Il Papa: “Accettare o rifiutare: con la croce non si negozia”

Un duplice mistero accompagna ogni anno l'ingresso nella Settimana Santa: lo ha spiegato Papa Francesco nell'omelia della Domenica delle palme in Piazza San Pietro, rivelando come esso si identifichi “nei due momenti caratteristici di questa celebrazione: la processione con i rami di palma e di ulivo all’inizio e poi la solenne lettura del racconto della Passione”. Due episodi, vicini nel tempo ma così lontani nella loro manifestazione: “Le acclamazioni dell’ingresso in Gerusalemme e l’umiliazione di Gesù. Le grida festose e l’accanimento feroce”. E' in questi episodi che Gesù “ci mostra come affrontare i momenti difficili e le tentazioni più insidiose, custodendo nel cuore una pace che non è distacco, non è impassibilità o superomismo, ma è abbandono fiducioso al Padre e alla sua volontà di salvezza, di vita, di misericordia”. Una fiducia obbediente nel Padre, con la quale Cristo respinge la tentazione “di 'fare la sua opera' scegliendo Lui il modo e slegandosi dall’obbedienza”.

L'antidoto al trionfalismo

L'ingresso a Gerusalmme sarebbe potuto cadere nell'inganno del maligno, che aveva dalla sua “la carta del trionfalismo”, alla quale “il Signore ha risposto rimanendo fedele alla sua via, la via dell’umiltà”. Questo perché, ha spiegato il Santo Padre, “il trionfalismo cerca di avvicinare la meta per mezzo di scorciatoie, di falsi compromessi… si alimenta del confronto con gli altri giudicandoli sempre peggiori, difettosi, falliti… Una forma sottile di trionfalismo è la mondanità spirituale, che è il maggior pericolo, la tentazione più perfida che minaccia la Chiesa. Gesù ha distrutto il trionfalismo con la sua Passione”. Nel far questo, il Signore “ha veramente condiviso e gioito con il popolo, con i giovani che gridavano il suo nome acclamandolo Re e Messia… Umiltà non vuol dire negare la realtà, e Gesù è realmente il Messia, il Re”. Già in quel momento, però, “il cuore di Cristo è su un’altra via, sulla via santa che solo Lui e il Padre conoscono: quella che va dalla 'condizione di Dio' alla 'condizione di servo', la via dell’umiliazione nell’obbedienza 'fino alla morte e a una morte di croce'”. Gesù sa che “per giungere al vero trionfo deve fare spazio a Dio; e per fare spazio a Dio c’è un solo modo: la spogliazione, lo svuotamento di sé”. Non è possibile “negoziare con la croce”: essa “o la si abbraccia o la si rifiuta”. Gesù accetta la sua umiliazione per “aprire a noi la via della fede e precederci in essa”.

La notte della fede, l'alba della risurrezione

Quella stessa via, dopo di lui, la percorrerà per prima sua madre, Maria. Ella, come i santi, “ha dovuto patire per camminare nella fede e nella volontà di Dio. Di fronte agli avvenimenti duri e dolorosi della vita, rispondere con la fede costa 'una particolare fatica del cuore'”. Papa Francesco la chiama “la notte della fede”, dalla quale “spunta l'alba della risurrezione”. Sul Golgota, Maria ricorda l'annuncio dell'Angelo ma, su quel monte, “si trova di fronte alla smentita totale di quella promessa: suo Figlio agonizza su una croce come un malfattore. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre; entrambi hanno saputo tacere”. Quella via sarà seguita anche da santi e sante, che hanno scelto di seguire Gesù sulla via dell'umiltà e dell'obbedienza, tra i quali molti giovani “della porta accanto” che solo Dio conosce. Ed è proprio ai giovani che il Santo Padre si è rivolto nella Giornata mondiale della Gioventù diocesana, incoraggiandoli a non vergoarsi “di manifestare il vostro entusiasmo per Gesù, di gridare che Lui vive, che è la vostra vita”, così come a non aver paura “di seguirlo sulla via della croce”.

La ragione della speranza

Un duplice mistero, l'acclamazione festosa e l'accanimento feroce: due momenti che Gesù vive nel silenzio, vince la tentazione “di essere mediatico”. Nei momenti di oscurità e di grande sofferenza, è necessario avere il coraggio di tacere in modo mite e senza rancore: “La mitezza del silenzio ci farà apparire ancora più deboli, più umiliati, e allora il demonio, prendendo coraggio, uscirà allo scoperto. Bisognerà resistergli in silenzio, 'mantenendo la posizione', ma con lo stesso atteggiamento di Gesù”. Per questo, nell'attesa che il Signore venga a calmare la tempesta, “con la nostra silenziosa testimonianza in preghiera, diamo a noi stessi e agli altri ragione della speranza che è in noi”. Da qui, l'aiuto “a vivere nella santa tensione tra la memoria delle promesse, la realtà dell’accanimento presente nella croce e la speranza della risurrezione”.