Kinoa: la lettura della trasformazione digitale

Il linguaggio digitale sta cambiando, ma quanto la società è pronta ad apprendere nuovi metodi e concetti? Interris.it ne ha parlato con Lapo Cecconi di Kinoa

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É il 2016 quando un gruppo di imprenditori a Firenze si mettono insieme per creare qualcosa di nuovo. Sono professionisti e creati e dalle loro idee nasce Kinoa. Questa sturt up sin dall’inizio si è mostrata come una bottega per sviluppare progetti ed esperienze innovative a partire da una propria lettura della trasformazione digitale in corso. Oggi, invece, da vita a  prodotti e servizi tecnologici frutto del lavoro collettivo di una squadra dalle competenze eterogenee, che spaziano dalle discipline scientifiche e informatiche a quelle economiche e sociali. Interris.it ha incontrato Lapo Cecconi, uno dei fondatori di questa sturt up, per capire quanto la società sia pronta ad apprendere un nuovo linguaggio tecnologico.

“La sturt up è nata nel 2016 dall’idea di un gruppo di giovani che si occupavano da anni di analisi dei dati e big data. Sin dall’inizio il focus è stato concentrato sulla tecnologia e su un progetto finalizzato al monitoraggio di performance sportive. Da quell’esperimento nasce Kimap che all’inizio non era stato pensato per la mobilità dei disabili bensì per le persone di un gruppo sportivo. Una volta costruito questo prototipo, viste le potenzialità abbiamo cominciato a riflettere sul fatto che poteva essere un grande strumento per la mobilità dei disabili per far sì che fossero liberi di muoversi anche al di fuori dei proprio classici percorsi.
Abbiamo creato sistemi di assistenza intelligente pensata per le aziende, organizzazioni no profit e pubbliche amministrazioni locali”.

C’è stato un progetto che ha dato particolare soddisfazione?
“Abbiamo fatto un progetto molto bello con l’associazione nazionale di tutela dei consumatori che si chiamata “cittadinanza attiva” che ha base a Roma, ma che ha sede in tutt’Italia. Con questo abbiamo creato un sistema di assistenza virtuale da parte di tutti i cittadini che vogliono indicare o beneficiare di alcune segnalazioni che sono dentro la piattaforma nazionale di cittadinanza attiva. Da qui sono nate tutte le mappe interattive tramite le quali l’utente dialoga, chiede informazioni e recepisce informazioni sulla base di questo sistema di intelligenza artificiale”.

É stato possibile legare l’intelligenza artificiale al Covid?
“Grazie all’intelligenza artificiale è stato possibile creare e mettere a disposizione gratuitamente per chi lo chiedeva un assistente virtuale che dava informazioni sul covid in tempo attuale. Il progetto, che ha preso il nome di Desi, è stato portato a conoscenza di tutti gli organi di informazione perché usavamo il nostro sistema per filtrare tutta la documentazione prodotta durante il periodo del lockdown. Direttive su direttive, normative nazionali e locali spesso dell’autorità sanitarie. Sono state fornite informazioni in base alle richieste degli utenti. Proprio in questo periodo l’interesse nei confronti degli strumenti tecnologici è estremamente alta”.

Quanto si conosce dell’intelligenza artificiale oggi? Come informarsi?
“Sono 4 anni che noi siamo sul mercato con le nostre tecnologie e con una visione tecnologica molto chiara di alcune aree tematiche. C’è molta voglia di fare innovazione ma sembra quasi che sia le imprese che il governo abbiano paura di non saperle far funzionare. Bisogna formare delle persone che facciano da ponte tra chi fa innovazione e chi l’innovazione la deve ricevere dentro le aziende o dentro le istituzioni. Facilitatori di innovazione digitale. Da quest’idea grazie a Kinoa è nato anche il Master con l’Università di Firenze che si chiama “Digital transformation”. É stato pensato non esclusivamente per le persone tecniche ma per tutti gli altri, in particolare per chi ha fatto materie letterarie. Abbiamo allargato gli orizzonti dopo aver constatato che c’è una “non conoscenza” del linguaggio della rivoluzione digitale che con il covid è stato solo accelerato”.

Kinoa è una sturt up, funziona aprire oggi una realtà del genere in Italia?
“In Italia fare sturt up è diventata quasi una moda come se fosse vantaggioso farlo. Purtroppo non lo è, assolutamente no, perché abbiamo alle spalle un Paese che non è pronto a dare risorse a questo mondo che crea innovazione. Io lo dico a tutte le persone che come noi dopo aver inventato innovazione si ritrovano senza nulla. Oggi bisogna fare innovazione, bisogna lavorare sul digitale e bisogna ripensare la società che deve a sua volta riorganizzare servizi ed opportunità”.