L’emergenza lavoro e la politica che guarda altrove

Nubi pesanti si preannunciano per il settembre che arriva, in particolare per il lavoro, sia quello dipendente che quello autonomo, comprese le partite IVA. La tensione nelle case di chi ha un lavoro precario o a tempo parziale non è mai stata così alta.

I tanti bonus previsti nei Decreti governativi, oltre ad arrivare tardi e male, purtroppo non sono riusciti a pareggiare ciò che le imprese grandi e piccole hanno perso nei lunghi mesi di Lockdown e nella fase di calo dei consumi dovuti ai timori di ricaduta del COVID 19. Settembre e ottobre si preannunciano pertanto difficili per le nostre aziende che, a oggi, mediamente hanno perso dal 20 al 40% del loro fatturato sia a causa del calo della domanda interna che a causa del calo delle esportazioni dovuto agli effetti del COVID sulla economia mondiale.

Se sin qui le aziende han potuto tamponare utilizzando lo strumento della Cassa in deroga, a breve la situazione Diventerà pesante. Ricordo che il nostro PIL per il 65% e’ generato dalla Domanda Interna e per il 35% dalle esportazioni.

L’Italia inoltre si trova in maggiori difficoltà perché la nostra economia era già più debole delle altre prima della crisi, a causa la bassissima crescita degli ultimi vent’anni. Il lockdown, peraltro, ha colpito al petto alcuni settori che per noi sono maggiormente trainanti, turismo, auto, bar e ristorazione.

I partiti di maggioranza sembrano attardati su questioni interne al punto che il dibattito con le categorie produttive e col Parlamento sul Piano da presentare in Europa per poter utilizzare i soldi (82 miliardi) a fondo perduto del Recovery Fund non è ancora iniziato. La maggioranza di governo e divisa poi sull’utilizzo dei fondi del MES.

Incomprensibili appaiono i ritardi sia nello sbloccare gli investimenti pubblici, che rilancerebbero un settore trainante come l’edilizia, sia nel deliberare gli incentivi alla rottamazione delle auto Diesel a favore delle nuove auto ecologiche. Mentre la Francia ha stanziato ben 8 miliardi per incentivi alla rottamazione, da noi solamente 500 milioni. Così come utilizzando il Metodo Genova, che in poco più di un anno ci ha dato il nuovo Ponte a Genova, si potrebbero sbloccare rapidamente i lavori pubblici come la Asti-Cuneo, la Pedemontana, la Gronda a Genova, interventi al Sud, ecc.

Se non riparte rapidamente l’economia la pressione sul lavoro dipendente da parte delle aziende rischia di diventare esplosiva. Ci si convinca che il lavoro è il bene primario da promuovere e da conservare, attraverso defiscalizzazioni e attraverso il rilancio degli investimenti. Senza la crescita economica, il modo più serio per creare nuove opportunità di lavoro, alla lunga ne soffrirà lo stesso bilancio dell’Inps che oggi garantisca la erogazione delle pensioni.

Con i soldi a fondo perduto del Piano Marshall, De Gasperi e i suoi governi ci diedero il Boom economico: quel magnifico risultato ci deve ispirare oggi che dovremo studiare come impiegare gli 82 miliardi del Recovery Fund, oltre ai fondi del MES e del fondo Sure.

La politica non può più sbagliare, deve darsi come priorità il lavoro, sia quello dipendente che quello autonomo, perché la ripresa come diceva John Kennedy, come un’onda solleverà tutte le barche, farà sentire i benefici a tutti, belli e brutti.