L’Italia è prima in Europa per trapianti di fegato

Lo indica il rapporto di valutazione realizzato dall'area Sistema informativo e di elaborazione dati del Centro nazionale trapianti

Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

L’Italia è al primo posto in Europa per numero assoluto di trapianti di fegato, con 24mila interventi realizzati tra il 2000 e il 2020. Lo indica il rapporto di valutazione realizzato dall’area Sistema informativo e di elaborazione dati del Centro nazionale trapianti. Organizzato in tre sezioni, il rapporto analizza la situazione relative alle liste d’attesa, all’attività svolta nei centri italiani e alla valutazione degli esiti.

Liste d’attesa

Per quanto riguarda i tempi d’attesa, il rapporto indica la probabilità del 52% di arrivare al trapianto entro i sei mesi dall’iscrizione in lista, con un miglioramento del 10% rispetto ai periodi 2002-2013 e 2014-2020. E’ stata inoltre osservata anche una riduzione della mortalità in lista d’attesa, che a 2 anni dall’iscrizione passa dal 16,2% al 12,2%. L’analisi conferma inoltre che sono cambiate le indicazioni al trapianto, con una riduzione delle iscrizioni in lista a causa delle cirrosi epatiche, che un tempo erano la patologia prevalente, a favore degli epatocarcinomi.

Attività

Per quanto riguarda l’attività nei centri italiani, i trapianti di fegato sono aumentati dai 7-800 dei primi anni 2000 agli oltre 1.200 del 2019, con una flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia. Nel 2022 – anno non ancora incluso nelle analisi sulla qualità – gli interventi sono stati addirittura 1.474: l’Italia si è confermata come il Paese che realizza il maggior numero assoluto di trapianti di fegato in tutta Europa. Ancora limitato, invece, il contributo dei trapianti da vivente, pari all’1,6% del totale degli interventi fatti negli ultimi 20 anni: dei circa 400 realizzati, un quarto ha riguardato pazienti pediatrici. Dal punto di vista chirurgico, l’8,4% dei trapianti è stato realizzato con la tecnica dello split-liver, che permette di dividere l’organo in due porzioni e trapiantarlo in due diversi pazienti.

Aumentata la sopravvivenza

Per quanto riguarda i trapianti da donatori deceduti, l’età di questi ultimi è sempre più avanzata: quasi il 50% aveva più di 60 anni al momento della morte e il 26% più di 70. Nel 2022 è stato eseguito il primo prelievo di fegato al mondo da una donatrice deceduta a 100 anni, 10 mesi e 1 giorno. Il rapporto indica infine che sono aumentate le percentuali di sopravvivenza. Considerando tutti i trapianti di fegato eseguiti dal 2000 al 2020 nei pazienti adulti a 1 anno dal trapianto, la sopravvivenza è dell’87,2%, mentre a 5 anni è del 75,8%; considerando invece il periodo 2014-2020, la sopravvivenza è aumentata all’89,5% a 1 anno e ha superato il 90% nel 2020, con un aumento di oltre il 10% rispetto al 2000. Anche nei bambini la sopravvivenza a 1 anno è aumentata dal 90% e al 92.2% e supera il 90% anche a 5 anni dal trapianto.

Fonte Ansa