Golpe in Mali, cresce la tensione nel Sahel

I militari prendono il potere, presidente e premier si dimettono e il Paese si avvia a una fase transitoria. Ma povertà e recrudescenze jihadiste continuano

Mali

Tensione altissima nell’area occidentale del Sahel. Effetti immediati quelli ottenuti dal golpe che ha sconvolto il Mali nelle scorse ore, con le dimissioni del presidente Ibrahim Boubacar, Keita annunciate attraverso la tv nazionale Ortm, e del primo ministro Boubou Cissé, il cui governo è stato sciolto assieme al Parlamento.

Un colpo di stato compiuto dai militari, scene già viste anche in altri Paesi africani ma, questa volta, con un’importanza strategica nella stabilità di una regione fortemente provata da povertà e recrudescenze jihadiste. A provocare una prima fase di tensione, i presunti brogli che si sarebbero verificati durante le elezioni legislative di aprile, con numerose proteste di piazze e le prime istanze popolari affinché Keita e Cissé si facessero da parte.

Mali, le ragioni della crisi

L’insurrezione della giornata di ieri, che ha infine portato all’arresto (e di fatto alla deposizione) dei due leader politici del Paese, ha capitalizzato una crisi avviata ormai da un decennio. Già prima dell’insediamento di Keita a Bamako. A determinare i connotati primari dell’instabilità del Mali, l’insediamento di gruppi jihadisti nel nord del Paese, soprattutto al confine con il vicino Niger.

Un fattore coinciso con l’avvio di missioni internazionali, soprattutto da parte di Stati Uniti e Francia (già impegnate, nel 2011, nella guerra civile libica che aveva portato alla fine del regime di Mu’ammar Gheddafi), allo scopo di combattere i nuovi focolai del terrorismo. Gruppi connessi a organizzazioni maggiori, soprattutto al Qaida, che hanno da un lato creato aree di crisi in zone già colpite da denutrizione e siccità, e dall’altro provocato ulteriori tensioni etniche, soprattutto fra i pastori Fulani e Dogon.

A finire nell’occhio del ciclone era stato proprio il governo maliano, accusato di non aver saputo gestire la situazione né di far fronte alla corruzione.

Fase transitoria

Ora, l’interregno militare dovrebbe portare a una fase transitoria verso nuove elezioni. Come riferito da Ismael Wagué, colonnello maggiore e vicecapo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, nonché portavoce del Comitato Nazionale per la salvezza del popolo, “abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità davanti al popolo e alla storia”.

Il militare, parlando alla tv pubblica, ha spiegato che il Mali “cade giorno per giorno nel caos, nell’anarchia e nell’insicurezza per colpa degli uomini responsabili del suo destino”.