Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva

«Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva» «Quicumque quaesiĕrit anĭmam suam salvam facĕre, perdet illam; et, quicumque perdidĕrit illam, vivificābit eam»

Venerdì 13 novembre – XXXII Settimana del tempo ordinario – Lc 17, 26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Il commento di Massimiliano Zupi

Il discorso sul regno di Dio iniziato ieri ha qui il suo culmine, la sua chiave di lettura: paradossalmente, per accedere al regno, per avere cioè la vita piena, che non finisce, occorre perderla, mentre viceversa chi vuole salvarsi, si perde (Lc 9,24). Come la moglie di Lot, che si voltò indietro a guardare la città che stava abbandonando e divenne una statua di sale (Gn 19,26): la morte è il destino ineluttabile della vita su questa terra; il vero volto di quel che sembra un giardino è un deserto di sale, senza vita.

Il mondo, irrimediabilmente, come ai tempi di Noè, è destinato ad annegare nell’acqua (Gn 7,17-24); come ai tempi di Lot, a bruciare nel fuoco (Gn 19,24.28). Passa la scena di questo mondo (1 Cor 7,31): cercare di trattenerla è uno sforzo vano. Per questo occorre vivere di questo mondo come se non ne vivessimo (1 Cor 7,29-31). Attaccarvisi è una scommessa già persa (Lc 12,20). Cercare di conservare la vita è un po’ come trattenere il respiro: si finisce con il morire soffocati.

La vita è ricevuta non per essere posseduta, ma donata: come l’aria inspirata è fatta per essere espirata. Ecco il segreto del regno di Dio: donarsi è la via per ricevere la vita in dono, vita che si manifesta come sorgente zampillante (Gv 4,14). Gesù porta una nuova acqua (Gv 7,37-38), in cui non si affoga: quella del battesimo, acqua di morte e resurrezione, di vita attraverso la morte. Ed un nuovo fuoco (Lc 12,49): quello dello Spirito, che arde, ma non si consuma (Es 3,2). Vivendo il vangelo, già al presente possiamo entrare in quell’acqua, come Noè nell’arca; qui e adesso in quel fuoco, come Lot nella terra promessa.