Colombini: “L’importanza della bilateralità per la costruzione di un nuovo welfare”

L'intervista di Interris.it ad Angelo Colombini, vicepresidente EBNA e FSBA e Consigliere Civ Inail, in merito alle nuove sfide per l'inclusione nel mondo del lavoro

Angelo Colombini, Vicepresidente EBNA e FSBA e Consigliere Civ Inail (© Angelo Colombini)

La questione del lavoro e dei diritti dei lavoratori è stata rimessa con forza all’attenzione di tutti noi, come uno degli aspetti di maggior rilievo all’interno dei cambiamenti economici e sociali degli ultimi anni. Quasi all’improvviso si è presentato ai nostri occhi uno scenario sociale dai tratti estremamente complessi ma forieri di possibili opportunità e cambiamenti. L’attuale contesto lavorativo e sociale rappresenta al tempo stesso un’occasione per riflettere su questo tema e sui possibili orizzonti di sviluppo, fondamentali nella vita dei singoli e della comunità, rispetto al quale la ricerca di una finalità e di un senso risulta centrale per trovare le forme più adatte per garantire il pieno sviluppo di ogni società e soprattutto di ogni persona, mettendone al centro la dignità. Interris.it, in merito ai temi di stretta attualità nel mondo del lavoro, quali il dibattito attorno alla settimana corta, il salario minimo e la contrattazione collettiva, ha intervistato Angelo Colombini, Vicepresidente EBNA e FSBA e Consigliere Civ Inail.

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Foto di Janno Nivergall da Pixabay

Colombini, nelle ultime settimane si sta verificando un confronto in relazione alla settimana lavorativa di quattro giorni. Qual è la sua opinione in merito? Potrebbe anche essere uno strumento utile per i lavoratori fragili e i lavoratori caregiver?

“Nei paesi europei che hanno sperimentato la settimana lavorativa di quattro giorni, ovvero il Regno Unito e il Belgio, si è avuto un impatto positivo sulla vita dei lavoratori. In questi paesi, i dipendenti possono sottoscrivere dei contratti che prevedono una giornata in meno di lavoro e un decremento delle ore totali con una sostanziale equivalenza in termini di retribuzione netta, seppur a fronte di un incremento delle ore giornaliere. A mio parere quindi, anche in Italia, bisognerebbe aprire un dibattito in riguardo a questa nuova possibilità in termini di orario lavorativo. Ciò potrebbe permettere di aumentare la produzione e di conciliare in maniera migliore vita privata e attività lavorativa. Inoltre, per i lavoratori fragili e per i lavoratori caregiver, la possibilità di poter usufruire della settimana corta, renderebbe meno gravosi gli oneri del prendersi cura della propria salute o di quella di un proprio familiare. Un aiuto importante sono anche gli investimenti sulle nuove tecnologie che permetteranno di aumentare la produttività del paese e facilitare una oggettiva riduzione dell’orario di lavoro. Occorre sviluppare una contrattazione specifica a livello di azienda perché è evidente che la riduzione delle giornate lavorative senza riduzione orario non può essere valida ovunque e per tutti i lavori. Va ridefinito il tema della flessibilità del lavoro e della armonizzazione tra tempi di lavoro e vita privata. L’esplosione dello smart working ha evidenziato questa necessità di riorganizzazione per i lavoratori e per le imprese.”

Negli ultimi mesi si è sviluppato un dibattito sui temi del salario minimo e della contrattazione collettiva. A che punto è giunta la discussione?

“In questi ultimi mesi si è sviluppato un acceso dibattito sul salario minimo e si sono lette le ragioni dei favorevoli e dei contrari. Ci sono ancora però spazi di approfondimenti affinché non si rimanga legati ad una soglia retributiva pari a 9 euro lordi, come cita il disegno di legge di una parte della opposizione senza chiarire bene quali sono le voci della retribuzione contemplate nella loro proposta.”

© Mohamed Hassan da Pixabay

Qual è, ad oggi, il compito della contrattazione collettiva?

“Il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl) è frutto di anni di contrattazione tra le parti sociali maggiormente rappresentative, non ha la funzione di fissare solo il salario, ma è un processo sociale di regolazione del mercato del lavoro che interviene su molte altre materie accanto ai minimi tabellari, come gli scatti di anzianità, le mensilità aggiuntive, il welfare contrattuale. Nella contrattazione collettiva i numeri sono il risultato di numerose varianti, definite negli anni, una sorta di ‘algoritmo’ in continua trasformazione, che non si adegua automaticamente ma viene approfondito ed innovato dalle persone che si siedono ai tavoli della contrattazione”.

