Covid, vaccini, stabilità internazionale, crisi economica globale e naturalmente ambiente. Un dossier particolarmente intenso per il breve G7 di Carbis Bay, in Cornovaglia, i cui lavori sono stati presieduti dal premier britannico, Boris Johnson. E, nelle dichiarazioni finali, i leader condensano i punti salienti del programma, convergendo sui temi caldi e riservando parole tutt’altro che al miele per la Cina. Già nella giornata di ieri, i leader avevano condannato le condizioni in cui il governo cinese poneva la minoranza uigura, ma con il testo di chiusura, la stoccata è decisamente più pesante, anche se meno rispetto a quanto auspicato da Biden e dagli Stati Uniti.
Una sorta di compromesso, d’accordo sull’adozione di una linea più dura contro la Cina sulle pratiche commerciali ritenute sleali. Giro di vite anche su questioni legate ai diritti umani e persino alla situazione di Hong Kong, con condanna a eventuali repressioni contro i manifestanti. Resta tuttavia aperta la porta per una cooperazione per le sfide comuni, dai cambiamenti climatici alla tutela della biodiversità. In sostanza, una dichiarazione finale che per la prima volta usa toni dichiaratamente critici a Pechino. Pur non chiudendo del tutto su possibili cooperazioni sui macrotemi.
Il G7, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron, “non è un club ostile alla Cina” ma “un insieme di democrazie” al lavoro “con Pechino su tutti i dossier mondiali”. Lo stesso presidente americano, Joe Biden, si è detto soddisfatto dell’intesa raggiunta fra i sette. Nessuna menzione al piano per la Nuova Via della Seta. Per il quale, ha fatto sapere il premier italiano Mario Draghi, “esamineremo con attenzione l’atto specifico”.
Toni guardinghi anche per quanto riguarda la Russia. “Ribadiamo il nostro interesse a relazioni stabili e presagibili con la Russia e continueremo a impegnarci laddove esistono aree di reciproco interesse. Riaffermiamo la nostra richiesta alla Russia di mettere fine al suo comportamento destabilizzante e le attività nocive, compresa la sua interferenza nei sistemi democratici di altri Paesi, e di adempiere ai suoi obblighi e impegni internazionali in materia di diritti umani”.
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