Cambia la disciplina per l’elezione del presidente della Repubblica. All’interno della bozza sulla riforma della Costituzione, passata ieri notte alla commissione Affari Costituzionali della Camera, è stato, infatti, inserito un emendamento che modifica le modalità di nomina del capo dello Stato. La procedura si svolge nel Parlamento in seduta comune, cui si aggiungono i rappresentanti dei consigli Regionali ed è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi sino al terzo scrutinio dopodiché si prosegue a maggioranza assoluta. Ma se il testo dell’esecutivo dovesse essere approvato a Montecitorio e Palazzo Madama queste quote cambierebbero.
I due terzi sarebbero richiesti sino al quarto scrutinio, poi si passerebbe ai tre quinti dei grandi elettori e, infine, dalla nona sessione, ai tre quinti dei votanti. Cambia dunque il concetto di fondo dell’elezione: la Costituzione vigente privilegia la condivisione della nomina, quella del futuro (se dovesse passare) la celerità, onde evitare pericolose paralisi istituzionali. L’emendamento modifica, tuttavia, il testo passato al Senato che faceva scattare la maggioranza assoluta al nono scrutinio. La votazione sul testo si è conclusa tra le polemiche con M5S, Lega e Sel che hanno lasciato l’aula. I tempi imposti dall’art 138 della Costituzione sembrano escludere (laddove dovesse essere approvata) un’applicazione della nuova disposizione già alla prossima elezione presidenziale. Almeno che Napolitano non allunghi i tempi della sua permanenza al Quirinale. Cosa che sembra da escludere a priori considerato che le voci parlano di dimissioni imminenti (dopo la chiusura a febbraio del semestre italiano) e che i partiti già si stanno muovendo per trovare un sostituto.
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