L’intelligenza teologica della sinodalità

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Il Magistero di papa Francesco testimonia come l’intelligenza teologica della sinodalità nella prospettiva ecclesiologica del Concilio Vaticano II inviti a riflettere sulle modalità concrete della sua attuazione. Si tratta di analizzare, a grandi linee, ciò che è attualmente previsto dall’ordinamento canonico per evidenziarne il significato e le potenzialità e darvi nuovo impulso, discernendo al contempo le prospettive teologiche di un suo pertinente sviluppo. Secondo la Commissione teologica la sinodalità quale dimensione costitutiva della Chiesa si esprime sul livello della Chiesa universale nella circolarità dinamica di “consensus fidelium”, collegialità episcopale e primato del Vescovo di Roma. Poggiando su questo fondamento, la Chiesa è interpellata di tempo in tempo da circostanze e sfide concrete per rispondere alle quali, in fedeltà al “depositum fidei” e con apertura creativa alla voce dello Spirito, è chiamata ad attivare l’ascolto di tutti i soggetti che insieme formano il Popolo di Dio per convergere nel discernimento della verità e nel cammino della missione.

Il Sinodo dei Vescovi è stato impostato sul tema della sinodalità attraverso un largo ascolto del popolo cristiano. E può essere di grande aiuto nel dare già alcune indicazioni per il prossimo futuro. Recuperando e rilanciando i concetti-chiave del Vaticano II. E, soprattutto, sintonizzandosi su quello che era stato il suo orizzonte teologico e pastorale, il ritorno alle radici del mistero stesso di Cristo incarnato, crocifisso e risorto, ma che poi non aveva avuto un seguito nel processo post-conciliare. Diceva il grande Henry de Lubac: “È necessaria una nuova sintesi nella Chiesa e nell’uomo tra esperienza terrena e trascendenza”. E cioè, la Chiesa, pur nella sua unità essenziale, deve saper vivere il Vangelo nelle diverse situazioni del mondo. E l’uomo, pur immerso nell’avventura terrena, deve saper trovare nel Vangelo il significato ultimo della propria storia.