Padre Occhetta: “Nella Fase 3 è in gioco il nostro destino”

L'analisi del politologo gesuita su un "governo costretto più a inseguire che a determinare politiche comuni"

“Va ricostruito un nuovo modello morale, sociale ed economico alternativo a quello tramontato”, scrive padre Francesco Occhetta, gesuita e scrittore,su Vita Pastorale, il mensile della San Paolo diretto da don Antonio Sciortino.

Politiche comuni

Padre Occhetta parte dalle  “domande più diffuse nel dibattito pubblico: come stiamo vivendo la Fase 2? Quando si entrerà nella Fase 3 che prevede l’accesso diffuso a un trattamento o a un vaccino sicuro ed efficace? Come ripartire per ritornare a una vita normale?”. E osserva:”Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, insieme a un governo costretto più a inseguire che a determinare politiche comuni, ha preparato una “manovra di rilancio” di 55 miliardi di euro – con il ricorso all’ indebitamento– per sostenere lavoro, imprese, famiglie, trasporti, turismo, sanità e fisco. Le tensioni non mancano: la prudenza del governo centrale è messa in crisi dai governatori delle regioni che, invece, vogliono riaprire prima possibile”.

Reati di mafia

E “in questo “tempo sospeso” della politica, la società civile ha assistito attonita alla decisione della magistratura di sorveglianza di liberare condannati per reati di mafia, alcuni dei quali già in isolamento per l’articolo 41bis. Sarebbe bastato svuotare le carceri dai “ladri di biciclette”, i detenuti dei reati bagatellari, per ridurre il rischio del contagio e ripensare gli spazi all’interno dei 205 istituti penitenziari”.  Aggiunge Padre Occhetta: “Tuttavia, le contraddizioni esplose nelle carceri hanno fatto emergere la paura e la tensione presenti nella società. Eppure, durante la Fase 1 ci si è interrogati su come lasciare una riva e approdare a un’altra, dopo essere cambiati per sempre“.

Alternativo

Prosegue il gesuita: “La riflessione sul cambiamento è implosa per ritornare a un passato ritoccato da alcuni accorgimenti formali come le distanze di sicurezza con guanti e mascherine. In questo tempo di sterilità culturale sembra manchino parole per ricostruire un nuovo modello morale, sociale ed economico alternativo a quello che è tramontato. Non siamo riusciti a gioire insieme nemmeno per la vita salvata di Silvia Romano, che per 18 mesi è stata sequestrata da Al-Shabaab, la più feroce delle organizzazioni terroristiche in Africa. È possibile ripartire solo ricercando il senso che orienta la bussola della vita verso lo stesso destino. La parola “senso” deriva da sensus che rimanda al sentire interiore: il sensus era l’effetto del sentire, il provare le paure e l’ascoltare i desideri. Così, prima di chiederci “cosa” vogliamo fare occorre riflettere su “chi” vogliamo essere e verso “dove” vogliamo andare“.

Crisi sociale

Afferma padre Occhetta: “La Chiesa può essere il lievito di questo processo. Dalle giuste domande e dalle parole nuove nasceranno lavori, spazi e relazioni diverse. Occorre restituire la parola a chi è in prima linea contro il nemico invisibile del Covid-19, coloro che stanno vivendo “la resistenza” come gli ammalati, gli operatori sanitari, quelli dei servizi essenziali, le famiglie in lutto. Ogni cambiamento d’epoca rinasce dai protagonisti della resistenza che rigenerano parole e, attraverso il loro sacrificio, ci aiutano a guardare lontano. Non c’è nulla che nasce per caso, ogni ricostruzione nella storia prende forma nella sua relazione con il vissuto. Durante le crisi sociali le parole sono un ponte, l’efficacia della parola – è stato scritto – è l’espressione corporea dei contenuti dell’anima“.

Comune destino

Evidenzia il gesuita: “Quando le parole della politica sono prive di anima e di vita, possono essere false oppure offensive. Quando conservano la loro anima donano energia e luce al volto della società che le ascolta. È vero, quelle dei padri costituenti e dei padri conciliari erano solo parole, ma hanno cambiato il mondo. Abbiamo la responsabilità di scegliere tra le parole che distruggono o costruiscono, dividono o mediano, escludono o includono. Il nostro stare insieme in società è una questione di parole, tra lo Stato e questo mercato servono parole di comunione pensate in comunità, che ci rendono umani e solidali. Altrimenti prevarranno i prepotenti e gli speculatori. È in gioco il nostro comune destino“.