8 settembre: 80 anni dall’armistizio che cambiò l’Italia

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L’ 8 settembre 1943 è stato spesso definito il “giorno della vergogna”. Ma in realtà è stato l’inizio di una rinascita. Com’è noto, in questo giorno venne dato l’annuncio pubblico dell’armistizio firmato il 3 settembre a Cassibile da rappresentanti del governo Badoglio e alti ufficiali degli Alleati. Quell’annuncio fu dato dopo che il re e il governo erano scappati da Roma, per passare nella parte d’Italia occupata da americani e inglesi e mettersi così al sicuro dai tedeschi.

Lasciarono in questo modo l’esercito e tutti gli italiani abbandonati a se stessi, in una situazione di grande incertezza e confusione, che presto i tedeschi presero in mano imponendo il pugno di ferro. Quel passaggio, insomma, fu realizzato nel modo peggiore possibile, ultima espressione del fallimento di una classe dirigente che aveva vigliaccamente sostenuto il fascismo per tanti anni seguendo i propri interessi. Ma ciò non toglie che l’armistizio sia stato un passaggio necessario, già rimandato troppo a lungo: da mesi era chiaro che l’Italia stava perdendo la guerra. Riconoscerlo era un’urgenza per cercare di limitare i danni ed era moralmente giusto, seppure tardivo, dissociarsi dalla Germania nazista che ha scatenato una tragedia costata 50 milioni di morti.

E’ stato, insomma, un momento di verità, dolorosissimo ma inevitabile. Per questo è stato anche l’inizio di una rinascita. Gli italiani sono stati scaraventati in una situazione imprevista, molti sottoposti a gravi minacce, anche se con grandi differenze tra chi stava al fronte e chi no, tra il Nord e il Sud dell’Italia ecc. Ma spesso hanno dovuto prendere decisioni importanti per sé, per i propri familiari, per tutto il Paese. Senza più alcuna valida guida o protezione istituzionale. Hanno dovuto cercare dentro se stessi la forza morale per fare ciò che era giusto fare. Molti non l’hanno fatto e sono stati definiti vili o opportunisti, come l’Alberto Sordi del film “Tutti a casa”. Ma è giusto riconoscere che molti invece hanno interrogato la propria coscienza. Dando poi in concreto risposte diverse, persino contraddittorie fra di loro, ma ispirate da un soprassalto morale davanti alla rivelazione di uno sfacelo, non solo fisico, così grande. “Perché non possiamo non dirci cristiani” scrisse allora Benedetto Croce, laico e anticlericale ma convinto che solo nel patrimonio del cristianesimo c’era la forza necessaria per costruire un mondo nuovo dopo che il vecchio era andato in rovina.

E’ questo che rende ancora valido, importante e attuale la Resistenza: il soprassalto morale che ne è stato all’origine. L’armistizio, infatti, non ha significato la fine della guerra, perché i fascisti volevano mantenere il potere e si sono venduti agli occupanti tedeschi. C’ è chi li ha combattuti con le armi, tanti lo hanno fatto senza, come i parroci che hanno protetto le loro comunità o le popolazioni che hanno nascosto i perseguitati dal nazi-fascismo. Gli uni e gli altri capendo sempre di più che solo la pace è un valore per cui vale la pena vivere o, se necessario, morire; non certo la guerra, che i nazisti e i fascisti avevano voluto e che hanno proseguito inutilmente per due anni pur sapendo che era perduta.