Il Papa lascia il Bahrein: “Vivere l’unità per essere credibili nel dialogo”

Nell'incontro con vescovi, sacerdoti e religiosi, il Papa ricorda i doni dello Spirito: "Egli brucia il fuoco mondano e accende la nostra vita di amore".

Papa Francesco Bahrein
Foto © VaticanMedia

Papa Francesco ha lasciato il Bahrein. Il suo viaggio apostolico, 39 esimo del suo Pontificato, si conclude con l’incontro con il clero locale. Vescovi, sacerdoti, seminaristi, consacrati: a loro il Santo Padre consegna il messaggio chiave della sua visita nel Regno, invitandoli a far tesoro della loro universalità, come simbolo di una “Chiesa abitata da persone provenienti da molte parti del mondo, che si ritrovano insieme a confessare l’unica fede in Cristo”.

Un messaggio importante quello del Pontefice, consegnato poco prima di far ritorno in Italia e nel corso di un incontro estremamente importante per ribadire il concetto che ha animato tutta la visita in Bahrein. “È bello appartenere a una Chiesa formata da storie e volti diversi, che trovano armonia nell’unico volto di Gesù. E tale varietà – l’ho visto in questi giorni – è lo specchio di questo Paese, delle genti che lo popolano ma anche del paesaggio che lo caratterizza”.

Il messaggio del Papa

Una riflessione, quella di Papa Francesco, che si sofferma sulla terra visitata. Un pensiero scaturito anche dalla lettura evangelica, che narra “dell’acqua viva che sgorga dal Cristo e dai credenti”. Nel deserto, quello spirituale così come quello fisico, esistono “sorgenti di acqua dolce che scorrono silenziosamente nel sottosuolo, irrigandolo. È una bella immagine di quello che siete voi e soprattutto di ciò che la fede opera nella vita… È di questa acqua viva che parla Gesù, è questa la sorgente di vita nuova che ci promette: il dono dello Spirito Santo, la presenza tenera, amorevole e rigenerante di Dio in noi”.

Gesù parla di “fiumi di acqua viva” e invita chi ha sete a farsi prossimo a lui. In occasione di una festa ma con un messaggio di vita nuova: “Il richiamo è all’ora in cui Gesù muore in croce: in quel momento, non più dal tempio di pietre, ma dal costato aperto di Cristo uscirà l’acqua della vita nuova, l’acqua vivificante dello Spirito Santo, destinata a rigenerare tutta l’umanità liberandola dal peccato e dalla morte”.

La gioia

Papa Francesco invita a riflettere su quanto emerge dalla riflessione: “Non siamo cristiani per nostro merito o solo perché aderiamo ad un credo, ma perché nel Battesimo ci è stata donata l’acqua viva dello Spirito”. Tutto nasce, anzi, sgorga dalla grazia e tutto viene dallo Spirito. Il quale ci rende destinatari dei doni della gioia, dell’unità e della profezia. Perché lo Spirito è innanzitutto “sorgente di gioia”, l’acqua dolce che il Signore fa scorrere nei deserti dell’umanità e fra le nostre fragilità. Una certezza che, durante il nostro cammino, non saremo mai soli.

“La gioia dello Spirito, perciò, non è uno stato occasionale o un’emozione del momento… È quella che nasce dalla relazione con Dio, dal sapere che, pur nelle fatiche e nelle notti oscure che talvolta attraversiamo, non siamo soli, persi o sconfitti, perché Lui è con noi“. E dal Papa arriva un invito, rivolto ai religiosi del Bahrein ma, idealmente, a ogni credente: “La gioia cristiana è contagiosa, perché il Vangelo fa uscire da sé stessi per comunicare la bellezza dell’amore di Dio. Dunque è essenziale che nelle comunità cristiane la gioia non venga meno e sia condivisa”.

L’unità

L’unità è il secondo dono, perché “non può esserci spazio per le opere della carne, cioè dell’egoismo: per le divisioni, le liti, le maldicenze, le chiacchiere”. Il fuoco dello Spirito “brucia i desideri mondani e accende la nostra vita di quell’amore accogliente e compassionevole con cui Gesù ci ama, perché anche noi possiamo amarci così tra di noi”. Esso abbatte “le barriere della diffidenza e dell’odio, per creare spazi di accoglienza e di dialogo; libera dalla paura e infonde il coraggio di uscire incontro agli altri con la forza disarmata e disarmante della misericordia”. È lo Spirito modella così la Chiesa fin dalle origini, generando armonia: “Cerchiamo di essere custodi e costruttori di unità! Per essere credibili nel dialogo con gli altri, viviamo la fraternità tra di noi”.

La profezia

La profezia richiama a coloro che Dio chiama affinché parlino in suo nome: “Spesso le parole dei profeti sono sferzanti: essi chiamano per nome i progetti di male che si annidano nei cuori della gente, mettono in crisi le false sicurezze umane e religiose, invitano alla conversione”. Ma anche ogni credente possiede una vocazione profetica: “Tutti i battezzati hanno ricevuto lo Spirito e tutti sono profeti. E in quanto tali non possiamo far finta di non vedere le opere del male, restare nel ‘quieto vivere’ per non sporcarci le mani. Un cristiano prima o poi deve sporcarsi le mani per vivere la sua vita cristiana e dare testimonianza”. La profezia ci consente di portare la luce, di dare testimonianza di vita e del Vangelo: “Una possibilità di cui essere grati”.