Covid: il Senato approva la fine dell’emergenza nazionale

Il Senato americano ha adottato una risoluzione per mettere fine alla dichiarazione di emergenza nazionale per il Covid

Un poliziotto a Brooklyn (New York, USA) durante la pandemia. Immagine di repertorio. Foto di Julian Wan su Unsplash

Il Senato americano ha adottato una risoluzione per mettere fine alla dichiarazione di emergenza nazionale per il Covid. Il provvedimento ora approda sulla scrivania di Joe Biden che dovrebbe firmalo. “La pandemia è finita. E’ ora di metter fine all’emergenza per il Covid e togliere al potere esecutivo i poteri speciali”, ha detto il repubblicano Paul Gosar.

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Il mondo “sta invertendo la rotta”, “le democrazie stanno diventando più forti, non più deboli, e le autocrazie stanno diventando più deboli, non più forti”. Joe Biden lancia un messaggio di ottimismo al suo secondo summit virtuale per la democrazia, il primo dopo l’invasione russa in Ucraina che ha scardinato l’ordine mondiale e accentuato lo scontro tra democrazie e autocrazie: una sfida vitale del XXI secolo per il presidente americano, che ha messo da tempo nel mirino la Russia e la Cina.

“Siamo a un punto di svolta nella storia qui, quando le decisioni che prendiamo oggi influenzeranno il corso del nostro mondo per i prossimi decenni. Il nostro compito è continuare a rafforzare i nostri progressi per mantenere lo slancio, e non iniziare ad andare nella direzione sbagliata”, ha spiegato il leader Usa, annunciando un impegno di 690 milioni di dollari per promuovere la democrazia all’estero (dopo i 424 milioni offerti al primo vertice) e uno sforzo congiunto con circa 10 partner per contrastare l’uso improprio e la proliferazione di spyware commerciali, dopo averlo vietato due giorni fa alle agenzie governative americane. Nel suo ultimo rapporto annuale Freedom House, il gruppo di ricerca sostenuto dagli Stati Uniti, ha denunciato che la democrazia si è deteriorata a livello globale nel 2022, ma con un numero crescente di Paesi in miglioramento. Tant’è che Biden ha aggiunto ai 121 Paesi invitati nel 2021 otto nazioni (Tanzania, Costa d’Avorio, Gambia, Mauritania, Mozambico, Honduras, Bosnia Erzegovina e Lichtenstein) e ha elogiato gli sforzi di Angola, Repubblica Domenicana e Croazia verso istituzioni più democratiche. Senza dimenticare la prova casalinga di Midterm, quando gli elettori hanno “respinto le voci estremiste e violente”.

Più pessimista invece il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, secondo cui i valori democratici nel mondo sono “sotto attacco: oggi vediamo sempre più dispotismo e sempre meno illuminismo”.

Al summit è intervenuta anche la premier Giorgia Meloni: “Solo la democrazia garantisce una crescita sostenibile”, ha detto, rilanciando la riforma presidenziale come strumento per renderla “più forte e solida”.

Non sono mancati i mugugni, per il mancato invito, da parte di diversi partner americani, come l’Arabia Saudita, l’Egitto, Singapore e due alleati Nato come Ungheria e Turchia. E le perplessità invece per aver invitato il premier israeliano Benyamin Netanyahu e quello indiano Narendra Modi, che hanno difeso le loro credenziali democratiche dopo essere stati criticati recentemente per il loro autoritarismo.

Fonte: Ansa