Le condizioni del M5S: “Di Maio premier o si vota”

La partita a scacchi per la formazione del Governo si complica. Proprio quando si andava profilando l'ipotesi di un esecutivo formato da Lega e M5S, arriva una sorta di frenata da un influente membro di quest'ultima forza. Alfonso Bonafede, deputato pentastellato e fedelissimo del capo politico Luigi Di Maio, chiude la porta a un Governo che non sia guidato dallo stesso Di Maio. “Se noi ai cittadini presentiamo un altro candidato premier, non eletto dai cittadini, determiniamo il definitivo allontanamento dalla politica”, ha detto. “A queste elezioni – ha quindi aggiunto – i cittadini hanno partecipato con entusiasmo e, quindi, va data una risposta e questa risposta secondo noi non può prescindere dalla presenza di Luigi Di Maio come premier”.

Un aut aut da parte del M5S che potrebbe minare l'asse con la Lega che fino a ieri sembrava probabile. Lo stesso Matteo Salvini aveva assicurato che non avrebbe imposto la sua candidatura a presidente del Consiglio come condizione necessaria per un accordo di Governo. Un approccio più moderato quello del leader del Carroccio. E proprio dal centrodestra giungono critiche alle parole di Bonafede. Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha affermato che “dire o Di Maio premier o niente mi sembra un modo un po' draconiano di porre la questione. La trattativa è già inserita in un binario che non credo sia quello corretto”. “Se partiamo dai programmi – ha continuato Toti – credo sia più facile trovare delle soluzioni possibili in Parlamento per dare dei risultati a un Paese che li aspetta dopo una campagna elettorale in cui molti impegni sono stati presi. Se partiamo dalle persone, dai veti o dal colore delle cravatte, è molto più complicato trovare un accordo“.

Un vecchio stratega della politica come Denis Verdini, senatore nella scorsa legislatura con Ala, resta però possibilista sull'accordo Lega-M5S. “Ci vuole un compromesso – ha detto ai microfoni di 'Circo Massimo' su Radio Capital – ovvero un passo indietro di Salvini e Di Maio che apra la strada di Palazzo Chigi a un terzo che sarà una figura di riferimento e loro potranno fare uno il vicepresidente del Consiglio o l’Interno, o uno gli Esteri e uno si prende l’Economia”.