicatore di ricchezza, che al tempo stesso è culturale, e che sovverte la classifica mettendo al centro il reale bisogno dell’uomo: il pane quotidiano.

Se ne parla poco, ma più di 8 miliardi di euro di cibo all’anno vengono gettati nella spazzatura solo in Italia. Emerge dal Rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo presentato da Andrea Segré, presidente di Last Minute Market, e dal presidente di SWG Maurizio Pessato. Dare valore al cibo, ristabilire l’importanza della sua qualità ci potrebbe forse far riscoprire e riapprezzare la nostra identità umana e sociale. Bisogna che tutti si impegnino – a iniziare dalle scuole per passare nelle famiglie – a combattere la perdita di questo valore, più che lo spreco in sé. E’ una lotta che, se vinta, porterà a restituire valore al cibo e alle relazioni. Su questo il rapporto 2014 è chiaro: se gettiamo nella spazzatura una confezione danneggiata lo facciamo perché è diversa. Noi rifiutiamo il diverso. Per migliorare dobbiamo invece lavorare in questa direzione: promuovere le relazioni umane attraverso i beni.

L’ultima analisi realizzata dalla FAO stima gli sprechi alimentari nel mondo in almeno 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, pari a circa un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano. Limitandosi agli sprechi domestici e utilizzando diverse fonti statistiche nazionali (che non sempre sono del tutto comparabili) risulta che all’anno ogni persona spreca: 110 kg di cibo commestibile negli Stati Uniti, 108 in Italia, 99 in Francia, 82 in Germania e 72 in Svezia. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, lo spreco alimentare si verifica soprattutto attraverso le perdite a monte della filiera.

C’è dunque un mondo che getta e un altro che non ha nemmeno la possibilità di raccogliere. E non parliamo solo del Terzo Mondo, ma anche di tutti gli ultimi, gli abbandonati che troviamo agli angoli delle nostre strade, i baraccati con intere famiglie. Questi nuovi poveri di ogni latitudine, emarginati dalla società che rifiuta loro anche un pezzo di pane, sono alla nostra portata. Se solo volessimo.