Pentecoste, il Papa: “L’annuncio è andare oltre le barriere, anche etniche e religiose”

Nell'omelia della Messa di Pentecoste, il Santo Padre ricorda l'azione forte e gentile dello Spirito Santo: "Abbiamo bisogno di alzare gli occhi su orizzonti di pace"

Pentecoste Papa Francesco
Foto di falco da Pixabay

Contemplare l’azione dello Spirito Santo significa anche essere pronti a riceverne il dono. E quell’azione, come ricordato da Papa Francesco nell’omelia della Santa Messa di Pentecoste, “in noi è forte”. E lo simboleggiano “i segni del vento e del fuoco, che spesso nella Bibbia sono associati alla potenza di Dio. Senza questa forza, non riusciremmo mai a sconfiggere il male, né a vincere i desideri della carne di cui parla San Paolo, a vincere quelle pulsioni dell’anima: l’impurità, l’idolatria, le discordie, le invidie”. È proprio dallo Spirito, infatti, che arriva la forza di sconfiggerle. Perché “quelle pulsioni rovinano le nostre relazioni con gli altri e dividono le nostre comunità, e Lui entra nel cuore e guarisce tutto”. Il Paraclito, tuttavia, non è solo forte. In esso c’è quella gentilezza che impedisce a vento e fuoco di distruggere. Piuttosto, consente loro di agire con delicatezza, colmando la casa dei discepoli e generando piccole fiammelle. E, in questa delicatezza, emerge “un tratto dell’agire di Dio”.

Lo Spirito vicino

Nella parola “Paraclito” è racchiuso il senso della vicinanza. Perché lo Spirito Santo discende, si approssima ai discepoli fino a raggiungerne i cuori, “infondendo in essi un’’audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima’”. Un esempio anche per la nostra vita di cristiani. Per noi che, ricevuto il dono dello Spirito nel Battesimo e nella Confermazione, siamo inviati, al pari degli apostoli, “ad annunciare il Vangelo a tutti, andando ‘sempre oltre, non solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione veramente universale'”. E, nel solco del dono dello Spirito, siamo chiamati a farlo con forza e gentilezza: “Cioè non con prepotenza e imposizioni – il cristiano non è prepotente, la sua forza è un’altra, e la forza dello Spirito –, nemmeno coi calcoli e colle furbizie, ma con l’energia che viene dalla fedeltà alla verità, che lo Spirito insegna ai nostri cuori e fa crescere in noi”.

La via della speranza

Arrendersi allo Spirito significa non arrendersi alle forze del mondo. Significa, anzi, “continuare a parlare di pace a chi vuole la guerra, a parlare di perdono a chi semina vendetta, a parlare di accoglienza e solidarietà a chi sbarra le porte ed erige barriere, a parlare di vita a chi sceglie la morte, a parlare di rispetto a chi ama umiliare, insultare e scartare, a parlare di fedeltà a chi rifiuta ogni legame, confondendo la libertà con un individualismo superficiale, opaco e vuoto”. E questo senza il timore delle difficoltà o delle derisioni. Agire con la forza dello Spirito è anche mostrare la gentilezza di chi annuncia con la mitezza di chi porta un messaggio di speranza. Essa “la si raffigura come un’ancora, lì, alla riva, e noi, aggrappati alla corda, verso la speranza. Abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno di alzare gli occhi su orizzonti di pace, di fratellanza, di giustizia e di solidarietà. È questa l’unica via della vita, non ce n’è un’altra”.