Lunedì in Cassazione il referendum anti-proporzionale

Otto Consigli delle Regioni governate dal centrodestra hanno richiesto il referendum promosso dalla Lega che elimina la parte proporzionale dal Rosatellum. Il quesito, riferisce l’Ansa, sarà depositato lunedì mattina in Cassazione per avviare la procedura che si concluderà con il pronunciamento della Corte costituzionale sulla sua ammissibilità.

La battaglia della Lega

“Otto Regioni hanno dato il loro via libera alla richiesta di referendum per cambiare la legge elettorale abrogando la quota proporzionale, ma più che ai numeri, al fatto di aver ampiamente superato la quota minima di cinque Regioni richiesta dalla Costituzione, è altamente significativo il fatto che a chiedere questo referendum siano otto Regioni che coprono tutto il nostro arco territoriale nazionale. Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo e Basilicata“, dichiara il senatore della Lega Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato. “Abbiamo il blocco delle Regioni del nord, abbiamo una Regione del centro e una del sud, abbiamo una Regione insulare. Questa richiesta attraversa tutta l'Italia, dalle Alpi agli Appennini, dal Tirreno allo Ionio, dall'Adriatico al Mediterraneo. È l'Italia tutta a chiedere di potersi esprimere con questa consultazione. In questo modo stiamo attuando e facendo realmente vivere l'articolo 1 della Costituzione nella parte in cui afferma che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. È quello che stiamo facendo, esercitiamo la nostra sovranità nei limiti e nelle forme previste dalla nostra Carta costituzionale”, rimarca Calderoli. 

Quesito a scatola chiusa

“È certo che ci saranno opposizioni all' ammissibilità” del referendum sulla legge elettorale, scrive l'avvocato Felice Besostri in una lettera, resa nota dall’Ansa, ai presidenti delle otto regioni promotrici del referendum. “Una la posso già anticipare: la mia come cittadino elettore. Nel 2007 ho creato il precedente, in occasione dell'ammissibilità del referendum promosso dal professor Guzzetta, che un semplice elettore si può opporre all'ammissibilità dei quesiti referendari. Anche in tal caso dovete prevedere una spesa”. L'avvocato Besostri è convito che ci sia “un alto rischio di inammissibilità del quesito approvato a scatola chiusa”. La Corte costituzionale deciderà “perché il tempo degli avvertimenti al legislatore è finito, come dimostra la recente esperienza della legge sull'assistenza al fine vita. E nel passato l'avvertimento sulla legge elettorale  numero 270 del 2005, il famigerato  Porcellum”. E conclude: “Chiaramente la promozione del referendum da parte delle regioni è legittima, sulla legge elettorale migliore si possono avere opinioni diverse, ma occorre coerenza e assumersi le proprie responsabilità: se le regioni pensano di avere esaurito il loro compito con l'approvazione del quesito si sbagliano”.

I dubbi dei giuristi

Sull’ammissibilità numerosi altri costituzionalisti nutrono dubbi, motivo per cui la maggioranza giallo-rossa non si mostra molto preoccupata e comincia a lavorare ad una intesa di massima sulle riforme da raggiungere entro l'8 ottobre, giorno dell'approvazione definitiva del taglio del parlamentari. “Il fatto che abbiano aderito ai desiderata di Matteo Salvini non solo cinque Regioni, il numero richiesto dalla legge, ma altre tre del centro-sud (Sardegna, Abruzzo e Basilicata, manca il Molise), serve a ribadire la leadership di Salvini sugli alleati anche in tutti i Consigli Regionali, dove Forza Italia si è adeguata, anche se Silvio Berlusconi aveva detto di preferire un sistema con una parte proporzionale- evidenzia l’Ansa-.Lunedì in Cassazione si presenteranno a depositare il quesito non solo i due rappresentanti di ogni Regione, come prevede la legge, ma anche Roberto Calderoli, così da riconfermare la paternità dell'iniziativa e la leadership nell'eventuale conduzione di trattative con la maggioranza demo-grillina sulle riforme”. Quest'ultima non mostra nervosismo di fronte al referendum che se fosse ammesso dalla Corte e poi approvato dagli elettori instaurerebbe un sistema uninominale a turno unico. Che costringerebbe M5s, Pd e Leu a formare alle politiche una vera e propria coalizione. Scelta che non è ancora maturata.

Dieci giorni di tempo

“In realtà M5s, Pd e Leu sono convinti che la corte dichiarerà inammissibile il referendum- osserva l’Ansa-. Lo ha ribadito Stefano Ceccanti, egli stesso costituzionalista oltre che deputato Dem, ma anche diversi altri docenti, come Salvatore Curreri, Felice Besostri (i cui ricorsi alla Consulta hanno fatto dichiarare incostituzionali il Porcellum e l'Italicum); dubbi li esprime anche il presidente emerito della Corte, Cesare Mirabelli”. La maggioranza guarda in casa propria per trovare una intesa entro il giorno di approvazione del taglio dei parlamentari. Lo ha nuovamente sollecitato, pur “senza polemica” il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che ricorda che questo era l'impegno scritto anche nel programma. Il tema è come non sacrificare eccessivamente la rappresentanza visto il taglio dei parlamentari (alla Camera da 630 a 400, al Senato da 315 a 200) con i partiti piccoli destinati a sparire e quelli medi (come Fi o Fdi) a rischio a Palazzo Madama. Fornaro per esempio ha chiesto una modifica costituzionale per cui il Senato non verrebbe più eletto su base regionale bensì pluri-regionale, così da sacrificare meno le piccole regioni. “Il nodo di fondo da sciogliere è se puntare a un sistema proporzionale con sbarramento o, all'opposto, a un doppio turno con possibilità di allearsi tra un turno e l'altro. – osserva l’Ansa- Una decisione da prendere nel giro di dieci giorni”.