L’accoglienza secondo Francesco

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Accoglienza e fraternità come programma di pontificato. La partecipazione sabato del Papa all’incontro internazionale di Verona ha sintetizzato significati e linee guida della missione papale. Con parole e gesti, sta provando a sottrarre l’impegno sociale dell’Ecclesia alle narrazioni ideologiche. Per presentarlo sempre come terreno comune per le diverse sensibilità culturali e politiche, in modo da resistere a settarismi e a revisionismi. Da qui l’ascolto fatto di incontri con le frontiere fisiche e geografiche e con mondi altri che rappresentano le sfide contemporanee, con la ricerca costante del dialogo, con richiami ai movimenti ecclesiali ma anche ai pastori e ai vescovi. Un compito tutt’altro che concluso. Dalle diocesi arrivano incoraggianti segnali in questa direzione. Le Suore vincenziane, per esempio, si occupano dei servizi di accoglienza dei migranti: una testimonianza del Magistero di Francesco.

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“La rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero. Motivandola con la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo – afferma il Papa-. I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti”.  Sulle orme del Pontefice sarà la Congregazione Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli di Cagliari ad affiancare la prefettura di Oristano nel rafforzamento dei servizi offerti ai migranti. Ne dà notizia la stessa Prefettura annunciando che è stata approvata dal Fondo asilo, migrazione e integrazione (Fami) la graduatoria definitiva dei progetti, che l’ha vista tra i vincitori con una dotazione di 300mila euro. “Obiettivo del progetto – spiegano – è potenziare i servizi in campo migratorio, rafforzando la rete degli attori territoriali coinvolti e migliorando il processo di gestione del flusso dei migranti e la qualità dei servizi loro offerti, attraverso la partnership con un soggetto privato con una esperienza pregressa nella gestione di progetti rivolti ai migranti”. Il soggetto è dunque la Congregazione delle suore vincenziane di Cagliari

“Una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio- insegna Francesco-. L’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse. La vicinanza all’altro supera ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione, come ci insegna il ‘buon samaritano’ della parabola evangelica“.
L’opera della misericordia ha proprio questo scopo: riportare dentro tutti. dalla sua storia personale Jorge Mario Bergoglio ha imparato che i personalismi, le decisioni brusche e gli autoritarismi stancano e non portano lontano. Se n’è accorto quando, diventando vescovo, iniziò a lavorare con i poveri di Buenos Aires. Per questo le sue attenzioni sono prima alle persone che non alle strutture preposte. Non categorie sociologiche, ma luoghi dove essere Chiesa e far vivere il messaggio evangelico. “Se parla della donna è perché ha ascoltato realmente le donne di Plaza de Majo in Argentina – spiega il missionario scalabriniano padre Gaetano Saracino-. Se parla di periferie è perché la Settimana Santa, anche da vescovo, la celebrava nei barrios. Se parla di migranti è perché ha dovuto accogliere peruviani, boliviani e paraguayani giunti a Buenos Aires e finiti nel vortice della spaventosa crisi argentina del 2003″.
Questa è la chiesa nel mondo contemporaneo della Gaudium et Spes che papa Francesco promuove. Esplicito è il richiamo in alcune sue espressioni come quella di “vescovo e popolo” che in lui ha molta pregnanza. Perché parla da vescovo che ha servito solo due diocesi. Quella di Buenos Aires e quella di Roma. A papa Francesco non è appartenuta la dinamica molto poco chiara e teologicamente poco ispirata del cambio frequente di diocesi, da parte di alcuni vescovi. Pertanto questa ricerca continua del contatto fisico e verbale con le persone è l’espressione di una fedeltà ad una sposa avuta in dono. Ma rivela anche la convinzione di chi ha conosciuto l’efficacia di una Chiesa che si realizza tra popolo e vescovi ad Aperecida, dove i vescovi latinoamericani erano riuniti, mentre il popolo pregava. “L’inclusione si manifesta nello spalancare le braccia per accogliere senza escludere. Senza classificare in base alle condizioni sociali, alla lingua, alla razza, alla cultura, alla religione – sostiene il Pontefice-. Davanti a noi c’è solo una persona da amare come la ama Dio”. È a coloro che “tra noi vivono facendo più degli altri i conti con i propri limiti fisici o psichici, e con gli ostacoli posti ancora dalla società alla loro piena partecipazione”, che Francesco volge il pensiero nel video della Rete Mondiale di Preghiera. Il Papa chiede un cambio di mentalità e sguardo sottolineando il contributo che le “diverse abilità” di ciascuno possono offrire al benessere di tutti“. L’accoglienza come stile di vita.