La contrattazione è un processo lento?

“Rispetto alla frenesia dei tempi moderni sì, ma è uno strumento fondamentale di democrazia e partecipazione per tutti i soggetti e le organizzazioni che vi partecipano. Inoltre, a quanto previsto dai contratti nazionali, vanno aggiunte le conquiste della contrattazione di secondo livello, aziendali e territoriali, che integrano ed ampliano lo spettro delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori. È compito della contrattazione collettiva garantire una remunerazione decente, un ambiente di lavoro sicuro e alimentare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, oltre a valorizzare e riconoscere le competenze e la professionalità di chi lavora.”

Qual è, a suo parere, il compito delle parti sociali nel contesto storico e geopolitico che stiamo vivendo?

“In un contesto di crisi sanitaria, di instabilità geopolitica, di alta inflazione, di lavoro povero e sommerso e di fronte alle transizioni green, digitali e demografiche, le parti sociali sono chiamate a dare risposta a imprese e lavoratori, sfruttando la leva della contrattazione e della partecipazione. Non partiamo dall’anno zero. Si tratta di condividere esperienze, strategie politiche e contrattuali che guardino all’innovazione, alla soddisfazione di esigenze garantendo standard elevati di vita a persone e comunità, in un’ottica sempre più ampia e globale.”

In questo frangente particolare che ruolo può svolgere il welfare aziendale?

“Il welfare aziendale, oltre a rappresentare esperienze di successo, da diffondere ulteriormente, della contrattazione di secondo livello, facendo spesso da apripista rispetto ai temi del contratto nazionale, è anche fonte di quello che viene definito salario “accessorio” o indiretto. Un ruolo importante lo giocano gli enti bilaterali – creati da Cisl, Cgil e Uil insieme alle parti datoriali dei diversi settori economici – per gestire servizi e pezzi di welfare vero e proprio. Si va dalla formazione alla indennità a parziale copertura delle crisi aziendali, dalla sanità integrativa alle borse di studio per i figli, alla pensione complementare. C’è bisogno di valorizzare la potenzialità e l’importanza che svolge la bilateralità per la costruzione di un nuovo welfare, che oltre a fungere da supporto al welfare istituzionale aiuta le lavoratrici ed i lavoratori nei loro bisogni quotidiani e familiari”.

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Foto di Ricardo Gomez Angel su Unsplash

Per il futuro?

“Si tratta di disegnare sinergie e rendere collettivo lo sforzo per il beneficio di un nuovo welfare per tutti, perché oltre alla retribuzione definita dalla contrattazione collettiva è necessario sviluppare ed incrementare la contrattazione del salario indiretto, cioè il welfare sociale. Il welfare deve dare strumenti e risorse per la conciliazione tra vita familiare e quella lavorativa, per i bisogni emergenti dal lavoro a distanza, per una nuova mobilità delle persone e del lavoro, o per i nuovi ritmi di vita imposti dalla digitalizzazione dei processi produttivi.”

C’è anche il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, in che modo i governi e le parti sociali possono darne concretezza?

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Le istituzioni europee © Pexels da Pixabay

“Il Pilastro Europeo rimane valido nell’indicare alti standard di qualità della vita per chi vive in UE, concerne a governi e parti sociali dare concretezza, in un disegno collettivo, ad un nuovo modello sociale per il nostro paese. Gran parte del welfare, anche pubblico, è frutto di lotte sindacali e della contrattazione collettiva; welfare che ormai si dà per scontato, dimenticandone le origini e il ruolo delle parti sociali, che rischia di essere svalutato con il salario minimo per legge. Ruolo, fortemente innovativo che viene agito attraverso la contrattazione collettiva e il sistema della bilateralità che è stato creato già nel secolo scorso nel settore edile e negli ultimi 20 anni in tutti gli altri settori e che necessita di ulteriori esenzioni fiscali. La bilateralità, il welfare integrativo, quello aziendale, sono temi importanti quando si discute di salario minimo, sia che rappresentino salario differito o che siano servizi di vario genere, di fatto sono conquiste dei lavoratori che rischiano di esser tolte. Il contratto nazionale è sicuramente molto di più di una cifra oraria definita per legge. È proprio estendendo e garantendo l’applicazione integrale della contrattazione collettiva che si potranno eliminare le storture del mercato del lavoro italiano che certamente non dipendono dai lavoratori.”