Le principali misure della manovra. L’intervista all’economista Leonardo Becchetti

L’intervista di Interris.it all’economista e docente universitario Leonardo Becchetti sulle principali misure della legge di bilancio

Aiuti per alleviare il peso dei rincari in bolletta per le famiglie, pensioni, sorte del reddito di cittadinanza, taglio del cuneo fiscale. Sono queste alcune delle principali voci che compongono la prima legge di bilancio del governo presieduto da Giorgia Meloni. Dopo un consiglio dei Ministri incominciato nella serata di ieri, oggi il presidente del Consiglio presenta il disegno di legge di bilancio per il 2023. Dopodiché, la “palla” – il testo del provvedimento – passa al Senato e alla Camera, che dovranno approvarla entro il 31 dicembre, per evitare che scatti l’esercizio provvisorio.

L’intervista

Professore, la prima legge di bilancio del nuovo governo è da circa 35 miliardi, una ventina circa in deficit, con misure per alleviare il caro-energia. Si sta facendo uno sforzo sufficiente su questo frangente?

“Il nostro Paese sta utilizzando molti soldi negli aiuti sull’energia perché è in ritardo sulla transizione energetica e sempre per questo motivo non stiamo raggiungendo l’autonomia energetica. Mentre nel Regno Unito il primo ministro Rishi Sunak ha annunciato che l’obiettivo è raggiungere l’indipendenza e la sicurezza energetica tramite le fonti di energia rinnovabili. Abbiamo speso decine e decine di miliardi per pagare la dipendenza dal gas quando autorizzando di più e con molte meno risorse avremmo potuto anticipare l’eliminazione di questa dipendenza prevista peraltro dal percorso della transizione ecologica. Comunque, decisioni positive di questo governo sono state l’aumento delle persone addetto al procedimento di Valutazione di impatto ambientale (Via), che speriamo significhi una riduzione della burocrazia e dei tempi, e l’annuncio dei decreti attuativi per le comunità energetiche rinnovabili. Servirebbe però un grande piano per installare pannelli solari su tutti gli edifici pubblici”.

Come dovrebbe essere strutturato il reddito di cittadinanza per funzionare al meglio?

“Per prima cosa, occorrerebbe fare una concreta valutazione sull’effettivo funzionamento dello strumento, che ha sicuramente impedito a molte persone di finire sotto la soglia di povertà. Tutti i Paesi dell’Unione europea hanno delle forme di reddito di cittadinanza, ma sono severi verso chi non accetta il lavoro. Invece che toglierlo agli occupabili, si potrebbe seguire questa strada della severità. Così come dobbiamo riflettere sul lavoro congruo: una recente proposta di raccomandazione europea che la Commissione sottoporrà al Consiglio invita i Paesi membri ad adottare forme di reddito minimo e percorsi formativi per aiutare le persone a trovare un lavoro giusto e dignitoso”.

Dal taglio del cuneo fiscale avremo un effettivo beneficio? E dalla flat tax?

“Il taglio del cuneo può aiutare a ridurre il costo del lavoro aumentando così la domanda da parte delle imprese. Consiste in pratica nel ridurre la distanza tra il salario netto, quello che l’impresa paga al lavoratore, e il salario lordo, cioè le tasse, i contributi e l’accantonamento per la pensione. Per quanto riguarda la flat tax, l’innalzamento a 85mila della soglia di tassazione piatta per le partite Iva dà un certo sollievo al lavoro autonomo, anche se sarebbe giusto pensare a come eliminare lo scalino tra chi è sotto  a questa soglia assoggettato alla flat tax e il regime di tassazione seguente, più elevato, per chi è sopra la soglia perché altrimenti si corre il rischio che il lavoratore non voglia superarla per evitare di finire nel regime tassazione superiore”.

Come pensare a riformare le pensioni in maniera sostenibile per i conti pubblici?

“Giusto l’intervento per ridurre il salto da quota 100 che dobbiamo abbandonare perché troppo costosa e la legge Fornero (sarebbero cinque anni prima di andare in pensione) con la proposta di quota 103. Gli spazi ulteriori di manovra sono limitati e andrebbero a mio avviso concentrati sull’integrazione alle pensioni minime, la flessibilità in uscita e un incentivo per chi vuole ad uscire dal lavoro più tardi. Perché sull’età in cui andare in pensione ci sono visioni molto diverse e lo Stato dovrebbe favorire la flessibilità”.

Recentemente si è modificato il Superbonus, portato dal 110% al 90%. Quali risultati ha avuto questa misura? 

“Dei risultati del nuovo regime sapremo molto più avanti. Quello che è certo è che il 110% ha dato uno slancio enorme al settore edilizio e alla ripresa economica del paese. La valutazione d’impatto sul rapporto tra risorse pubbliche utilizzate e riduzione delle emissioni ha indicato che si sarebbe potuto fare meglio da questo punto di vista. E’ da sperare che con il nuovo regime la misura non perderà troppo slancio perché l’obiettivo di edifici ad emissioni zero è fondamentale per vincere la sfida climatica”.