Riordino dei Tg, Gubitosi: “Serviranno 42 mesi per completarlo”

Serviranno 42 mesi per realizzare nella sua completezza il piano di riordino dei Tg Rai, approvato dal Consiglio d’amministrazione la scorsa settimana. L’annuncio è stato dato dal direttore generale di viale Mazzini, Luigi Gubitosi, ascoltato dalla commissione Vigilanza sul nuovo piano News. Ventisette mesi saranno invece necessari per la ristrutturazione degli edifici di Saxa Rubra. In un primo momento erano stati fissati in 18 mesi, ha sottolineato il dg, cui andranno aggiunti altri 9 per eseguirli. La riforma dell’informazine della tv di Stato prevede l’accorpamento delle redazioni delle testate dapprima in due newsroom (Tg1, Tg2, Rai Parlamento da una parte, Tg3, Tgr e Rai News 24 dall’altra), arrivando nel 2018 a una sola redazione sul modello della tv pubblica britannica.

“Dagli organi di stampa abbiamo appreso che il sindacato dei giornalisti ha in animo di presentare un progetto che porta direttamente a un’unica newsroom. Se così fosse – è stato il messaggio di Gubitosi all’Usigrai – sarebbe auspicabile”. Per quanto riguarda il dato economico il dg ipotizza un risparmio di “70 milioni l’anno dopo tre anni”. L’audizione è servita anche per tracciare un bilancio dell’attuale cda di viale Mazzini a due anni e mezzo dalla sua nomina. “Nonostante il periodo non semplice abbiamo investito – ha sottolineato – credo che non abbiamo fatto un solo taglio lineare in questo periodo”. Il rammarico semmai è un altro, cioè quello di non essere riusciti a creare un maggior spirito di squadra in azienda.

“Se dovessi dire dove si poteva fare di più e avrei dovuto raggiungere maggiori risultati, e questo lo posso dire visto che sono alla fine di questa esperienza, è che in Rai non sempre ci sentiamo un’unica squadra”. Ciò che in Rai, secondo Gubitosi, manca è proprio il senso di portare “tutti la stessa maglia. Quando diremo Rai e non più Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, allora sarà un successo”. La riforma, con l’accorpamento delle testate, potrà essere utile in questo senso, e, contrariamente a quanto sostengono alcune forze politiche, per il direttore generale non avrà alcuna ripercussione negativa sul pluralismo, “abbiamo recepito la richiesta di rafforzarne la declinazione, sono d’accordo e convinto che questo debba essere l’elemento fondante del servizio pubblico radiotelevisivo”.