Le sette forme di amore

Ci sono, a detta degli psicologi, sette forme di Amore: infatuazione, simpatia, amore fatuo, amore vuoto, amore romantico, amicizia, amore perfetto, caratterizzati da tre componenti fondamentali che sono intimità, passione, impegno. Tali componenti possono essere tutti presenti, oppure solo in coppia, oppure ce n’è uno solo. A prescindere dal percorso psico-affettivo della persona, tali modalità di provare affetto possono essere presenti tutti e anche in periodi diversi della nostra vita adulta verso le stesse persone, oppure nello stesso momento esistenziale, ma diversamente in base alle persone a cui sono rivolte (genitore, figlio, partner, amico, ecc.); molto dipende al significato e al valore che si attribuisce al rapporto esistente.

È ovvio che non possiamo trattare l’argomento amore nella sua completezza. Troppo vasto e complesso. L’ amore perfetto fra uomini e donne non esiste: solo Dio, secondo il messaggio biblico ed evangelico, ama perfettamente.

Ci limiteremo ai due estremi in cui l’Amore si manifesta: l’amore oblativo e il suo contrario, l’amore captativo.

Ho avuto modo di sentire il termine “oblativo” per la prima volta in una circostanza particolare.  Svolgevo il mio lavoro in un ufficio scolastico e ad un tratto si è spalancata la porta della presidenza, attigua al mio ufficio, e ne è uscita la preside bianca in volto, del tutto sconvolta, che avanzava verso di me senza vedermi. Ad un tratto si è fermata, ha alzato braccia ed occhi al soffitto (sempre senza vedermi) ed ha esclamato: “Oblativo”. Poi si è messa piangere. È ritornata nel suo ufficio chiudendo la porta lentamente, senza far rumore. Ovviamente ho cercato il significato di quella parola e del suo opposto, a me sconosciute entrambe, ed ho capito il suo grande valore e la sua importanza nella vita delle persone. Alla base dell’episodio che ho narrato, c’era stata una improvvisa e devastante crisi familiare, ragione per cui, per poterla superare, occorreva una forma di amore estremo, appunto quello oblativo, quello che consente il perdono, l’accettazione e l’accoglimento.

Anni fa, quando ci si sposava, lo sposo diceva: “Io ti prendo” Ora si dice: “Io ti accolgo”. In questo modo ogni possibile crisi diventa una sorta di apprendistato, perché l’amore oblativo ha il potere di farci rinascere anche dai nostri errori. È bene però dire che il perdono non è “oblio”, perdonare non vuol dire dimenticare, ma solo un via per guarire, per rialzarsi e ripartire, per non smettere di ricercarci come se fosse il primo giorno, perché amare, in fondo è riconoscere all’ altro il permesso di sbagliare, sapendo che nessuno è al riparo da eventuali errori e che ognuno ha qualcosa da farsi perdonare. Queste brevi considerazioni si riferiscono al caso che ho citato e che riguardava il rapporto fra due coniugi.

Cosa significa amore oblativo? Amare in modo oblativo significa voler bene senza aspettarsi nulla in cambio, instaurare relazioni affettive nelle quali ci sentiamo sicuri e quindi non proviamo sentimenti di gelosia o di rivalsa in modo elevato. Un esempio è generalmente l’amore di un genitore verso il proprio figlio (o almeno dovrebbe essere così).

L’ amore oblativo (dal latino “oblativus= offerta) è il classico amore incondizionato. È quello che iniziamo a provare quando amiamo veramente una persona, perché l’accettiamo per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti senza volerla cambiare, riconosciamo le sue esigenze diverse magari dalle nostre ma non per questo meno importanti, non basiamo il nostro affetto sui nostri bisogni ma sul bene comune. Ciò non significa che l’amore oblativo sia un amore sacrificale. Se sacrifici sono presenti (e molte volte lo sono) e se fatti col cuore, essi possono essere sentiti come un “dare”, un “accogliere” nel senso più alto della parola. Chi sa amare oblativamente mette in pratica il Vangelo.

Nella psicoanalisi, l’oblatività è un termine relativo al livello più alto dello sviluppo psichico- affettivo, contraddistinto dalla possibilità di amare e di offrire e di offrirsi liberamente senza contropartita. Parliamo di generosità assoluta, disinteressata, altruistica.

Il suo opposto è l’amore captativo: non conosce la dedizione, il sacrificio e l’abnegazione. In psicanalisi è così qualificata la tendenza istintuale del bambino, specialmente nei primi mesi di vita, ad appropriarsi di ciò che lo circonda e si dice talora anche del comportamento dell’adulto quando rivela persistenza di atteggiamenti infantili o immaturi, come quelli di una madre incapace di lasciare al proprio bambino un po’ alla volta la sua autonomia.

Quando siamo bambini, l’affetto è solitamente vissuto nell’ ottica del ricevere; siamo abituati ad ottenere mille attenzioni e ci sentiamo al centro del mondo. Il nostro modo di amare è di tipo captativo perché centrato sui nostri bisogni e sul suo percepire l’altro come funzionale per il nostro benessere. Non immaginiamo che l’altro abbia esigenze diverse, la nostra felicità affettiva nasce dal fatto che l’altro soddisfi i nostri bisogni. L’ altro è una parte di noi e non una entità a sé stante. È vissuto come qualcosa che ci appartiene, ma che allo stesso tempo temiamo di perdere e questo ci rende insicuri e bisognosi di continue conferme affettive. In base a ciò e a come il nostro bisogno di affetto è stato soddisfatto, crescendo potremo rimanere ancorati ad un tipo di amore captativo oppure evolvere verso una capacità di amare di tipo oblativo. Ciò dimostra (ma non è così in modo assoluto) che l’oblatività non è istintuale, ma un processo verso la maturazione psico-affettiva. Oggi siamo di fronte ad un fenomeno molto preoccupante: pensiamo al numero di femminicidi: immaturità, paura di perdere, sentimenti di possesso e di captazione, insicurezze e insoddisfazioni, tutti sentimenti e stati che non aiutano la capacità oblativa.

C’ è un altro aspetto che desidero mettere in luce. È sempre più frequente nel nostro paese avere vicino una persona cara colpita da una malattia cronica, in condizioni di disabilità, affetta da disturbi psichici o patologie neuro vegetative, oppure avere accanto persone che hanno bisogno di assistenza continua. È proprio in risposta a questi bisogni che nasce il profilo dell’assistente familiare (caregiver), ovvero di una persona all’ interno della famiglia stessa che si prende cura, al di fuori di un contesto professionale e a titolo gratuito, del proprio caro in difficoltà. C’è un esercito di persone in Italia, persone che io chiamo “eroiche” e che ogni giorno, magari 24 ore su 24, attuano e vivono in scienza e coscienza, l’amore oblativo.