Ferrobonus e Marebonus: perché il governo deve renderli strutturali nel Bilancio dello Stato

I nodi al pettine della società italiana dopo vent’anni di stagnazione sono arrivati tutti insieme al tavolo del Governo Meloni. Per affrontarli a mio parere è per la esperienza maturata in un governo durato 42 mesi è necessario avere una stabilità governativa per tutta la legislatura. Superato il COVID, ancora in corso la guerra Ucraina e la emergenza energetica, l’inflazione avrà conseguenze importanti sul costo annuo del Debito Pubblico, una grossa fetta di risorse del Paese sottratte ai problemi fondamentali del lavoro dell’aumento della povertà, di periferie degradate e di un futuro tecnologico e digitale che mette in discussione gli equilibri economici.

La crescita del lavoro stabile sarà la migliore garanzia per la tenuta del nostro sistema pensionistico. I fondi del PNRR sono il maggiore volano di sviluppo sole se saranno chiare le priorità nelle infrastrutture strategiche e nella difesa di un settore manifatturiero essenziale per garantire al Paese la spinta economica del mercato mondiale. Per un Paese che negli ultimi vent’anni ha perso 25 punti di PIL pro-capite, gli ultimi dieci anni sono stati salvati solo dal forte aumento delle esportazioni cui si è aggiunta quest’anno la forte ripresa del turismo.

La stagnazione economica e il COVID non hanno portato solo all’impoverimento di una parte importante dei nostri concittadini ma hanno portato come ha detto bene il CENSIS a a una depressione che va assolutamente curata e a una perdita di giovani neolaureati che sono costretti a cercare lavoro e futuro all’estero.

Il Paese e le forze politiche debbono riscoprire la essenzialità per il futuro della nostra Nazione del sistema industriale che ha al suo interno una ricerca fondamentale per un Paese moderno e un terziario avanzato sbocco importante per i nostri ragazzi. Il Governo deve assolutamente difendere, malgrado i gravi errori di sottovalutazione della politica e della azienda, il settore automotive, la fabbrica delle fabbriche. Si riprenda con tutte le innovazioni possibili la politica della Manifattura 4.0.

La seconda priorità per il rilancio della economia e del lavoro è rappresentata dalle infrastrutture. Le infrastrutture insieme alla politica industriale sono le gambe per dare forza e una prospettiva a un Paese bellissimo, povero di materie prime che ha il dono della inventività dei suoi imprenditori, come l’Italia. Le infrastrutture portano con sé sviluppo del turismo e della logistica, due settori ad alta intensità di lavoro.

Dopo le nostre grandi manifestazioni a favore della TAV, non vi sono più scuse. Le infrastrutture vanno realizzate e subito. Le infrastrutture rendono più competitivo e attrattivo il territorio e lo valorizzano.

La TAV, Il Terzo Valico, la Nuova Diga al porto di Genova, il Corridoio del Brennero e quello Adriatico renderanno i porti del Nord Tirreno e del Nord Adriatico la porta più breve, più green da e verso l’Europa di merci e passeggeri. Attorno agli snodi di queste infrastrutture si renderà la Pianura Padana la più Grande Area logistica del Sud Europa con forti ricadute sul settore della occupazione e con l’aumento delle entrate fiscali. Oggi i porti generano entrate fiscali per lo Stato attorno ai 13-15 miliardi di euro l’anno, senza una lira di evasione. Il Porto di Genova da solo, secondo Nomisma, genera oltre 100.000 posti di lavoro tra diretti e indiretti, come la Mirafiori nel secolo scorso.

Se per difendere il settore industriale saranno necessari le grandi risorse del Fondo Giorgetti, per le infrastrutture saranno necessarie modalità veloci simili a quelle che hanno consentito la realizzazione in pochi mesi del nuovo Ponte di Genova. La realizzazione dei corridoi ferroviari europei sarà la garanzia di un futuro green del trasporto merci e della mobilità delle persone. Ecco perché il Governo deve rendere strutturali nel Bilancio dello Stato i fondi per il Ferrobonus e per il Marebonus due misure frutto del nostro lavoro negli anni 2008-2009 che hanno consentito al trasporto merci su rotaia di crescere dal 6 al 12% Dobbiamo aumentare  la quota del trasporto su rotaia almeno sino al 50% per migliorare stabilmente l’ambiente e per consentire a chi verrà dopo di noi di rivedere i begli autunni di cui parlava estaticamente Nietzsche durante il suo soggiorno torinese di fine Ottocento e di diminuire le morti per inquinamento.