Bergoglio ai Domenicani: “Siate artigiani di opere buone in una società liquida”

La Messa che questa sera il Papa ha celebrato nella Basilica di S. Giovanni in Laterano ha rappresentato il rito conclusivo del Giubileo dedicato agli 800 anni dalla nascita dei frati domenicani. Una celebrazione storica ed emozionante insieme, quella officiata dal gesuita Bergoglio, che ha rievocato quel lontano 21 gennaio del 1217 quando Papa Onorio III confermava definitivamente in seno alla Chiesa cattolica la nascita dell’ordine dei frati predicatori (Ordo fratrum praedicatorum O.P.) l’istituto religioso maschile di diritto pontificio sorto a opera dallo spagnolo San Domenico di Guzmán.

L’ordine sorse agli inizi del XIII secolo in Linguadoca con il fine di lottare contro la diffusione del catarismo, nota eresia medievale: Domenico e i suoi compagni scelsero di contrastare le dottrine eretiche attraverso la predicazione e l’esempio di una severa ascesi personale, vivendo in povertà e mendicità. Inoltre, poiché era necessario che i predicatori avessero una solida preparazione culturale per confutare le dottrine eterodosse, i conventi domenicani divennero importanti centri di studi teologici e biblici: appartennero infatti all’ordine alcuni dei più importanti teologi medievali, come san Tommaso d’Aquino e Alberto Magno.

Quel piccolo iniziale drappello di frati, oggi una immensa famiglia che si è ritrovata attorno al suo Pastore con gli occhi rivolti al futuro, ha come finalità la propagazione e la difesa del cattolicesimo mediante la predicazione, l’insegnamento e l’esempio di vita.

Ecco il testo completo dell’omelia del Santo Padre:

“La Parola di Dio oggi ci presenta due scenari umani opposti: da una parte il “carnevale” della curiosità mondana, dall’altra la glorificazione del Padre mediante le opere buone. E la nostra vita si muove sempre tra questi due scenari. Infatti essi sono di ogni epoca, come dimostrano le parole di san Paolo rivolte a Timoteo. E anche san Domenico coi suoi primi fratelli, ottocento anni or sono, si muoveva tra questi due scenari.

Paolo avverte Timoteo che dovrà annunciare il Vangelo in mezzo a un contesto dove la gente cerca sempre nuovi “maestri”, “favole”, dottrine diverse, ideologie… ‘Prurientes auribus’. E’ il “carnevale” della curiosità mondana, della seduzione. Per questo l’Apostolo istruisce il suo discepolo usando anche dei verbi forti, come ‘insisti’, ‘ammonisci’, ‘rimprovera’, ‘esorta’, e poi ‘vigila’, ‘sopporta le sofferenze’.

E’ interessante vedere come già allora, due millenni fa, gli apostoli del Vangelo si trovassero di fronte a questo scenario, che ai nostri giorni si è molto sviluppato e globalizzato a causa della seduzione del relativismo soggettivista. La tendenza alla ricerca di novità propria dell’essere umano trova l’ambiente ideale nella società dell’apparire, nel consumo, in cui spesso si riciclano cose vecchie, ma l’importante è farle apparire come nuove, attraenti, accattivanti. Anche la verità è truccata. Ci muoviamo nella cosiddetta “società liquida”, senza punti fissi, scardinata, priva di riferimenti solidi e stabili; nella cultura dell’effimero, dell’usa-e-getta.

Di fronte a questo “carnevale” mondano risalta nettamente lo scenario opposto, che troviamo nelle parole di Gesù appena ascoltate: «rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». E come avviene questo passaggio dalla superficialità pseudo-festosa alla glorificazione, che è vera festa? Avviene grazie alle opere buone di coloro che, diventando discepoli di Gesù, sono diventati “sale” e “luce”. ‘Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini – dice Gesù –, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli’.

In mezzo al “carnevale” di ieri e di oggi, questa è la risposta di Gesù e della Chiesa, questo è l’appoggio solido in mezzo all’ambiente “liquido”: le opere buone che possiamo compiere grazie a Cristo e al suo Santo Spirito, e che fanno nascere nel cuore il ringraziamento a Dio Padre, la lode, o almeno la meraviglia e la domanda: “perché?”, “perché quella persona si comporta così?”: cioè l’inquietudine del mondo di fronte alla testimonianza del Vangelo.

Ma perché accada questa “scossa” bisogna che il sale non perda il sapore e la luce non si nasconda. Gesù lo dice molto chiaramente: se il sale perde il sapore non serve più a niente. Guai al sale che perde il sapore! Guai a una Chiesa che perde il sapore! Guai a un prete, a un consacrato, a una congregazione che perde il sapore!

Oggi noi rendiamo gloria al Padre per l’opera che san Domenico, pieno della luce e del sale di Cristo, ha compiuto ottocento anni or sono; un’opera al servizio del Vangelo, predicato con la parola e con la vita; un’opera che, con la grazia dello Spirito Santo, ha fatto sì che tanti uomini e donne siano stati aiutati a non disperdersi in mezzo al “carnevale” della curiosità mondana, ma invece abbiano sentito il gusto della sana dottrina, il gusto del Vangelo, e siano diventati, a loro volta, luce e sale, artigiani di opere buone… e veri fratelli e sorelle che glorificano Dio e insegnano a glorificare Dio con le buone opere della vita”.