San Benedetto, il cercatore di Dio

Un grande Santo che dal 21 marzo all’11 luglio ci accompagna in questo tempo drammatico e ci insegna la via della pax benedettina

“L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina”. Così Papa Gregorio Magno nell’anno 592, attraverso i Dialoghi, descrive mirabilmente la vita di un santo monaco, salito al cielo appena 50 anni prima. Si tratta di San Benedetto da Norcia, conosciuto anche come San Benedetto Abate, fondatore dell’Ordine che porta il suo nome e patriarca del monachesimo occidentale. Nel 1964 Papa Paolo VI lo proclamò patrono d’Europa spostando la sua memoria all’11 luglio, quando per secoli nel calendario liturgico veniva ricordato il 21 marzo, giorno della sua “nascita al cielo”.

San Benedetto, indicato come fratello di Santa Scolastica, nacque verso il 480 nella città umbra di Norcia. San Gregorio Magno racconta che in giovane età “ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e volle far parte della vita monastica”.

Come si accennava all’inizio, al santo abate vengono attribuiti un grande numero di miracoli. Benedetto XVI, però, ha spiegato che i prodigi da lui compiuti servono soprattutto per dimostrare che Dio “ammonendo, aiutando e anche punendo, intervenga nelle concrete situazioni della vita dell’uomo” e che pertanto il Padre Celeste “non è un’ipotesi lontana posta all’origine del mondo, ma è presente nella vita dell’uomo, di ogni uomo”. Sempre secondo il Papa emerito, San Benedetto, nella sua Regola, sostiene “che la preghiera è in primo luogo un atto di ascolto, che deve poi tradursi nell’azione concreta. ‘Il Signore attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti’, egli afferma. Così la vita del monaco diventa una simbiosi feconda tra azione e contemplazione ‘affinché in tutto venga glorificato Dio’”.

Stabilitas loci” (l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero) e “conversatio” (la buona condotta morale, la pietà reciproca e l’obbedienza all’abate) erano i capisaldi della vita monastica da lui teorizzata e attuata attraverso una precisa organizzazione del tempo, che è dono di Dio e non deve essere sprecato. In tal mondo durante la giornata si alternano dei momenti di preghiera e lavoro secondo il motto “ora et labora” (prega e lavora). Di fatto, il vero fine della “stabilitas loci” è la “stabilitas cordis” (stabilità del cuore) frutto non di staticità ma di un cammino di crescita spirituale e di rafforzamento interiore.

La tradizione attribuisce al santo monaco la cosiddetta “Croce o Medaglia di San Benedetto”, dove in un lato è raffigurato, assieme ad alcune scritte, proprio l’ispiratore del monachesimo occidentale con una croce nella mano destra e un libro – la Regola – in quella sinistra. Ai lati di San Benedetto sono ritratti due episodi importanti della sua vita: da un lato una coppa con un serpente, dall’altro un pane e un corvo. I fatti si riferiscono ai tentativi di avvelenamento che avrebbe subito dai suoi stessi monaci.

L’altra faccia della Medaglia mostra una croce sormontata dalla scritta “Pax”, motto dell’ordine benedettino. Attorno al crocifisso sono presenti 6 acronimi in latino. Uno di questi rappresenta le parole “la Santa Croce sia la mia luce”, gli altri 5 sono delle brevi preghiere di esorcismo: “non sia il demonio il mio condottiero”, “allontanati, satana!”, “non mi attirare alle vanità”, “sono mali le tue bevande” e “bevi tu stesso i tuoi veleni”.

In questo tempo particolare per la Chiesa, concludiamo menzionando ancora un passo della Regola che fornisce indicazioni ai monaci su come vivere la Quaresima, nella speranza che chi si professa cristiano possa trarne ispirazione per un autentico cammino di conversione a partire dalle semplici azioni quotidiane: “Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale, visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno”.