Stalking, drammatico aumento degli attacchi con acido

Solo in Italia i casi sono più che triplicati dal 2013 allo scorso anno. Sembra che l’acido stia diventando una terribile arma nelle mani degli stalker. Lo dimostrano le cifre. Negli ultimi quattro anni in Europa si è assistito ad un aumento del 120% degli attacchi con l’acido. A Londra tra il 2011 e il 2016 le aggressioni sono state 1500, 431 solo nell’ultimo anno con un aumento del 250% rispetto all’anno precedente. In Italia, ove la maggior parte degli episodi (in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei) ha matrice passionale, si è passati dagli 8 casi registrati nel 2013 ai 27 dello scorso anno. Lo dice l’avvocato Lorenzo Puglisi, presidente e fondatore dell’associazione SOS Stalking, che sottolinea anche un altro importante aspetto: “Il rischio più grave è l’emulazione, pertanto, non esistendo un antidoto per arginare il fenomeno nel breve periodo, non resta che lavorare sulle coscienze dei più giovani incentivando l’empatia con il prossimo”.

Il calvario delle vittime: la storia di Gessica

“Un calvario, quello dello sfregio con l’acido, che donne (ma anche uomini e bambini) subiscono nel 90% dei casi per mano di loro familiari, compagni o conoscenti. Una pratica che ha le sue origini nei Paesi musulmani ma che sta, purtroppo, prendendo piede anche in occidente” spiega Puglisi. L’ultimo caso noto in Italia è quello che ha visto come vittima Gessica Notaro, la ventottenne ex finalista di Miss Italia e addestratrice all’acquario di Rimini, sfregiata dall’acido lo scorso gennaio per mano dell’ex fidanzato. La giovane ha scelto nei giorni scorsi il salotto di Maurizio Costanzo Show su Canale 5 per mostrare per la prima volta pubblicamente il suo volto. Dopo l’aggressione la ragazza ha denunciato l’abbandono da parte dello Stato, che non le ha riconosciuto alcun risarcimento, costringendola a sostenere da sola spese mediche elevatissime. L’ex fidanzato di Gessica Notaro è stato rinviato a giudizio per stalking circa un mese fa.

Un fenomeno sempre più diffuso

Associazioni come l’Acid Survivors Trust International (ASTI), da anni attive contro queste orrende pratiche, denunciano oltre 3500 casi avvenuti solo negli ultimi 14 anni in Bangladesh, Pakistan o Afghanistan, Paesi musulmani ove la pratica è così diffusa che le guide spirituali invitano addirittura i fedeli a sfregiare con l’acido i volti delle donne che usano i cellulari, che disobbediscono agli ordini, o che escono da casa senza permesso oltraggiando – a loro dire – l’onore di parenti e mariti. Ma anche i Paesi dell’America latina conoscono molto bene il fenomeno delle donne deturpate dall’acido. In Colombia il reato di attacco con l’acido non è classificato, e viene considerato alla stregua di una qualunque aggressione personale e, pertanto, il Colectivo “No mas agresiones con acidos” è attualmente impegnato in una campagna per riformare il Codice penale che ha dato qualche frutto: lo scorso 14 maggio, infatti, il Parlamento colombiano ha previsto un aumento di pena (da 2 a 14 anni).

Le lacune legislative in Italia

In Italia questo genere di spedizioni punitive ricorrendo all’acido contro le vittime designate sta purtroppo aumentando vertiginosamente negli ultimi mesi. “Al momento il legislatore, forse ancora impreparato a una fattispecie di tal genere, risponde con il reato di lesioni gravissime, per cui la pena prevista è la reclusione da sei a dodici anni – se dal fatto deriva la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso”, rileva Puglisi. Certo, se si pensa che proprio in Bangladesh questa è la pena minima, si conviene come ancora ci sia molto da fare per combattere questi orrendi raid sempre più frequenti . “Molte ancora – conclude Puglisi – le lacune del nostro sistema giudiziario, per poter accedere al fondo per le vittime, ad esempio bisogna avere un reddito inferiore a 11.500 euro all’anno e se l’aggressore è nullatenente il rischio è di non garantire alla vittime il giusto risarcimento. Si auspica, quindi, che i recenti fatti di cronaca possano scuotere al più presto il legislatore”.