In ricordo di Giancarlo Siani, simbolo del giornalismo che non si piega

Oggi avrebbe 61 anni ed invece è morto che non ne aveva neanche trenta. Parliamo di Giancarlo Siani, un giovane giornalista che nei suoi anni universitari collaborava con diverse testate ed era un instancabile sostenitore della libertà di stampa. 

Lui si occupava principalmente di cronaca, che a Napoli e dintorni purtroppo vuol dire soprattutto cronaca nera e dunque camorra: al quotidiano Il Mattino faceva riferimento alla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Da bravo cronista approfondiva scrupolosamente le sue inchieste fino ad arrivare a scoprire come si muovevano i boss locali, fino a capire e descrivere gli affari illegali dei camorristi. 

La verità – lo sappiamo – può essere davvero molto scomoda e così il 23 settembre 1985, a 26 anni appena compiuti, Giancarlo Siani viene ucciso, sotto casa sua, mentre era ancora nella sua auto. Venne colpito 10 volte in testa dagli spari di due diverse pistole. Per catturare i suoi assassini ci son voluti 12 anni e tre pentiti. 

Giacarlo Siani paga il suo amore per la verità e la sua passione per la giustizia che lo portarono in particolare ad approfondire il sistema di appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980. A chi è capitato di visitare ancora oggi quelle zone capirà ancora più profondamente il senso di quelle inchieste giornalistiche e quanto fossero fondate. Parliamo infatti di una ricostruzione interminabile i cui esiti sono davanti gli occhi di tutti. 

Quello che colpisce di tutta questa drammatica storia è il prezzo pagato per aver fatto il proprio dovere: Giancarlo Siani voleva “solo” essere un bravo giornalista, non un eroe o un martire civile. Eppure le due cose sono coincise e questa è una vergogna per una democrazia.

Il suo assassinio è servito? Purtroppo solo in parte. Certamente ha motivato e ispirato generazioni intere di nuovi giornalisti e questo è un grandissimo merito, perchè, se si continua a cercare la verità, a credere che il giornalismo sia una missione oltre ad un mestiere, è anche merito di chi, come Giancarlo Siani, ha speso la sua vita per questo; ma non tutto è cambiato se ci sono ancora molti – troppi – giornalisti che vivono sotto scorta, minacciati per le loro inchieste. 

Ed ancora: “Mio fratello non ha aveva avuto il tempo di diventare professionista” ha detto una volta Paolo Siani. L’ordine dei giornalisti ha deciso di attribuirgli questo titolo, sebbene postumo. Un gesto di un forte valore simbolico e che ci ricorda un punto centrale della vita di ciascuno: il lusso del tempo. Il tempo è la principale opportunità che abbiamo per essere felici, per fare la differenza. Questo lusso è stato strappato a Giancarlo Siani che chissà quanti sogni nel cassetto aveva ancora da realizzare come giornalista, come uomo, come cittadino. E chissà quanto tempo sprechiamo noi in attesa qualcosa succeda. Anche per Giancarlo Siani e tutti quegli eroi silenziosi, non sempre ricordati come si dovrebbe, bisogna impegnarsi in ogni piccola-grande cosa che si fa, perchè tutto contribuisce alla Verità.