“Disabilità digitale”: di cosa si tratta e come superarla

La maggior parte di noi, oggi, pensa alla disabilità come a una condizione fisica (o, forse, medica). O si è disabile o non lo si è e, di conseguenza, si tende ad associare la persona ad una o più problematiche sanitarie. Il problema è che, in questo “modello medico”, non ci sono molte soluzioni per migliorare la quotidianità della persona con disabilità, come ad esempio facilitarne il lavoro e il viaggio/turismo. La maggior parte delle persone disabili, infatti, concorda sul fatto che non è la condizione sanitaria che le rende disabili. È che il mondo, finora, non è (e non è stato) “progettato” per funzionare con una o più disabilità. Se c’è una discrepanza (permanente o temporanea) tra le capacità di una persona (fisiche e/o sensoriali) e l’azione da svolgere, è proprio lì che nasce la sua disabilità. Si parla di disabilità permanente se, ad esempio, si è paralizzati alle gambe, e di disabilità temporanea se si ha una gamba ingessata.

A livello tecnologico sono i contenuti, le app e il software di una determinata azienda che creano la “disabilità digitale” delle persone, alzando le barriere digitali ed evidenziando quelle famose discrepanze. E queste barriere possono interessare clienti, dipendenti, candidati per un lavoro, fornitori e chiunque voglia interagire con qualsiasi azienda. Da decenni stiamo utilizzando tecnologie che aiutano anche le persone con disabilità ad interagire con il mondo tecnologico.

A partire dagli anni ’90, queste tecnologie assistive (o AT) hanno cominciato ad essere incorporate parzialmente nei sistemi operativi. Oggi si trovano facilmente numerose AT nei sistemi operativi (Windows, Mac OS, Android, iOS…) e in tutti i dispositivi che le eseguono e la maggior parte degli ostacoli tecnologici non deriva dalla mancanza di AT, bensì dai sistemi, siti Web, app e contenuti che vengono creati e non funzionano bene con le AT esistenti.

Le barriere digitali quotidiane possono derivare da semplici omissioni, come la mancanza di testo alternativo sulle immagini o etichette mancanti per i campi di moduli da compilare, che possono impedire ai non vedenti di comprenderne il contenuto o completare form di richiesta o contatto. Molti di questi problemi minori vengono facilmente rilevati tramite strumenti di test automatici o semiautomatici e da user test di accessibilità.
Dovrebbero essere trattati come i problemi di controllo di qualità che spesso le aziende hanno, diventando una prassi, una routine, come il controllo ortografico in un testo da pubblicare.

Altri ostacoli derivano da decisioni tecnologiche su scala più ampia, come la creazione di un’app che gestisce contenuti video o solo audio, senza supporto per i sottotitoli. Le barriere digitali possono derivare da strumenti di terze parti come chatbot, strumenti di e-commerce o siti Web di agenzie interinali. Nei tribunali statunitensi, per esempio, sono all’ordine del giorno le cause verso aziende che dovrebbero essere tenute a controllare che tutti i componenti di terze parti che utilizzano siano accessibili… Ciò ci fa capire che non può essere responsabile solo il fornitore dei servizi erogati, ma anche e soprattutto il cliente che li utilizza. Ed è proprio quando i servizi sono stati già erogati, decisi o pagati che l’accessibilità digitale è difficile da correggere e diventa un problema per chi, ad esempio, vuole navigare nei siti di assunzione, compilare i moduli per la candidatura o vuole presentarsi in videoconferenza. E se un candidato disabile ottiene il lavoro, dovrà ancora affrontare ostacoli per rendere la propria postazione di lavoro efficiente e usabile!

Supponiamo che la vostra azienda stia organizzando un importante meeting online e voglia utilizzare una piattaforma di meeting che dichiara essere accessibile, ma i sottotitoli non sono stati abilitati o non vengono creati. Qualsiasi partecipante non udente o con problemi di udito non sarà in grado di seguire la conversazione. Anche se una persona capisse il 75% di ciò che viene detto, tramite riconoscimento labiale, farebbe comunque fatica a comprendere particolari indicazioni tecniche e probabilmente non riuscirebbe a partecipare correttamente a una discussione in tempo reale. Se perpetuata, quella difficoltà di comprensione globale potrebbe portare a una falsa percezione di disinteresse o scarso rendimento da parte del datore di lavoro. Allo stesso modo, anche la formazione obbligatoria dovrebbe essere completamente priva di barriere, soprattutto se influisce sulle valutazioni delle prestazioni del dipendente o del candidato con disabilità.

Ancora oggi, purtroppo, a meno che un fornitore non faccia dichiarazioni specifiche sull’accessibilità del proprio prodotto digitale, si presume che questo contenga ancora barriere digitali. L’accessibilità digitale, però, non si crea per caso! Fortunatamente, alcuni prodotti di uso quotidiano, come Microsoft Office o Adobe, hanno recentemente fatto passi da gigante nel migliorare l’accessibilità digitale. Tutto il personale di un’azienda dovrebbe imparare a creare documenti, fogli di calcolo e presentazioni accessibili, poiché, fortunatamente, oggi si può disporre di strumenti di controllo integrati per fare bene il proprio lavoro. Questo solo, però, se vengono costantemente aggiornati man mano che le nuove funzionalità di accessibilità vengono implementate.

Su scala più ampia, l’accessibilità digitale sarà un’iniziativa sostenibile a lungo termine, alla pari della privacy e della sicurezza informatica. Dal 2025 sarà così, con l’applicazione dell’European Sccessibility Act. Solo così potrà avere un senso. Gli sforzi per l’accessibilità a breve termine tendono, infatti, ad avere risultati di breve durata: sono più costosi e difficili da implementare. Le nuove iniziative di accessibilità digitali, invece, sono efficienti quando sono pianificate nel processo di sviluppo fin dall’inizio, perché è più semplice e molto più conveniente apportare correzioni all’inizio.

Una corretta programmazione per sviluppare l’accessibilità digitale di un prodotto, un servizio o un documento, deve disporre di risorse adeguate e guardare oltre il semplice rispetto della normativa, oltre il “necessario”. Ormai non c’è niente di cui vantarsi: è come un ristorante che si vanta di aver superato un’ispezione sanitaria. E, proprio come un ristorante non ha successo sulla concorrenza solo puntando al minimo indispensabile, così non lo avrà nemmeno un’azienda che non si impegnerà veramente per massimizzare l’accessibilità digitale dei suoi prodotti, servizi e documenti digitali. Fate di più, fate meglio e non fermatevi!