Angelus, il Papa: “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati, crescerà una società più umana”

Il Santo Padre, nella Giornata mondiale dei Rifugiati, riflette sull'episodio evangelico della tempesta domata: "Gesù vuole che ci aggrappiamo a lui"

Papa Francesco Angelus rifugiati
Foto © Vatican Media

“Insieme possiamo fare la differenza”. E’ il tema che, quest’anno, anima la Giornata mondiale del Rifugiato, giunta alla ventesima ricorrenza e mai così attuale. L’emergenza dei profughi e dei rifugiati è continua e non si è certo arrestata con l’irruzione della pandemia. Lo ricorda anche Papa Francesco, dalla finestra che affaccia su Piazza San Pietro, al termine dell’Angelus domenicale. “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia”.

La preghiera doma le tempeste

Un tema, quello dei rifugiati, che si sposa con la lettura evangelica odierna, incentrata sull’episodio della tempesta sedata da Gesù. Gli stessi venti che, fin troppo spesso, assalgono anche le prove della nostra vita. Quei momenti in cui abbiamo gridato: “Perché resti in silenzio e non fai nulla per me?”. Una frase che ripetiamo quando un amore o un progetto “nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce“. Momenti in cui ci sentiamo preda di una tempesta, soffocati dalla paura, col rischio, come i discepoli, di perdere di vista la cosa più importante. “Sulla barca, infatti, anche se dorme, Gesù c’è, e condivide con i suoi tutto quello che sta succedendo. Il suo sonno, se da una parte ci stupisce, dall’altra ci mette alla prova… Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui“.

“Perché avete paura?”

E in questo modo la preghiera diventa un grido. Possiamo interrogarci su quali siano le tempeste che affliggono la nostra vita, mettendo in pericolo i nostri affetti e anche noi stessi. “Diciamo tutto questo a Gesù, raccontiamogli tutto. Egli lo desidera, vuole che ci aggrappiamo a Lui per trovare riparo contro le onde anomale della vita”. La fede, infatti, “comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi, dal sentirci bisognosi di Dio”. E Gesù, pregato dai discepoli, calma i venti. “E pone loro una domanda, una domanda che riguarda anche noi: ‘Perché avete paura? Non avete ancora fede?’. Anche per noi è così: quante volte restiamo a fissare i problemi anziché andare dal Signore e gettare in Lui i nostri affanni! Quante volte lasciamo il Signore in un angolo, in fondo alla barca della vita, per svegliarlo solo nel momento del bisogno”.