Il ricordo del mio incontro con Michail Gorbaciov

Ho conosciuto personalmente Michail Gorbačëv, del quale ho apprezzato il tentativo di portare l’Unione Sovietica, che da tempo aveva esaurito la sua “spinta propulsiva”, verso un socialismo democratico e partecipato. Ancor più ho condiviso la sua forte convinzione della necessità di portare il mondo intero fuori dalle costrizioni del bipolarismo e della guerra fredda verso un assetto multipolare, fondato sul disarmo, la cooperazione internazionale e la pace.

Il 27 giugno del 2000 a Roma ci fu la presentazione del libro, “Agostino Casaroli, Il martirio della pazienza. La Santa Sede e i paesi comunisti (1963-1989)”, pubblicato da Einaudi e poi tradotto in molte lingue. Il libro era stato progettato e introdotto dal cardinale Achille Silvestrini, coprotagonista della Ost-politik vaticana e della Conferenza di Helsinki. Io ne ero il curatore assieme a Giovanni Maria Vian. Lo presentarono l’allora Segretario di Stato, card. Angelo Sodano, il card. Silvestrini, Romano Prodi e, appunto, “il signor Michail Gorbačëv”, come riportò la Sala Stampa del Vaticano, venuto appositamente da Mosca assieme alla sua bella moglie, Raisa Gorbačëva.

Nel pomeriggio il cardinale Achille Silvestrini e i due curatori del libro fummo ricevuti in udienza privata da Giovanni Paolo II. Gli portammo in dono una copia del libro e ci intrattenne a lungo, illustrando la sua pregnante metafora dell’ineludibile necessità che l’Europa respirasse con i suoi due polmoni dell’Occidente e dell’Oriente, per arrivare a una proficua ricomposizione della sua secolare divisione.

La sera fummo tutti invitati a cena in una saletta riservata di un albergo di Via Veneto, grazie a un generoso sostegno della Fondazione Agnelli che si era fatta carico anche della trasferta di Gorbačëv. Erano presenti anche la nipote di Casaroli Orietta con il marito e Walter Barberis, che aveva seguito la pubblicazione del libro per conto della Einaudi. Faceva da interprete Giulietto Chiesa e fu una serata quanto mai piacevole. A un certo punto io mi rivolsi a Giulietto Chiesa, che conoscevo da tempo: “Di’ a Gorbačëv che alcuni di noi erano iscritti al Partito comunista“. Presto fatto. Gorbačëv, rivolgendosi verso di me, con un tono solo apparentemente scherzoso, rispose subito con questa battuta: “Allora, in Italia c’erano più comunisti che in Russia“.